Quello della sicurezza e della salute sul posto di lavoro è un problema endemico, esponenziale e sistemico in quanto aspetto particolare e costitutivo della guerra di sterminio non dichiarata che i padroni muovono contro la classe operaia e il resto delle masse popolari. A conferma, è una questione che, nel nostro paese, riguarda un ampio numero di lavoratori: dall’inizio del 2024 ad oggi, oltre 750 lavoratori hanno perso la vita sui posti di lavoro o in itinere, senza contare le morti non registrate, gli infortuni e le malattie professionali.
Per questo il P.CARC ha lanciato una campagna per la sicurezza sui luoghi di lavoro, abbiamo intervistato il responsabile di questo lavoro, Andrea Scarfone, membro della Commissiona nazionale lavoro operaio e sindacale, per entrare nel merito di questo argomento e dei contenuti di questa campagna. Buona lettura.
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Il P.CARC ha lanciato un’operazione per la sicurezza sui luoghi di lavoro. Di cosa si tratta? Quali sono gli obiettivi della campagna e quali i contenuti principali?
Lasciatemi prima inquadrare la materia: morti, infortuni sul lavoro e malattie professionali non sono una fatalità né sono dovuti all’“errore umano” di questo o quel lavoratore. Sono un “effetto collaterale” dell’aumento dei ritmi di lavoro, del lavoro precario e in nero, del sistema degli appalti e dei subappalti, del ricorso alla censura, agli obblighi di fedeltà aziendale e di altre forme di repressione, del mancato rispetto delle procedure di sicurezza e dell’eliminazione dei diritti sindacali. Sono cioè un frutto avvelenato della crisi generale del capitalismo che, per quanto riguarda la sicurezza sul lavoro, ha significato e significa l’eliminazione o riduzione delle tutele che gli operai e il resto dei lavoratori avevano strappato alla borghesia quando il movimento comunista era forte nel nostro paese e nel mondo e il non utilizzo di sistemi di sicurezza che pure esistono per ogni esigenza, per ogni contesto e per ogni eventualità.
In questo contesto, la cosa determinante per la tutela della salute e della sicurezza sui posti di lavoro sono il protagonismo, l’organizzazione e il coordinamento dei lavoratori dentro e fuori i posti di lavoro: le norme e i sistemi di sicurezza sul lavoro esistono, si tratta di farli valere e applicare dal basso e questo solo i lavoratori organizzati possono farlo. Da quest’indirizzo ne discendono tanto gli obiettivi quanto i contenuti cardine dell’Operazione nazionale (avviata nel novembre 2023) che possiamo quindi sintetizzare con la linea della promozione di organismi operai e popolari, quelli che noi abbiamo chiamato Organizzazioni Operaie e Organizzazioni Popolari (OO e OP), a partire proprio dalla presa in mano della questione della sicurezza sul lavoro. Per fare ciò, tassello necessario e di prospettiva è la mobilitazione e la valorizzazione di tecnici, esperti, eletti, sinceri democratici, sindacalisti, ecc. a sostegno di queste OO e OP e delle loro iniziative, consapevoli dell’impellente dover andare oltre le forme di denuncia tollerate dalle autorità e ad andare oltre la “sola” denuncia (che rimane importante). Infatti, praticamente ad esempio, non basta segnalare macchinari, contesti, linee produttive non idonei, bisogna fermare il lavoro e rifiutarsi di svolgere la mansione o l’intervento, fino ad imporre la risoluzione della questione così da prevenire omicidi e infortuni. Per non piangere i nostri morti, applichiamo la prevenzione!
A fronte dell’aumento di morti e infortuni sul lavoro quali sono le misure che stanno mettendo in campo le istituzioni? Il governo Meloni che ruolo sta assumendo?
Nel 2010, l’allora Ministro dell’Economia Giulio Tremonti dichiarò spudoratamente la linea dei padroni e delle loro autorità: “robe come la 626 (la legge sulla sicurezza sul lavoro, ndr) sono un lusso che non possiamo permetterci”. È la linea che guida tuttora padroni e autorità.
La traduzione è che le lacrime di coccodrillo, la retorica di circostanza, le omelie pretesche, le promesse e le passerelle, il teatrino parlamentare sulla patente a punti o crediti (quanti punti assegnare a ogni azienda, i punti minimi che un’azienda deve avere per operare, come un’azienda recupera i punti persi: danno i numeri mentre i lavoratori continuano a morire sul lavoro!) sono le componenti di un’opera di diversione e intossicazione per assuefare le masse popolari (“farci l’abitudine”) a quest’elemento quotidiano della guerra di sterminio non dichiarata. Instillare fatalismo e rassegnazione inoltre, vanno di pari passo con la copertura politica, economica e giuridica che i governi delle Larghe Intese danno ai capitalisti: la mano libera ai padroni, in particolare con il governo Meloni, non fa che alimentare sfruttamento, impunità, devastazione ambientale, scarico delle responsabilità sui singoli lavoratori, ricatti e insicurezza.
