Pubblichiamo la lettera di Simone Casella, ex RSA FILCAMS alla Worsp di Pisa, a seguito del presidio del 24 giugno davanti alla Camera del lavoro di città di Pisa, ultima tappa della sua lotta contro il licenziamento politico. In questa lettera il compagno ricostruisce il percorso della lotta, l’ampia solidarietà ricevuta e alcune delle cose che hanno insegnato.
Nello scritto Casella comunica inoltre, a seguito del fatto che il giudice ha respinto il ricorso, che la lotta non si fermerà e che ricorrerà in appello. Specifica, infine, che non si tratta di una battaglia solo individuale ma di classe che aspira a infondere coraggio e spirito di riscossa a tanti altri lavoratori perché non abbassino la testa.
***
Dopo il presidio del 24 giugno davanti alla Camera del Lavoro di Pisa
Avanti nella lotta, per tutti i delegati e i lavoratori combattivi
Salve compagni e compagne,
dopo il presidio tenutosi il 24 giugno davanti Camera del Lavoro di Pisa ci siamo presi un po’ di tempo (io, i lavoratori solidali e il partito di cui faccio parte) per decidere come continuare la lotta contro il mio licenziamento, in particolare se ricorrere o meno in appello.
Siccome questa lotta non è soltanto per me, ma per tutti i delegati e i lavoratori licenziati perché si battono contro la precarietà, la giungla degli appalti, i ricatti padronali e gli omicidi sul lavoro, abbiamo organizzato il presidio per avere una risposta chiara dal segretario provinciale della Camera del Lavoro e dal Direttivo: la CGIL è dalla parte dei lavoratori in modo concreto? Sostiene anche dal punto di vista economico (ad oggi sono stato condannato a pagare oltre 5mila euro di spese legali perché il giudice in primo grado non ha accolto il ricorso contro il licenziamento, se faccio appello e va male possono arrivare a 14mila…) delegati e lavoratori in lotta per il reintegro coerentemente con gli obiettivi della campagna referendaria?
Prima di tutto voglio ringraziare ancora gli operai Sanac e CLM di Massa, Coopservice e AT di Pisa, Piaggio di Pontedera e Valmert/ex Perini di Lucca che hanno partecipato al presidio e mi hanno sostenuto, insieme ai compagni del Partito dei CARC. La loro presenza mi ha aiutato moralmente, ma soprattutto ha permesso di ottenere un incontro, cosa per niente scontata, con il segretario della Camera del Lavoro.
Come è andato l’incontro? L’avvocatessa Elisa Giraudo ha riepilogato gli appigli legali da usare: visto che il giudice ha respinto il mio ricorso senza prendere minimamente in considerazione né che ero un delegato sindacale né le numerose testimonianze a mio favore dei colleghi né le pratiche illegali come le raccolte firme anti sciopero che la Worsp ha provato a fare, secondo lei ci sono le condizioni per ricorrere in appello ma ovviamente non garantisce una vittoria certa.
Il segretario della Camera del Lavoro Alessandro Gasparri ha detto che se dovessi perdere l’appello si rivolgerà al Regionale per vedere se si può fare qualcosa di più per costituire una cassa di resistenza, ha fatto presente le difficoltà economiche e le tante spese che ha la CGIL (eppure ha 39mila iscritti nella sola provincia di Pisa e 498mila in Toscana, dichiarati dal segretario regionale Rossano Rossi nella sua intervista a La Nazione del 19 giugno…). Ha aggiunto che “se lo fanno per me poi lo devono fare per tutti i delegati”. A questo il delegato della Valmert/ex Perini di Lucca, che è salito con me per l’incontro, ha prontamente ribattuto: “chi si prenderà più la briga di fare il delegato sindacale se la CGIL ti abbandona quando le cose si mettono male”? Il sostegno senza se e senza ma dei propri delegati è una questione centrale per la CGIL come per qualsiasi sindacato, a meno di diventare completamente complice del padronato come la CISL o la miriade di piccole e sconosciute sigle sorte ad hoc negli ultimi anni, a meno di seppellire nel dimenticatoio lo spirito e la pratica grazie alla quale la CGIL risorse nella Resistenza antifascista, a meno di mettere una croce sopra la Costituzione del 1948 con buona pace della sua “difesa e attuazione” che il segretario generale della CGIL Landini va proclamando e in nome della quale ha aggregato centinaia di associazioni nelle mobilitazioni per la Via Maestra!
A. Gasparri ha poi concluso ribadendo che se decido di procedere con l’appello la CGIL mi garantisce il supporto legale gratuito (ci mancherebbe…), ma che la decisione è individuale, spetta soltanto a me e che, per un eventuale sostegno economico nel caso in cui in appello vada male, vedranno cosa riescono a fare.
Insomma, la risposta è stata un “nì”: un passo avanti rispetto al “no” secco della segreteria provinciale FILCAMS a cui mi ero subito rivolto dopo la sentenza, ma non un “sì” bello chiaro.
Quindi, che fare?
