Abbiamo appreso da un articolo pubblicato il 29 maggio su Repubblica, che la dirigente del Patrimonio del Comune di Napoli, Tiziana Di Bonito, ha inviato all’Amministrazione una segnalazione in cui dice: “tenuto conto della perdurante occupazione illegittima perpetrata da soggetti tutti riconducibili al partito politico del Carc e considerato il prestigio e il valore storico-monumentale dei locali oggetto di occupazione, ubicati all’interno di un bene monumentale, dei quali occorre preservare l’integrità ed evitare danneggiamenti, si sollecita la convocazione di un tavolo tecnico di coordinamento con il Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica”.
Nell’articolo, in sostanza, si attacca l’esperienza di autorganizzazione popolare GalleriArt, che il Partito dei Carc sin da subito ha sostenuto e promosso. Si tratta di collettivi, comitati e associazioni di liberi cittadini che, a fronte del degrado, dell’abbandono e dell’incuria perpetrata sulla Galleria Principe di Napoli da ben quattro amministrazioni, hanno deciso di attuare quanto definito dagli articoli 41 e 42 dalla Costituzione italiana: l’interesse collettivo dei beni e la sovranità del popolo sono al di sopra di ogni proprietà (sia privata che pubblica) e il cittadino, a tutela di entrambi, può e deve agire, con un’azione popolare nell’interesse proprio e di tutti gli altri.
Quella che viene definita “occupazione illegittima” è quindi un atto di responsabilità di abitanti della città che hanno deciso di tutelare un bene pubblico. Quest’atto da sempre è stato giustamente apprezzato e appoggiato da figure di spicco della città come l’ex presidente della Camera Roberto Fico, parlamentari del M5S come Gilda Sportiello e Dario Carotenuto, la compianta assessora Francesca Menna, l’ex sindaco di Napoli Luigi De Magistris, presidenti di Municipalità come Fabio Greco, Nicola Nardella e Sandro Fucito, attuali consiglieri del Comune di Napoli come Alessandra Clemente, Rosario Andreozzi e Catello Maresca.
È qui che lo stesso Comune di Napoli ha organizzato negli anni attività in collaborazione quelli che oggi vengono definiti “occupanti illegittimi”. In questi spazi sono state organizzate iniziative con svariate organizzazioni politiche, Usb, Si Cobas, Cgil ma anche con l’Anpi, con il presidente emerito della Corte costituzionale Paolo Maddalena e l’associazione Attuare la Costituzione, con Medicina Democratica, Emergency e altre decine e decine di personalità e organizzazioni simili. Tutte figure e realtà che a quanto pare in tutto questo tempo hanno sostenuto e in una certa misura compartecipato a un’occupazione illegittima. Noi pensiamo che abbiano fatto bene a sostenere e partecipare a queste attività e che faranno altrettanto bene adesso ad esprimersi a sostegno di questa importante esperienze di autorganizzazione della città.
Noi e queste altre realtà l’abbiamo riaperta e impostato la battaglia per farla rivivere come piazza coperta a pubblica fruizione sociale, in osservanza alla sua vocazione (la ragione per cui fu edificata). Ci siamo spesi affinché l’Amministrazione all’epoca, De Magistris, avvisasse i bandi per l’assegnazione dei locali su progetti culturali, sociali ma anche aperti a operatori economici. Non un occupazione a uso proprietario, dunque, ma una liberazione e restituzione sociale dello spazio pubblico.
A essere illegittimo, semmai, è il modo in cui l’amministrazione ha gestito e abbandonato per decenni la Galleria fino al che era chiusa e ridotta a “urinatoio”. Di questo e del degrado ancora esistente deve rispondere il Comune ai cittadini, dato che in Galleria sono stati fatti a più riprese lavori che non hanno fatto altro che peggiorare le condizioni della struttura. Sono stati abbandonati spazi all’interno dei quali sono cresciute addirittura piante e vegetazione. Non sono state cambiate per anni neanche le lampadine dei lampioni interni, cosa che spesso e volentieri hanno dovuto fare proprio i “pericolosi occupanti” che mettono a repentaglio la tutela del bene.
In questi quasi 11 anni negli spazi di GalleriArt, la comunità in essa organizzata non solo ha provveduto in autorganizzazione a prendersene cura ma è stata la Casa della cultura popolare animata da una miriade di iniziative e attività sociali, culturali e aggregative. È qui che si dà la possibilità ad artisti emergenti di esporre proprie opere d’arte, ad autori di libri di organizzare presentazioni, a musicisti e attori di fare prove ed esibirsi. Tutto a fronte di una crescente privatizzazione degli spazi per l’arte e i sempre più alti costi di accesso ai luoghi della cultura.
