[Firenze] Sulla lotta per la rinascita delle nostre periferie e delle nostre case del popolo

A inizio 2023, in seguito a gravi episodi di violenza avvenuti nei pressi del circolo il Campino e che ne decretarono la chiusura da parte della questura per un periodo, come Federazione Toscana del Partito dei CARC uscimmo con delle posizioni (che trovate qui e qui) in cui analizzavamo la situazione e definivamo il da farsi che è quanto abbiamo fatto nell’ultimo anno e mezzo per rispondere alle contraddizioni scaricate e alimentate ad arte dalle politiche della classe dominante sui quartieri popolari e nei luoghi di socialità e aggregazione come lo sono le case del popolo.

In estrema sintesi abbiamo combinato due movimenti:

  • promozione di un’attività di controllo popolare dentro la Casa del Popolo contro il dilagare dello spaccio, di comportamenti prevaricatori e violenti verso chi viveva la casa del popolo e cioè soci, volontari, i lavoratori del bar, semplici avventori e in generale le masse popolari del quartiere. Con queste iniziative abbiamo mostrato che era possibile autorganizzarci per tutelare lo spazio e la comunità del Campino senza ricorrere ai pretestuosi interventi delle Forze dell’Ordine. Si è trattata, però, di un’attività che abbiamo portato avanti inizialmente in modo isolato, con scarsa convinzione da parte delle altre componenti della Casa del Popolo se non in specifici momenti emergenziali che hanno visto oggettivamente necessario allontanare soggetti pericolosi e violenti;
  • promozione di un’attività di sensibilizzazione nel quartiere sul problema dell’abbandono delle periferie con il tentativo di costruire un comitato di quartiere. Esperienza quest’ultima che ha raccolto un’iniziale interesse e partecipazione da parte delle masse popolari rifredine letteralmente afflitte dalle mille problematiche dovute all’abbandono e all’incuria da parte delle istituzioni. Abbiamo promosso assemblee, volantinaggi e anche una piccola iniziativa di lotta contro la vessazione dei parcheggi a pagamento. Avevamo inoltre in progetto di dare vita a un’area cani proprio nello spazio verde davanti alla casa del popolo che è uno dei punti di ritrovo degli spacciatori. Al netto di queste positive esperienze non abbiamo avuto la forza di portare avanti il percorso in quanto non siamo stati in grado di suscitare l’interesse (anche in questo caso) delle altre forze politiche e associative che animano la Casa del Popolo e che a nostro giudizio avrebbero dovuto inserirsi in questo percorso per rafforzarlo, svilupparlo proprio in funzione degli interessi della casa del popolo stesso: il Campino non è un’isola, è inserito in un contesto e in un quartiere, dunque occuparsi del nostra casa del popolo presuppone anche occuparsi (a partire da cose anche piccole) del quartiere che la ospita.

Al netto dei limiti possiamo dire che sono stati mesi di sperimentazione. Pensiamo di aver dato il nostro contributo a chi ha osservato anche solo da lontano (magari con scetticismo) la nostra attività perchè abbiamo, sicuramente, mostrato nella pratica che per cambiare le cose che non vanno non basta lamentarsi bisogna organizzarsi e che è profondamente sbagliato pensare che qualcuno verrà a toglierci le castagne dal fuoco.

D’altro canto, nelle assemblee della Casa del Popolo chiamate proprio per affrontare il problema dello spaccio fuori controllo, della presenza della polizia con tanto di cani e della chiusura del bar, abbiamo sentito e visto sfilare anche qualche consigliere di quartiere che ha diramato promesse a destra e a manca ma soluzioni non ne sono arrivate punte, come si suol dire! Delle “soluzioni” della Questura poi nemmeno a parlarne! Le forze dell’ordine, arrivano con tutta calma quando i soggetti problematici sono spariti da un pezzo, e ne approfittano per identificare chi sta nel giardino del circolo a fare riunioni o semplicemente a bere un bicchiere con gli amici! Ci sembra plateale il tentativo di approfittare della situazione per fare ulteriore terra bruciata attorno al circolo, speculando su possibili conseguenze sanguinose di cui li riteniamo totalmente corresponsabili, alla luce di questi fatti. La verità è che alla polizia fa comodo questa situazione, così come fa comodo la situazione che c’è alle Cascine: creare sacche di “contenimento” dello spaccio e del degrado su cui anche la stampa può speculare tranquillamente e tirare fuori alla bisogna (tipo…durante le elezioni?).