La mia vicenda insegna, o meglio conferma, che il sindacato da solo non basta per cambiare rotta. Il delegato sindacale è una figura importante, ma lo è nella misura in cui promuove l’organizzazione dei lavoratori azienda per azienda: il fattore decisivo sono gli organismi di lavoratori che agiscono nelle aziende e fuori dalle aziende, in dialettica ma anche in autonomia dal sindacato. Non è solo un insegnamento dell’esperienza passata (vedi i Consigli di Fabbrica degli anni ‘70), l’ho toccato con mano. È con il Gruppo Lavoratori Worsp costruito insieme ai colleghi che siamo arrivati a lavoratori non iscritti o appartenenti ad altre sigle sindacali, abbiamo sostenuto lavoratori di altre aziende come quelli della GKN di Campi Bisenzio, della Piaggio e della CSO di Scandicci, ci siamo rapportati con altre categorie come i lavoratori della sorveglianza armata (che i sindacati tendono a tenere separati nonostante lavoriamo gomito a gomito), abbiamo fatto intervenire anche la ASL per la sicurezza sul lavoro. Sono questi organismi di lavoratori che mi hanno dato solidarietà fin dal primo momento, in piazza, in tribunale e sotto il Comune, mi hanno sostenuto anche con contributi economici per far fronte alle vicissitudini legali.
Sono questi organismi di lavoratori, la loro mobilitazione e il loro coordinamento che possono far diventare le oltre 700mila firme raccolte un referendum che effettivamente si svolge e combattere la battaglia per vincerlo. Ricordiamoci cosa è avvenuto nel recente passato. Nel 2016 la CGIL aveva raccolto 3.3 milioni di firme per tre referendum popolari con cui non solo cancellare i voucher, ma anche ripristinare l’articolo 18 e ripristinare la responsabilità in solido di appaltatore e appaltante in caso di violazioni nei confronti del lavoratore, cioè gli stessi per cui sta raccogliendo le firme adesso. Che fine hanno fatto quei milioni di firme? Annullate!Agennaio del 2017, con dei cavilli da azzeccagarbugli la Corte Costituzionale ha dichiarato inammissibili i quesiti referendari. Lo stesso era successo a gennaio 2015 con il referendum per abrogare la legge Fornero sulle pensioni promosso dalla Lega: oltre 500mila firme raccolte e andate in fumo.
È su questi organismi di lavoratori, sulla loro mobilitazione e sul loro coordinamento che poggia l’applicazione delle leggi che deriveranno dalla vittoria dei sì al referendum, delle leggi in qualche modo favorevoli ai lavoratori, della Costituzione del 1948. Dopo l’omicidio di Satnam Singh, Landini stesso ha riconosciuto che “le leggi contro il caporalato ci sono, si tratta di applicarle”. E chi può farle applicare: i lavoratori organizzati o il governo Meloni e le altre autorità che lasciano mano libera a padroni grandi e piccoli?
Alla luce di tutto questo e dopo un serio confronto con i miei compagni di partito, ho deciso di ricorrere in appello.
Mi assumo questa responsabilità che, al contrario di quanto ha detto il segretario della Camera del Lavoro di Pisa, non è per niente individuale, ma totalmente collettiva. Ricorro in appello per vincere, quindi senza limitarmi alle procedure e ai riti dei tribunali, e conto che la mia vittoria darà forza e coraggio ad altri delegati e lavoratori. Non sono un ingenuo né un avventurista, metto in conto che possa andare male: e se vengo condannato a pagare 14mila e passa euro di spese legali? Conto sul sostegno del sindacato di cui sono stato delegato: la mia lotta è strettamente intrecciata alla battaglia referendaria, il sostegno della CGIL a me e agli altri delegati licenziati, sanzionati e mobbizzati perché si battono per la sicurezza e i diritti sul posto di lavoro è un metro di misura di quanto la campagna referendaria, così come la battaglia per la difesa e l’applicazione della Costituzione, sono battaglie vere e non un modo di “darsi un tono” per non perdere tessere e per tenere buona la base dei lavoratori.
Conto sul sostegno del mio partito, sulla solidarietà di altri lavoratori e sull’appoggio della mia famiglia. Conto soprattutto sul fatto che è ora di organizzarsi per farla finita con il ricatto delle spese legali, delle multe e delle altre sanzioni pecuniarie che colpiscono delegati e lavoratori combattivi, attivisti e oppositori di questo governo di guerrafondai, di complici dei sionisti di Israele, di nostalgici del fascismo e di razzisti in doppio petto: per un ricco qualche migliaio di euro sono noccioline, per un lavoratore sono una rovina. Ma sanzioni pecuniarie, spese legali e multe sono come le precettazioni: funzionano finché vengono rispettate, altrimenti la musica cambia…
Una prima occasione per confrontarsi e organizzarsi è la Festa nazionale della Riscossa Popolare, che si terrà dall’1 al 4 agosto al circolo “Il Botteghino” di Pontedera (PI), in particolare il dibattito del 2 agosto: sono invitati lavoratori e delegati colpiti dalla repressione padronale in tutto il paese, per avviare una campagna di denuncia e di lotta contro i licenziamenti politici, le sanzioni, i reparti confino, le strutture di spionaggio (alla Valletta per intenderci) interno contro i lavoratori combattivi, anziché andare in ordine sparso, gestirli uno ad uno, caso per caso come se fossero eventi singoli e scollegati tra loro.
Nessun padrone e nessun governo dei padroni ci ha mai regalato niente: tutti i diritti e le conquiste li abbiamo strappate con l’organizzazione e la lotta!
Oggi con l’organizzazione e la lotta possiamo e dobbiamo difenderli, possiamo e dobbiamo estenderli, possiamo e dobbiamo farla finita con chi vuole farci tornare come all’inizio del secolo scorso!
Non sono i padroni a essere forti, siamo noi lavoratori che dobbiamo organizzarci per far valere la nostra forza!
Simone Casella, ex RSA FILCAMS alla Worsp (appalto di Cisanello)