In questi spazi professionisti organizzano in forma gratuita e volontaria Sportelli di sostegno psicologico, i familiari e i sofferenti mentali si organizzano nel Comitato di lotta per la salute mentale. È qui che organismi partecipativi e fondamentali per la tutela del diritto alla salute, come la Consulta Popolare Sanità e Salute di Napoli, possono organizzare sportelli, incontri con la città e riunioni. Dove anche alcune comunità di immigrati della città, come quelle di alcuni paesi dell’est Europa o dello Sri Lanka, trovano un luogo aperto e in cui promuovere attività aggregative e d’interesse pubblico.
È sempre presso questi spazi che tanti cittadini napoletani possono frequentare Corsi di Yoga, meditazione e cura della propria salute psicofisica. Dove si organizzano Corsi di danza popolare nel bel mezzo della città, che intrattengono e coinvolgono abitanti della zona ma anche turisti e avventori, dando alla Galleria Principe vivacità e calore.
A partire dall’esperienza GalleriArt, che ha aperto la strada e la lotta per la riqualificazione della Galleria Principe tutta, questa piazza coperta è diventata anche luogo di partecipazione, confronto e assemblee cittadine sui temi più disparati e dove la popolazione napoletana ha potuto effettivamente esercitare la democrazia e vivere secondo i dettami costituzionali.
Dire che tutti i frequentatori degli spazi di GalleriArt sono afferenti al Partito dei Carc, quindi, significa non riconoscere il processo di autonomia e partecipazione di tutti questi cittadini, il loro impegno, l’importanza dei progetti che portano avanti da anni e anche tutti quegli esponenti sindacali, della società civile, della politica cittadina e nazionale che a vari livelli li hanno sostenuti.
Sempre nell’articolo di Repubblica, firmato da Alessio Gemma, si spiega che l’attenzione riguarda anche altri spazi presenti nella Galleria Principe in quanto morosi di un certo numero di affitti. Non si fa cenno però del fatto che la causa di questa morosità attiene a disservizi, rallentamenti burocratici e limiti dell’Amministrazione stessa.
A nostro avviso queste esperienze sono preziose e pienamente coerenti con la vocazione sociale della Galleria Principe per cui sosterremo ogni soluzione perché possano proseguire la loro attività e mantengano canoni calmierati e abbattuti per la funzione sociale che svolgono. Più che fare spallucce e dare la colpa al governo centrale e alla Corte dei Conti, l’Amministrazione cittadina si prodighi a trovare le migliori soluzioni, ascolti tutte le realtà presenti nella Galleria e troverà sicuramente il sostegno di tutta la città.
Stesso discorso vale per la tutela che l’Amministrazione Manfredi deve dare alle cariche e i dirigenti pubblici rispetto alla Corte dei conti. Nell’articolo, infatti, si sottolinea come la dirigente Di Bonito insieme ad altri ex dirigenti comunali e della società Napoli servizi, hanno ricevuto una richiesta di risarcimento di oltre un milione di euro per la mancata riscossione dei canoni di 11 beni immobili della città (l’inchiesta in totale ne analizzerà 150). Tra questi anche alcuni delle attività in affitto presenti in Galleria.
Riteniamo sia inaccettabile che i mancati introiti e le mancate riscossioni di canoni dei beni immobili debbano essere pagati dai dirigenti comunali. Questo meccanismo mette questi dirigenti sotto ricatto, in condizioni di non poter esercitare liberamente e secondo coscienza il proprio ruolo, li costringe a farsi complici di politiche antidemocratiche e ostili ai cittadini che si autorganizzano in attuazione della Costituzione come quelli che da anni animano gli spazi di GalleriArt. In prefettura e nei tavoli con il governo parli di questo l’Amministrazione, tuteli le sue cariche, i suoi dirigenti e quindi anche i suoi cittadini.
Chiudiamo dicendo che l’interesse attuale verso la Galleria Principe di Napoli non è dovuto a un’improvvisa illuminazione e amore per il patrimonio pubblico e monumentale della città, che continua ad essere abbandonato, svenduto e vilipeso dalle politiche centrali e locali. È mosso dal tentativo di Governo centrale e Corte dei conti di mettere le mani sui beni pubblici della nostra città e minare la sovranità dei napoletani. Tentativo che tutte le forze democratiche e popolari della città, a partire da tutti gli altri spazi liberati, devono respingere. Un primo passo per farlo è quello di firmare l’appello di solidarietà lanciato da Galleri Art (reperibile sull’omonima pagina Facebook) come già hanno fatto decine di realtà della città.
Nel frattempo la lotta per la difesa di questi spazi e della Galleria tutta andrà avanti insieme a tutte le forze coinvolte, che a breve comunicheranno le prossime tappe e mobilitazioni.