Stesso discorso vale per il Comune. Non solo, e non da ora, lascia Rifredi (così come altre zone periferiche della città) nella noncuranza generale per la mancanza di biblioteche, di luoghi di aggregazione per giovani e anziani, della pulizia generale di un quartiere che conta i tassi più alti di inquinamento e cementificazione.

Negli ultimi anni sono stati aperti diversi centri di accoglienza da cui provengono buona parte dei soggetti più problematici, che a quanto ci risulta sono lasciati in balia dei pochi operatori e operatrici che cercano di fare il loro lavoro nonostante il salario da fame del CCNL delle cooperative sociali. Una situazione che la sindaca Sanara Funaro conosce benissimo essendo stata per anni assessore al Sociale. I lavoratori impiegati in questi centri sono in numero estremamente ridotto per tenere a bada persone che vi arrivano con tutte le problematiche di miseria e violenza note a tutti: una miscela esplosiva e una guerra tra poveri di cui, anche qui, ci sembrano ben chiari i responsabili.

Qual’ è l’aspetto principale per mettere mano a questa disastrosa situazione? Bè da qualsiasi punto di vista vogliamo osservarla emerge con forza che l’aspetto dirimente è la lotta per conquistare un lavoro utile e dignitoso. Questo ha ricadute dirette sulla condizione dei lavoratori delle cooperative e dei centri di accoglienza che devono essere messi nella condizione di far funzionare questi centri per garantire processi di integrazione che siano il più possibile virtuosi: dunque se loro lavorano bene e in condizioni dignitose, con le dovute risorse, ne giova la popolazione accolta e la popolazione autoctona. Le istituzioni sono quindi doppiamente colpevoli della mancanza di posti di lavoro dignitosi e sicuri.

Venendo al da farsi, le nostre proposte agiscono su due livelli: quello del protagonismo popolare (principale) e quello istituzionale.

Dal punto di vista della mobilitazione popolare:

  • ci mettiamo a disposizione dei lavoratori dei centri di accoglienza per sostenerli a mettere in campo qualsivoglia iniziativa di denuncia (anche anonima) che possa servire ad avviare un processo di organizzazione nel loro posto di lavoro per rivendicare al Comune (che è il principale responsabile e interlocutore) di intervenire con estrema urgenza;
  • esortiamo le realtà politiche, associative, aggregative, presenti nella Casa del Popolo a rivolgersi alle masse popolari del quartiere di Rifredi perchè è tra di esse che troveranno (troveremo) le risorse per fare fronte ai problemi che oggi affliggono la nostra casa del popolo. Banchetti, volantinaggi, iniziative tra la gente per far conoscere la realtà del Campino e tornare a far sì che sia frequentata dagli abitanti del quartiere.

Dal punto di vista istituzionale:

  • esortiamo gli eletti di SPC (in particolare), tra cui alcuni presenti anche nel Q5, a mettere in campo tutte le iniziative possibili per: 1. capire le reali condizioni di lavoro nei centri di accoglienza e quello che succede lì dentro; 2. mettere a punto strumenti di partecipazione, confronto e mobilitazione nel quartiere, per esempio assemblee itineranti che, intanto, servirebbero a far sentire le persone meno sole a portare loro un orientamento e delle risposte positive e propositive a contraddizione reali e concrete (come lo spaccio, i furti, ecc.): questo è il modo per combattere la guerra tra poveri. Il Campino potrebbe diventare punto di riferimento di questo movimento per la rinascita di Rifredi.

La difesa del Campino altro non è che la difesa di uno dei sempre più rari luoghi di confronto, aggregazione e organizzazione dal basso in una città preda del turismo di massa fuori controllo, che il PD “aiuta” a diventare un potenziale bersaglio bellico favorendo l’insediamento di un comando NATO a Rovezzano, un luogo che cerca di cancellare la nomea di storica piazza di spaccio e luogo pericoloso per famiglie e masse popolari per imporre quello di luogo di socialità, aggregazione, confronto e dibattito.

Nessuno spazio ai promotori della mobilitazione reazionaria, a violenti e spacciatori e a chi ha comportamenti antisociali verso le masse popolari!

Federazione Toscana del Partito dei CARC

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