Lo scorso 9 agosto L’indipendente ha pubblicato l’articolo Volano i ricavi delle industrie delle armi in cui veniva riportava la consueta classifica delle prime 100 aziende al mondo attive nel settore della difesa (riferita al 2023), realizzata da Defense News.
“La prima cosa che salta all’occhio” dice l’articolo “è l’imponente aumento generale dei ricavi (+13%). Più di tre quarti delle imprese del settore li registra in aumento, e non parliamo di un calcolo fatto su tutte le produzioni in cui esse possono essere coinvolte: lo studio scorpora i dati per far emergere quelli che si riferiscono solo all’industria della difesa propriamente detta.”
Tra le diverse imprese mondiali, l’Italia ha un peso specifico. Due sono infatti i gruppi industriali che compaiono nella lista stesa da Defense News: Leonardo e Fincantieri. “Mentre la seconda si posiziona 48esima, con i ricavi (legati alle produzioni navali) aumentati dell’11%, la prima si posiziona 14esima al mondo, con ricavi per 12,4 miliardi […] un aumento di quasi 4 miliardi in sei anni, con un peso di armi e armamenti a livello generale aumentato anch’esso di sette punti percentuali (oggi al 75%).”
Quelli riportati sono dati che non tengono ancora conto del coinvolgimento del nostro paese nelle missioni come quella Aspides nel Mar Rosso, ma che delineano già bene il ruolo del nostro paese nella spirale di guerre che Nato e imperialisti sionisti ed europei alimentano nel mondo. Le guerre che la Comunità internazionale dei gruppi imperialisti promuovono marciano insomma anche sull’industria e la logistica militare del nostro paese.
Appare così molto più chiaro il ruolo che hanno – e la portata che possono avere – le azioni di sabotaggio o di blocco della produzione e del trasporto di armi. E in particolare il ruolo che possono avere in Italia, anche per le sorti complessive delle guerre in corso. Già nel corso degli ultimi mesi sono state diverse le iniziative che hanno in qualche modo “aperto una strada” e indicato una via da percorrere in questo senso.
Lo scorso 25 giugno a Genova il sindacato Si Cobas, il Collettivo Autonomo Portuali (Calp) di Genova e altre organizzazioni cittadine solidali con la Palestina e contro la guerra hanno bloccato il porto di Genova per fermare il transito delle armi con cui lo stato criminale di Israele prosegue il genocidio in Palestina. Non è un’iniziativa nuova per i portuali del Calp, che su vigilanza dei traffici di armi, denunce e boicottaggi hanno costruito le loro iniziative negli anni. Una pratica a cui si sono ispirati anche portuali di altre città italiane (da Ravenna fino a Salerno) e attraverso cui i portuali italiani si sono legati a un movimento internazionale di esperienze simili. Si tratta di una pratica che va ulteriormente diffusa ed estesa. È proprio di questi giorni il rilancio dell’appello ai lavoratori dei porti italiani a vigilare, denunciare la posizione e boicottare il rifornimento di carburante a Israele.
Non sono solo portuali i lavoratori italiani che si sono mobilitati per boicottare il genocidio perpetrato da Israele. Dall’inizio dell’anno infatti il sindacato Si Cobas ha promosso in diverse zone d’Italia scioperi e picchetti del settore logistica nelle principali aziende di armi del paese. Per fare solo alcuni esempi il 23 febbraio è stato bloccato l’accesso della Leonardo di Bacoli (NA), mentre in occasione dell’8 marzo è stata bloccata la Leonardo di Cameri (NO).
In questo va sottolineato come il boicottaggio della logistica del traffico di armi è contenuto in diversi appelli promossi da oltre 30 sindacati palestinesi, rivolti ai lavoratori dei principali paesi imperialisti che sostengono Israele. Proprio in risposta a questi nei mesi scorsi e ancora oggi proseguono in diversi paesi europei azioni e iniziative simili.
Sono queste le iniziative che devono essere promosse, sviluppate ed estese per fermare il genocidio in corso in Palestina e la spirale di guerre della Nato. I lavoratori che producono armi, i lavoratori della logistica, dei porti, delle ferrovie ecc. devono organizzarsi dentro le loro aziende per pianificare e mettere in atto boicottaggi e blocchi. Le organizzazioni e i comitati che lottano contro la partecipazione del nostro paese alle guerre Nato in corso e contro la sottomissione agli imperialisti Usa-Nato devono fare altrettanto, legandosi ai lavoratori e sostenendo queste azioni dall’esterno delle aziende.
A situazione di emergenza, in un contesto di terza guerra mondiale che si sviluppa, le masse popolari italiane devono rispondere adeguando i loro metodi e le loro forme di lotta. Le manifestazioni e le azioni di protesta devono essere combinate con azioni che mettono già in essere le loro decisioni e le loro volontà. Azioni che hanno effetti concreti, che rendono operai, lavoratori e organismi che si mobilitano in grado di decidere delle sorti delle guerre in corso.
Se la guerra va fermata, allora lavoratori e masse popolari devono fermare il traffico di armi con tutti i mezzi e le iniziative che hanno la forza per mettere in campo. Se la produzione di morte va fermata, allora sono i lavoratori delle aziende di armi a doversi organizzare reparto per reparto e azienda per azienda per decidere per una riconversione, per definire a che fine usare le loro capacità e il loro lavoro. Esempi anche di questo tipo di iniziative esistono già nel nostro paese: in questo articolo trovate alcuni esempi.
In questa situazione di sicuro le masse popolari italiane non possono lottare perché il governo Meloni smetta di partecipare alle guerre Nato. Non lo farà questo governo, come non lo faranno altri governi delle Larghe Intese, perché sono invischiati e complici in un sistema che necessita delle guerre per cercare soluzioni alla sua crisi.
Devono invece lottare per far cadere questo governo e sostituirlo con un loro governo di emergenza, un governo disposto e deciso a rompere con la sudditanza agli imperialisti Usa e a procedere decreto per decreto per fermare la partecipazione del paese alle guerre Nato.
Sono le masse popolari italiane che possono prendere in mano il loro futuro e decidere se il nostro è o non è un paese in guerra e complice di un genocidio. Questa è la via che porta alla liberazione del paese dalla Nato e dagli imperialisti Usa, sionisti e europei ed è anche la via che contribuisce a spezzare la spirale di guerre di cui sono artefici. Il contributo più concreto che possiamo dare per mettervi fine.