Ecco il ruolo del governo Meloni in materia che fa il paio con le solite promesse: roboanti conferenze stampa come quella del 4 luglio alla presenza dei ministri del Lavoro, della Giustizia, dell’Agricoltura, della Cultura e quello per i Rapporti con il Parlamento è un lampante esempio. Durante l’evento infatti, è stata dichiarata l’intenzione di assumere 1600 nuovi ispettori del lavoro con un bando, però, che non supererà i 750 posti. Al contempo, il decreto Agricoltura ha autorizzato INPS e INAIL ad assumere 514 nuovi ispettori ma i concorsi sono ancora da bandire e la fine di queste chiamate alle armi, lasciate condurre alle Larghe Intese, sappiamo bene che finiscono solamente per dare sfogo alla speculazione di fondi, in primis quelli del PNRR. Infatti, nessuna misura più stringente nei confronti delle aziende è all’orizzonte, né è interesse o prerogativa dell’attuale governo farlo, anzi! Un motivo in più per cacciarlo e sostituirlo con un governo che sia espressione delle necessità delle masse popolari, un Governo di Blocco Popolare, come per l’appunto salute e sicurezza.
Ci sono diverse iniziative in corso nel mondo sindacale rispetto alla sicurezza sul lavoro. Quali sono le più importanti? Che sbocchi possono avere?
Vero, la sicurezza sul lavoro è diventata oggetto dell’iniziativa dei sindacati confederali e dei sindacati di base: oltre alle tante iniziative dentro e fuori le aziende (scioperi, picchetti, cortei, manifestazioni nazionali, ecc.) in crescendo negli ultimi mesi, mi limito a segnalarne due.
La prima è il lavoro in corso per presentare in Parlamento, attraverso il coinvolgimento del M5S, il progetto di legge per l’introduzione del reato di omicidio sul lavoro promosso da USB/Rete Iside. Questo, è stato preceduto, dall’autunno scorso, da una campagna di raccolta firme sotto forma di Legge di Iniziativa Popolare (per approfondire, si può consultare il sito leggeomicidiosullavoro.it).
La seconda è la recente campagna referendaria “per il lavoro stabile, dignitoso, tutelato e sicuro” lanciata dalla CGIL che esprime un quesito referendario – il quarto – che punta a cancellare la norma per cui, se un’azienda dà in appalto un’attività a un’altra e questa a un’altra ancora, le aziende committenti non sono responsabili in caso di infortunio o di malattia professionale del lavoratore.
Sono entrambe iniziative valide e da sostenere “in lungo e in largo” ma sia per farle approvare sia per applicarle l’elemento indispensabile è l’organizzazione e la mobilitazione dei lavoratori. Esistono già oggi leggi, normative e giurisprudenza in materia (come il Testo Unico in materia di salute e sicurezza sul lavoro – D.Lgs. 81/08) che non vengono applicate perché non è interesse dei padroni farlo. Creare in ogni posto di lavoro organismi di lavoratori che ne impongono il rispetto, l’applicazione e il miglioramento è la linea immediatamente pratica e concreta da seguire, consapevoli che, in termini di soluzione e di prospettiva, l’unica vera sicurezza sul lavoro sarà quella garantita dal controllo operaio e dei lavoratori dentro e fuori i posti di lavoro (direzione e gestione dell’intera società conformemente ai propri interessi di classe).
In ogni caso, consiglio fortemente la lettura del Comunicato CC 7/2024 del (nuovo) PCI sui due modi per affrontare il problema delle stragi e della sicurezza sul lavoro.
Molti lavoratori di fronte ai problemi di tutela della sicurezza sui luoghi di lavoro si chiedono cosa possono fare. Noi diciamo che la soluzione ai problemi è innanzitutto quella di organizzarsi e prendere in mano l’iniziativa. Puoi fare alcuni esempi su come organizzarsi sui luoghi di lavoro sul tema sicurezza?
Sì, ne faccio alcuni.
