Sul numero 4/2024 di Resistenza abbiamo parlato del caso di Seif Bensouibat, educatore presso il liceo francese paritario Chateaubriand che ha subito una perquisizione da parte della digos per aver scritto in una chat privata dei messaggi di sostegno alla resistenza palestinese. Subito dopo la perquisizione è stato sospeso dal lavoro e gli è stato revocato il permesso di soggiorno come rifugiato politico.
Seif, di origine tunisina, era rifugiato politico in Italia da dieci anni; la revoca del permesso di soggiorno (senza che decadessero le condizioni per cui lo aveva ottenuto) ha comportato la detenzione nel Cpr di Ponte Galeria e l’avvio delle procedure per il rimpatrio. Con tutti i rischi e le conseguenze del caso.
Sempre nell’articolo pubblicato ad aprile avevamo dato notizia del movimento di solidarietà che stava nascendo: si è formato un comitato di amici e solidali che ha promosso alcune iniziative per denunciare l’accaduto e raccogliere sottoscrizioni economiche.
Fra le iniziative promosse anche un presidio ai cancelli del liceo Chateaubriand, il 15 maggio, per sensibilizzare gli studenti e gli insegnanti.
La direzione del liceo ha disposto la chiusura della scuola in anticipo per evitare che i volantini arrivassero agli studenti.
A poche ore da questa manovra “disperata” – e praticamente in concomitanza con la notizia dell’aggressione dei nazi-sionisti romani a Rubio – è arrivata la notizia della detenzione di Seif.
A quel punto la solidarietà “è esplosa”. Non solo striscioni e cartelli per la liberazione di Seif sono comparsi in tutte le mobilitazioni cittadine e all’accampata studentesca alla Sapienza, ma – a fronte dell’enormità dell’abuso subito da Seif – anche i giornali nazionali hanno dato risalto alla questione e alcuni parlamentari dell’opposizione hanno presentato interrogazioni e rilasciato dichiarazioni.
La mobilitazione ha raggiunto un livello tale che per chi ha orchestrato e diretto l’operazione è stato più conveniente allentare la presa anziché stringerla.
“Con il trasferimento a Ponte Galeria e il provvedimento di espulsione che le autorità fanno pendere sulla testa di Seif, il governo Meloni, i suoi apparati repressivi e la rete del sionismo in Italia vogliono creare un precedente che dissuada dal prendere parte al movimento di massa in appoggio alla resistenza palestinese Gli apparati repressivi mirano in particolare a intimidire ogni arabo immigrato in Italia e ogni lavoratore del sistema scolastico e universitario che partecipi al movimento in corso in solidarietà con la Palestina.
Come P.Carc, fin dalle fasi successive al suo licenziamento, ci siamo occupati di alimentare la campagna di solidarietà nei confronti di Seif Bensouibat. Abbiamo ospitato il racconto della sua vicenda all’interno di varie iniziative, ci siamo da subito attivati per mettere in rete la sua esperienza con quella di altri lavoratori della scuola colpiti come lui dalla repressione, abbiamo contribuito insieme ad altri solidali a costruire gli strumenti minimi per far montare la solidarietà attorno al suo caso. Ed è anche per tentare di schiacciare la rete di solidarietà che insieme ad altri compagni stavamo tessendo che Seif è stato deportato in un Cpr.
Evidentemente negli uffici della questura vorrebbero mettere una pietra tombale sulla vicenda di Seif, silenziare la catena di abusi compiuta ai suoi danni, esibire la preda al cospetto del governo Meloni e della rete sionista in Italia. L’espulsione di Seif dall’Italia è un macigno sollevato contro tutto il movimento di solidarietà per la Palestina. Facciamo in modo che ricada addosso a chi l’ha sollevato.” – dal Comunicato della Sezione di Roma del P.Carc del 18 maggio.
Il 22 maggio Seif è stato liberato dal Cpr e confinato agli arresti domiciliari. Come sostiene la rete romana Educatori per la Palestina: “una prima importante vittoria è stata ottenuta. La montante solidarietà degli ultimi giorni ha aperto crepe nello schieramento dei persecutori di Seif. Fino a comportare l’annullamento del suo trasferimento nel Cpr di Ponte Galeria. Ma la battaglia non è finita qui: sulla testa di Seif pende ancora un provvedimento di espulsione contro la cui attuazione è stato presentato un ricorso dai suoi legali. Quindi, avanti tutta con la solidarietà e la lotta per il ripristino dello status di rifugiato politico.
Continuiamo a dare forza a Seif: farlo significa dare forza a ogni lavoratrice e lavoratore, in particolare della scuola, oggi sotto attacco perché osa raccontare e denunciare la verità sul genocidio in corso a Gaza”.