La repressione è una tigre di carta

Solidarietà agli attivisti di Ultima Generazione

Tipicamente, le iniziative di Ultima generazione (Ug) hanno un carattere nonviolento e un elevato impatto mediatico: imbrattamento (con vernice lavabile) di monumenti, facciate di palazzi storici e istituzionali o di opere d’arte, blocchi del traffico, irruzione durante eventi pubblici, ecc. In questo modo riescono ad accendere i riflettori sulla crisi ambientale, le sue cause e i suoi effetti, e sulle responsabilità della classe dominante e del modo di produzione capitalista sulla progressiva distruzione del mondo.

Il governo Meloni ha “dichiarato guerra” agli attivisti climatici: ha approvato un decreto sicurezza che li pone sul piano degli “eco-terroristi”, confidando nell’effetto deterrente della stretta repressiva. Previsione completamente sbagliata.

Dopo mesi di accanimento poliziesco, a maggio Ug ha condotto una campagna di iniziative concentrate su Roma, nell’ambito del “Festival Disobbediente”.

Il 13 maggio gli attivisti hanno fatto irruzione agli internazionali di tennis, interrompendo due partite. Sono stati portati in commissariato e uno di loro ha denunciato percosse e tentativi di strangolamento. Al Pronto soccorso gli è stato consegnato un referto di 15 giorni, ridotti a un solo giorno dopo che la polizia ha “interloquito” con i medici.

Per rispondere all’aggressione, Ug ha lanciato una petizione on line contro la repressione.

Essa non ha avuto alcun effetto rispetto alla condotta di polizia e carabinieri, ma ha allargato la rete di solidarietà e la partecipazione alle iniziative seguenti.

Il 15 maggio finisce in questura un simpatizzante, accusato di aver filmato lo svolgimento delle azioni di protesta. Non è la prima volta che succede, anche in altre occasioni la polizia si è accanita su chi documentava le iniziative, ma questo fatto è un salto di qualità nell’intimidazione di chi dà voce alle rivendicazioni, giornalisti compresi.

Il 17 maggio, una nuova denuncia pubblica di maltrattamenti e percosse: un attivista viene portato in commissariato e ne esce con lividi e ferite, sostiene di essere stato trascinato per le scale. Emergono anche altri abusi polizieschi, grandi e piccoli, nei confronti dei fermati. Un trattamento che favorisce – e in una certa misura copre e legittima – anche la violenza di semplici cittadini contro gli attivisti. A menarli ci si mettono anche le guardie private.

Tuttavia, la campagna di denuncia di Ug continua e anzi allarga i proprio obiettivi.

Il 22 maggio viene “imbrattato” di arancione il Ministero della Salute, responsabile dei tagli alla sanità pubblica, e il 23 è la volta del Ministero del Lavoro, “imbrattato” di nero in segno di lutto per la strage sui posti di lavoro.

Anche le intimidazioni si allargano, il 23 maggio, mentre documentano un’iniziativa, tre giornalisti vengono fermati, identificati e portati in commissariato dove vengono trattenuti in cella per due ore senza possibilità di comunicare con l’esterno.

Se il quadro non fosse abbastanza chiaro, il 24 maggio i “tutori dell’ordine” sequestrano un attivista – il fermo dura tutta la giornata senza possibilità di parlare con l’avvocato – e, fra le altre cose, gli dicono a scanso di equivoci “Tu per noi devi morire”.

Il 25 maggio, con la parola d’ordine “Noi siamo democrazia”, Ug organizza un blocco stradale che diventa sede di un’assemblea pubblica a cui partecipano centinaia di persone. Guardati a vista dall’ingente schieramento di celere e digos, discutono delle misure che un governo libero dalle servitù della Nato, dei sionisti, della Ue e dei capitalisti italiani e stranieri potrebbe assumere per fare fronte alla catastrofe ambientale in corso.

Abbiamo fatto una succinta cronaca delle settimane di mobilitazione promosse da Ug perché ne emerge un insegnamento utile a tutto il movimento popolare. La repressione è un’arma spuntata in mano alla classe dominante, se gli organismi operai e popolari continuano nelle loro attività – comprese quelle per cui sono repressi – senza lasciarsi intimidire o fermare.

Gli attivisti di Ultima Generazione in questo senso sono un esempio, fra i più limpidi e importanti nel nostro paese.

Non sono stati fermati dai fogli di via, dalle denunce, dai processi, dai maltrattamenti polizieschi, né da un decreto sicurezza cucito su misura per loro.

Gli ematomi, le ferite fisiche e psicologiche dimostrano che la repressione è una tigre: morde e ferisce. Ma è una tigre di carta tutt’altro che invincibile.

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