Il primo sono i Gruppi Operai Omogenei (GOO), uno strumento di organizzazione e lotta per imparare ad occuparsi del proprio posto di lavoro e contro la strage sui posti di lavoro. I GOO hanno al centro l’organizzazione dei lavoratori e l’elaborazione delle misure che realmente servono avvalendosi del contributo di esperti e tecnici (medici del lavoro, esperti di sicurezza sul lavoro, ecc.). Per approfondire, segnalo l’intervista intervista a Vito Torire, medico del lavoro e portavoce delle Associazioni Esposti Amianto di Bologna e della Rete Nazionale Lavoro Sicuro, e il report pubblico che il SI Cobas Modena e la Rete Nazionale Lavoro Sicuro hanno pubblico sull’esperienza dei GOO a Vignola (MO). Sperimentazioni simili stanno avviandosi anche altrove, come a Napoli e Bologna, e il P.CARC è a disposizione di ogni lavoratore per stimolare quest’esperienza, tanto nella messa a disposizione di contatti di GOO e tecnici, quanto nella loro promozione diretta.
Il secondo è quanto fatto, proprio in questi giorni, dalla RSU FIOM della Electrolux di Forlì (ma non solo qui): con 40° gradi esterni e 37.5° sulle linee, l’azienda non ha messo in campo alcuna misura, abbandonando i lavoratori al caldo torrido e mettendo così a repentaglio la loro salute. La risposta sindacale è stata lo stop, univoco, della produzione. Questa misura non solo è legittima ma è anche legale, in quanto è in ottemperanza ad una norma del Testo Unico in materia di salute e sicurezza sul lavoro (e quindi l’azienda è tenuta a pagare il tempo di fermo). Quest’esempio è da estendere e applicare ovunque, dai capannoni ai campi, e in questo le RSU e gli RLS (i Rappresentati dei Lavoratori per la Sicurezza) possono e devono avere un ruolo importante!
Il terzo sono, per come le abbiamo chiamate, le Tende per la Sicurezza, ovvero dei presidi (non importa né la dimensione né il dover essere in tanti all’inizio come sperimentato a Pistoia e a Milano) fuori dai posti di lavoro, nelle piazze, di fronte ad enti come INPS e INAIL e simili dove creare momenti di confronto tra lavoratori, tecnici, sindacalisti (di sigle anche diverse e co-promuovendole), associazioni di categoria come anche Medicina Democratica e altri al fine di individuare i problemi di sicurezza e organizzarsi, insieme, per risolverli. A tal fine, abbiamo anche elaborato un Questionario di inchiesta che è un primo, “elementare” strumento per creare e alimentare questo sommovimento, oltre ad essere disponibile in questo forms apposito.
Ci sono altre questioni importanti che vuoi aggiungere?
Sì. Tra le cause dello stillicidio quotidiano di lavoratori c’è lo smantellamento dell’apparato produttivo: quanto più velocemente i padroni intendono smantellare le aziende, tanto meno denaro spendono per la sicurezza dei lavoratori. Infatti, Infatti, già in condizioni di “normale” produzione la sicurezza non è certo una priorità, né un interesse, per i padroni (anzi è un costo!), quando poi si apre la fase dello smantellamento, chiusura o delocalizzazione questa viene ulteriormente dimenticata. Siti produttivi, stabilimenti e capannoni lasciati marcire, linee produttive degradate, ritmi di lavoro condensati, taglio dei (pochi) fondi per la manutenzione ordinaria, risparmio sulla qualità dei materiali, ecc.: è l’insegnamento che si trae dalla strage della ThyssenKrupp di Torino; da ognuna delle più recenti stragi sul lavoro, da Brandizzo (TO), a Firenze fino a Suviana (BO); dal corso delle cose in atto nell’ex FIAT. Quindi, lo smantellamento produttivo non uccide solo interi settori e territori ma crea anche aggravamento delle condizioni di lavoro e ciò rappresenta un ulteriore punto di partenza per lottare contro di esso, invertendo la rotta.
A ciò va aggiunto che la mancanza di sicurezza (su cui influisce pesantemente il sistema degli appalti e dei subappalti) ha dirette ripercussioni anche tra e sulle masse popolari: basti pensare agli effetti del mancato controllo e trattamento di sostanze tossiche fino alle infrastrutture (e le stragi ferroviarie ne sono dimostrazione lampante).
In ultimo, la repressione è una ghigliottina sulla testa dei lavoratori: spesso non si denuncia e si accetta di lavorare in condizioni non idonee per via dei ricatti, delle pressioni e delle ritorsioni padronali (e non solo). A fronte di ciò è necessario organizzarsi e coordinarsi per far sì che la repressione possa e debba essere rispedita al mittente, costruendo fronti uniti dentro e fuori i posti di lavoro, imparando anche a incontrarsi segretamente, lontano dagli occhi del padrone per poter discutere insieme cosa fare e quali alleati trovare.
Anche di questo parleremo al dibattito operaio del 2 agosto alla Festa nazionale della Riscossa Popolare presso il circolo Il Botteghino a Pontedera (PI). Vi aspettiamo!