[Bologna] Dal Comitato Besta al futuro di Bologna: il cammino è tracciato, ora si tratta di percorrerlo  

Sabato 25 maggio scorso il Comitato Besta ha organizzato il convegno “Dalle Besta, il futuro di Bologna” con la partecipazione di tecnici, intellettuali e alla presenza di centinaia di persone, in cui si è discusso del modello di città e di gestione del verde urbano che serve per tutelare l’ambiente, la salute e la qualità della vita delle masse popolari e della salvaguardia del Parco Don Bosco e la ristrutturazione delle attuali scuole Besta. Il convegno avviene dopo che l’Amministrazione aveva “democraticamente” concesso (centinaia di celerini non erano riusciti ad avere ragione di un movimento con mesi di mobilitazione alle spalle) un tavolo di confronto al Comitato, “confronto” che, per stessa ammissione dell’Amministrazione su incalzo del Comitato, non contemplava alcuna ipotesi alternativa a quella già prevista da Lepore e compari.

Il convegno dimostra che il vero cantiere sociale dove si costruisce il futuro è, allo stato delle cose, fuori da Palazzo d’Accursio, dimostra che è possibile mobilitare un’ampia rete di tecnici, ricercatori e solidali per elaborare dal basso non solo le soluzioni che servono ma anche un progetto di città che sia in linea con gli interessi della gran parte popolazione. Così il Comitato ribalta il tavolo: è l’Amministrazione che deve (e non è in condizione di) giustificare il suo “no” al progetto di città che serve, non viceversa. Il vero comitato del “no” è l’Amministrazione comunale a targa PD.  

Il convegno è anche frutto dell’autorevolezza che il comitato ha saputo conquistare, difendendo il parco, dimostrando che invertire il corso delle cose è possibile e, per questa via, facendo scuola, infondendo fiducia.

Questo risultato porta a superiori responsabilità, coscienti che nella lotta o si avanza o si arretra: non si può restare fermi. Che significa oggi, quindi, avanzare?

Un necessario punto di partenza. Roberto Panzacchi del Comitato in introduzione al convegno ha detto: “il programma di mandato, non ufficiale ma interno, di questa amministrazione (del PD e di Coalizione civica) […] è svuotare la città medioevale che diventa per il turismo e spostare la cittadinanza verso il quadrante nord della città”. Non è, quindi, una questione di opinioni o “visioni” di città alternative fra loro: attorno al “programma” Lepore (e di quelli che l’anno preceduto) ballano miliardi di euro. Dal Passante di mezzo, ai prezzi delle case e degli affitti, all’implementazione di altri progetti faraonici che fanno tutti più o meno capo a fondi e fondazioni amiche e a Legacoop, del cui vivaio Lepore è il pupillo (dal 2008 al 2011, giova ricardare, Lepore è stato responsabile dell’Area Sviluppo territoriale, innovazione e internazionalizzazione di Legacoop Bologna).

Le “alternative” in campo non hanno nulla di tecnico: è una questione di interessi, è una questione di lotta fra le classi. Questa amministrazione è parte di un processo di cannibalizzazione di quanto di positivo era stato strappato con le lotte nei decenni in cui era possibile conciliare il capitalismo con uno sviluppo urbano in una certa misura compatibile con la salute, le abitudini e un tenore di vita dignitoso per una buona parte della popolazione. Quella fase si è conclusa: non tanto per mancanza di combattività da parte del movimento cittadino (esso è vivo e vegeto, tanto è vero che in una città come Bologna hanno bisogno di cercare di cooptare pezzi di movimento in giunta come specchietto per le allodole pur di portare avanti il loro programma, mentre per quelli che non si piegano c’è il manganello e la repressione dispiegata), quanto perché il capitalismo è entrato in una crisi sistemica e la natura dell’attuale classe dominante (quella che decide della creazione e della circolazione del denaro, oltre che dirigere le aziende) è parassitaria.

In questa tragica verità sta un’opportunità per chi si propone di trasformare il corso delle cose. Ciò a patto che in chi ha capito tutto questo (e tutto questo è compreso da grossa parte di quelli che oggi si mobilitano contro le misure dell’attuale amministrazione), si faccia strada una seconda consapevolezza: l’alternativa dobbiamo costruirla noi. Sbaglia chi pensa che sia sufficiente mettere in piedi un movimento di opinione per fare pressioni e riportare l’amministrazione alla ragionevolezza. Ma sbaglia anche chi si concentra solo sull’organizzazione di proteste “resistenziali” senza porsi il problema di come costruire un’alternativa politica che vada negli interessi delle masse popolari. È nel giusto chi da oggi si propone di porsi fin da subito come “contro-amministrazione popolare”; è nel giusto chi vede la necessità di una mobilitazione continua e a livelli crescenti per essere noi a fare della nostra agenda politica una questione di ordine pubblico continuando, così, sulla linea di “ribaltare il tavolo”.  

