Organizzarsi, coordinarsi e mobilitarsi contro la guerra

Costruire un fronte contro la guerra interna

La Terza guerra mondiale dilaga in tutto il mondo. Il genocidio in Palestina per mano sionista, la guerra Usa-Nato contro la Federazione russa, le manovre nel Pacifico contro la Repubblica popolare cinese, le missioni militari in Africa e Asia, e gli attacchi contro i paesi che non aprono le frontiere agli affari e ai traffici dei gruppi imperialisti, embarghi e altre misure coercitive, guerra mediatica, tentativi di golpe, destabilizzazione.. Queste le manifestazioni della guerra esterna a cui la classe dominante, quella che ha in mano la direzione della società, è costretta a ricorrere per far fronte alla crisi del suo sistema.

Una guerra che inevitabilmente si ripercuote anche nel nostro paese, dove i lavoratori e le masse popolari non muoiono sotto ai bombardamenti, ma per le misure di guerra che il governo Draghi prima e quello Meloni poi, hanno imposto. Misure contro le quali i lavoratori e il resto delle masse popolari già resistono mobilitandosi e organizzandosi, ma contro le quali devono coordinarsi per costruire un esercito che abbia la forza di cacciare i guerrafondai dal nostro paese e imporre un governo di emergenza che attui le misure di cui hanno bisogno.

Sono decine di migliaia ogni anno le morti sul lavoro, per malasanità, le vittime della crisi climatica e dell’inquinamento, del degrado ambientale e sociale, della povertà, perché per sostenere il sistema di affarismo, speculazione e guerra voluto dalla classe dominante è necessario spremere sempre di più le masse popolari. Questa è la guerra interna!

È la guerra che vivono quotidianamente gli operai sui posti di lavoro come quelli degli stabilimenti Stellantis per i quali, a causa dello smantellamento dell’apparato produttivo, è stato firmato un accordo che vede l’applicazione del contratto di solidarietà per 3000 lavoratori fino al 2025. La vivono gli abitanti delle zone abbandonate all’incuria e al degrado come è accaduto a Scampia lo scorso luglio, dove la conta dei morti è stata fatta sotto le macerie del crollo di un ponte di ferro, frutto della decisione scellerata di Manfredi che, pur di non perdere i soldi del Pnrr, ha fatto partire i lavori di ristrutturazione della Vela Celeste con le famiglie ancora all’interno.

È la guerra che le masse popolari devono affrontare a causa della devastazione ambientale e del cambiamento climatico, facendo fronte alle alluvioni che sempre più spesso colpiscono i territori o ai lunghi periodi di siccità e agli incendi che provocano morti e danni a strutture e infrastrutture mandando in tilt la viabilità.

È la guerra contro la repressione sempre più aperta e dispiegata del governo Meloni che prova ad attaccare il diritto di sciopero e la libertà di mobilitarsi e organizzarsi per migliorare le proprie condizioni di vita e di lavoro, per salvaguardare il proprio territorio.

Tuttavia i lavoratori e le masse popolari questa guerra non vogliono subirla e lo dimostrano i focolai di lotta che da un capo all’altro nel paese si moltiplicano.

In questa estate rovente a Reggio Emilia gli operai della Alubel di Bagnolo in Piano e della Lodi di Fabbrico hanno scioperato contro le temperature troppo alte che durante il giorno si raggiungono all’interno dei capannoni, imponendo al padrone la rimodulazione dell’operaio lavorativo e l’intervento strutturale per eliminare un problema che mette a rischio la salute e la sicurezza dei lavoratori. Anche a Tolmezzo (UD) gli operai della Marelli Automotive Lighing Italy hanno bloccato la produzione e hanno denunciato il valore che ha la salute degli operai per il padrone che toglieva i ventilatori agli operai per puntarli sui macchinari che si surriscaldavano.

A Milano è invece lo scorso 27 luglio il Coordinamento donne lavoratrici alla riscossa ha organizzato la sua prima iniziativa pubblica sul tema della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro e intitolando la piazza Affari a Luana D’Orazio.

https://www.carc.it/2024/07/30/lavoratrici-alla-riscossa-per-la-sicurezza-sul-lavoro/

In Sardegna da inizio luglio la resistenza popolare è dispiegata contro la speculazione energetica che vede la costruzione di un parco eolico per realizzare sono stati sradicati ulivi e espropriati i terreni di allevatori e agricoltori per trasformarli in cantieri.

L’occupazione a Selargius dei terreni espropriati e il presidio permanente al porto di Oristano sono esempi importanti di orgoglio e riscatto di una comunità che non intende sottostare ai diktat dell’Ue, alle manovre sporche dei predoni della finanza e all’impoverimento dei territori sulla pelle delle masse popolari che li abitano. Queste iniziative vanno sostenute e alimentate e devono essere esempio per replicarne in tutta la Sardegna e fuori perché i progetti di speculazione energetica riguardano infatti anche Puglia, Sicilia, Lazio e altre regioni del centro-sud Italia!

In tutto il paese inoltre sta montando la mobilitazione contro il Ddl 1660, il pacchetto sicurezza firmato Cresetto-Piantedosi, contro il quale già lo scorso 24 giugno Potere al Popolo ha organizzato una manifestazione a Roma e il 25 giugno il Si Cobas ha proclamato uno sciopero nazionale. Queste esperienze di organizzazione e lotta dimostrano che nonostante gli attacchi, fare fronte alla repressione è l’unica arma per rivoltare ogni attacco contro il nemico e vi devono confluire tutti coloro che vogliono impedire l’attuazione del pacchetto sicurezza come l’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università e l’Unione inquilini che ha chiamato alla mobilitazione gli assegnatari di case popolari, gli inquilini e i precari della casa per i quali il governo Meloni non ha mosso un dito.

L’”esercito” dei lavoratori e delle masse popolari che si mobilita e organizza per far fronte alla guerra interna, per combatterla, deve marciare unito con l’obiettivo comune di cacciare il governo Meloni e verso la prospettiva politica sostituirlo con un governo di emergenza popolare. Un governo che pone fine alla partecipazione dell’Italia alla guerra Usa-Nato, al sostegno dei sionisti d’Israele, alla corsa al riarmo, alla sottomissione all’Ue e che dia da subito forma e forza di legge alle misure necessarie per mettere fine agli affetti più gravi della crisi.

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