Quale fronte comune?

Dopo il trionfo alle elezioni legislative francesi del fronte nazionale contro le destre, in Italia si è acceso un ampio dibattito tra molti compagni e chi sinceramente si schiera a “sinistra” per rispondere alla domanda: quale fronte serve costruire nel nostro paese per contrastare l’avanzata delle destre?

Il PD guidato dalla Schlein, che dopo i risultati francesi ha esultato per la vittoria della proposta popolare e progressista di chi non ha mai avuto dubbi sulla pace, si è messo alla testa di un fronte di cui fanno parte il M5S di Conte, a Cgil di Landini e a cui ha aderito anche il Partito della Rifondazione Comunista di Acerbo. Un accrocchio che il PD e i suoi cespugli cercano di legittimare facendo leva sull’uso vuoto, retorico e padronale della Resistenza antifascista per accreditarsi come gli oppositori della destra agli occhi delle masse popolari.

Peccato che dietro questa propaganda democratica e progressista non c’è la minima intenzione di far capitolare il governo Meloni, altrimenti lo avrebbero già fatto raccogliendo e mettendosi alla testa del malcontento e della mobilitazione sempre più dispiegata delle masse popolari alla crisi in corso! C’è piuttosto il tentativo di nascondere il loro sostegno al programma comune della borghesia, fatto di finanziamenti alla guerra imperialista, di tagli ai servizi essenziali come sanità e istruzione, precarietà, morti sul lavoro e devastazione ambientale. Un’operazione mascherata da “fronte comune contro le destre” che nasconde l’ennesimo tentativo di intruppare le masse popolari nelle politiche di guerra all’insegna dell’unità nazionale tra oppressi e oppressori.

Il fronte che serve contro l’avanzata delle destre (PD compreso!) deve avere la forza di cacciare il governo Meloni, ma anche di tagliare le gambe all’installazione di qualsiasi altro governo di Larghe Intese, il cui obiettivo sarà solo quello di scaricare sulle masse popolari gli effetti della crisi.

Costruire questo fronte significa prendere atto del fatto che nessuna organizzazione oggi basta a sé stessa per opporsi alle manovre della classe dominante, tanto meno basta a sé stessa nel processo di costruzione del fronte popolare a cui aspirano. L’unità di cui c’è bisogno oggi deve racchiudere il vasto e variegato movimento di resistenza che già esiste e che lotta contro chi ha in mano la direzione del paese.

Ma allora da chi deve essere composto un fronte simile? Da tutte le organizzazione operaie di cui il Consiglio di Fabbrica degli operai ex Gkn di Firenze e il Calp di Genova sono le più note, da tutte le organizzazioni popolari e tematiche come il Movimento Disoccupati 7 novembre e quelli del Cantiere 167 di Napoli, da tutti i nodi territoriali di Non Una di Meno, dai comitati a difesa della sanità pubblica come Riapriamo Villa Tiburtina di Roma e la Consulta salute e sanità di Napoli. Deve essere composto da tutte le organizzazioni sindacali di base e dalla parte migliore dei sindacati confederali, dai comitati e gli organismi nati sull’onda delle mobilitazioni contro la guerra e in solidarietà con la resistenza del popolo palestinese, dai movimenti come Friday for future e il movimento No Tav. Ma deve essere composto anche da tutti i partiti anti sistema e dalle liste alternative che si sono presentate alle ultime elezioni amministrative, alcune delle quali hanno vinto e stanno governando i territori. Ma anche dalla base del PD e M5S intenzionata a lottare per l’attuazione delle Costituzione e i principi della Resistenza di cui i capi dei loro partiti si riempiono la bocca ma fanno poco, anzi fanno il contrario.

Tutte queste organizzazioni infatti, indipendentemente dalle mille differenze che le caratterizzano, appartengono al campo di coloro che si mobilitano contro la crisi e i suoi effetti. Contro la classe dominante, l’agenda Draghi e il governo Meloni che ne è attualmente espressione.

Sono queste le organizzazioni che devono costituire un fronte comune perché solo unendo le forze di tutti è possibile sbarrare la strada alla classe dominante e cambiare la rotta che sta imponendo al paese.

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