Avanzare, cioè, significa mobilitarsi per far ingoiare, imporre la nostra alternativa a un nemico che ha tutta l’intenzione di fare di tutto per difendere i propri interessi, al di là della maschera. Significa, cioè individuare i problemi principali e denunciare su ampia scala il legame esistente tra questi problemi e gli interessi dei gruppi di potere che governano il territorio, immaginare una serie di azioni che non danno tregua all’amministrazione, irrompendo nei comizi dei partiti delle Larghe Intese (dal PD a FdI) nelle campagne elettorali o nelle sedute istituzionali, ponendosi come Consiglio popolare alternativo che occupa o presidia, simbolicamente o meno, le istituzioni, lancia le proprie delibere o referendum popolari, consapevoli che i veri occupanti sono loro e che la nostra occupazione è in verità un riappropriarsi del bene pubblico. A questo proposito riportiamo l’esperienza che qualche anno fa venne fatta nella città di Modena con l’istituzione del Consiglio popolare a seguito della solidarietà creata intorno alla vertenza Italpizza. 

A questo fine bisogna anche da subito guardare alle prossime elezioni regionali che si profilano come un’occasione per non lasciare che la questione della tutela del territorio e dell’ambiente rimanga strumentalmente in mano a forze che sono cespugli del PD o che fanno finta di fargli opposizione ma che poi portano avanti identiche politiche (polo FdL).  

Avanzare significa rendere il parco un centro promotore della lotta di classe cittadina: aprirlo il più possibile sia pur tutelandone l’integrità (se non lo viviamo fra poco non ci sarà più un parco da difendere!), animarlo con assemblee e iniziative, fare un vero e proprio programma di attività sociali rivolte al quartiere, da propagandare nel quartiere e che valorizzino le tante attività aggregative e popolari che si potrebbero mettere a frutto a questo fine (dai corsi di sport popolare, ai doposcuola, fino agli sportelli popolari).   

Avanzare significa costruire il coordinamento dei comitati della città: l’autorevolezza del comitato Besta è ora tale che esso può porsi come centro aggregatore di altre esperienze simili che insistono tutte sulle stesse questioni di fondo (dall’esperienza in sviluppo del Comitato Bertalia/Lazzaeretto, alla lotta che sta aggregando diverse realtà intorno alla speculazione in progetto ai Prati di Caprara, dai comitati contro l’inquinamento e il rumore dell’aeroporto a quelli contro il tram e la Città 30) secondo una logica che allargare il tema al “sistema città” è anche un modo di creare una rete di solidali che poi si sostiene a vicenda e rafforza tutte le varie lotte particolari a partire, appunto, dalla difesa fisica del parco e dal presidio dei cantieri. Cogliamo quindi qui l’occasione per promuovere la partecipazione all’assemblea promossa dal Comitato Besta al Parco Don Bosco per martedì 11 giugno alle 18:00 che, a partire dalla questione della difesa degli alberi attorno al cantiere del tram, vuole essere un momento aperto di confronto proprio tra comitati.

Avanzare, infine, significa legare la questione ambientale alle più generali questioni che riguardano il governo del territorio a partire dalla tutela del lavoro, dalla lotta alla guerra e all’economica di guerra, alla difesa della Sanità. Così costruiamo la rete dal basso che, man mano, si sviluppa, si estende, assume un ruolo in questioni sempre più importanti e costruisce, in definitiva, nuove autorità pubbliche.

Lunedì 3 giugno gli operai della IIA in sciopero per la crisi aziendale dell’unica azienda rimasta in Italia che può produrre autobus ecologici, in assemblea aperta davanti all’azienda, hanno incontrato diverse organizzazioni del movimento ambientalista, prima fra tutte Friday for Future, i ricercatori della campagna italiana per i Climate Jobs attivi anche sulla vertenza GKN e lo stesso Comitato Besta (qui l’intervento di Gianni De Giuli).  Il 22 ottobre 2022 il Collettivo di Fabbrica della GKN marciò alla testa di tutto il movimento bolognese. La centralità della classe operaia nella società e quindi nella lotta di classe è l’insegnamento in positivo più alto che dobbiamo raccogliere da quella giornata di un anno e mezzo fa. In questo anno e mezzo l’esperienza della GKN si è sedimentata e come un fiume carsico ha scavato la roccia.

Avanzare, in sintesi, significa in ultima analisi marciare verso l’obiettivo politico unificante che è in prima battuta quello di cacciare questa Amministrazione e in secondo luogo e parallelamente quello di dare sostanza alla costruzione di un’alternativa che abbia le sue radici nel movimento delle organizzazioni operaie e popolari. Per questo stiamo raccogliendo una serie di brevi interviste da esponenti di movimento e dei comitati che riguardano proprio queste due decisive questioni, ovvero 1) l’opportunità di fare proprio l’obiettivo della cacciata della giunta e 2) per raccogliere idee e condividere esperienze rispetto alla costruzione di un’alternativa.

Avanti con la riscossa popolare! Elaborare qui e ora le misure che servono e mobilitarsi per imporle secondo il criterio che è legittimo tutto ciò che va negli interessi delle masse popolari! Cacciare Lepore e il PD, veri occupanti della nostra città! Sbarrare il campo a una qualsiasi alternativa composta dai partiti delle Larghe Intese costruendo il fronte delle forze popolari! Per un’Amministrazione Locale di Emergenza che sia espressione diretta delle organizzazioni operaie e popolari, cha dia forza di legge alle misure da loro indicate e che istituzionalizzi i loro organismi!

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