L’intifada studentesca in Italia

Il mese di maggio è stato caratterizzato dalla mobilitazione degli studenti universitari contro il genocidio del popolo palestinese che si è sviluppata a livello internazionale. Dagli Usa alla Francia, alla Germania e all’Olanda, l’intifada studentesca (accampate nelle università) è arrivata anche in Italia, come continuazione e sviluppo del boicottaggio accademico che varie organizzazioni studentesche portavano avanti da mesi per la cessazione degli accordi di ricerca e cooperazione che le università italiane hanno con le università e le aziende israeliane.

All’avvicinarsi dell’anniversario della Nakba il 15 maggio e con l’appello lanciato dall’università palestinese di Birzeit, le accampate si sono allargate da Roma a Bologna, Napoli, Milano, Bergamo, Parma, Torino, Trento, Padova, Venezia, Pisa, Firenze, Siena, Bari, Cosenza, Palermo, Catania, Genova, Macerata e sono diventate il fulcro della mobilitazione in solidarietà con il popolo palestinese. Con esse la mobilitazione degli studenti universitari ha fatto un passo avanti.

Anzitutto, si tratta di iniziative che molto spesso sono state condotte grazie al coordinamento tra vari collettivi studenteschi – aspetto importante e inedito nella storia recente del movimento universitario – che hanno dato vita ad assemblee unitarie, valorizzando tutte le componenti e sollecitando la mobilitazione di professori e ricercatori.

In secondo luogo, hanno alimentato le relazioni con la comunità palestinese e la mobilitazione delle masse popolari solidali con il popolo palestinese esterne all’università. È grazie anche a queste più ampie relazioni che il supporto logistico alle accampate ha effettivamente varcato le porte dell’università.

In terzo luogo, i promotori delle accampate e i coordinamenti sorti a livello cittadino stanno facendo rete a livello nazionale: dopo alcune assemblee nazionali on line, si sono incontrati a Roma il 2 e il 3 giugno.

Il movimento delle accampate è diventato una vera e propria spina nel fianco per le Larghe Intese perché ha messo “il dito nella piaga” e ha costretto i vertici universitari a dichiarazioni, almeno formali, di disponibilità “ad ascoltare le rivendicazioni degli studenti”. Come a dire: gli studenti hanno ragione. Hanno talmente ragione che le mobilitazioni studentesche stanno diventando un problema su cui il governo Meloni e le Larghe Intese sbattono la testa.

Soprattutto in piena campagna elettorale, sgomberare le accampate per via poliziesca sarebbe il modo più immediato per far dilagare la mobilitazione e spingere ampi settori delle masse popolari a esprimere solidarietà agli studenti (come è successo per gli studenti di Pisa il 23 febbraio scorso). Ricorrere alle squadracce nazi-sioniste per provocazioni e attentati rischierebbe di accendere ulteriormente i riflettori sul ruolo delle brigate sioniste, dopo che hanno già mostrato di cosa sono capaci e la loro funzione con il pestaggio di Chef Rubio.

Le autorità della classe dominante confidano che il movimento si esaurisca da solo per mancanza di determinazione o anche per dissidi interni e spirito di concorrenza.

Tuttavia, per quanto dissidi e spirito di concorrenza possano esistere e rallentare la mobilitazione, il movimento degli studenti sta ponendo questioni profonde e generali, questioni che si nutrono della lotta di classe, che alimentano a loro volta, legate alla resistenza dei popoli del mondo contro l’imperialismo e all’esigenza di cambiare la direzione della società.

Corrispondenza da Bergamo
L’università di Bergamo non ha una lunga tradizione di organizzazione e lotta studentesca anche in ragione della sua relativamente recente costituzione. Tuttavia, l’intifada studentesca ha attecchito anche qui, a dimostrazione della capillarità del movimento. Abbiamo raccolto la voce di Federica, studentessa, di UniBG for Palestine.
Il nostro collettivo è nato in risposta al silenzio assordante della nostra università sull’escalation dei bombardamenti su Gaza a partire dal 7 ottobre 2023.
Nei mesi scorsi ci siamo mobilitati soprattutto per spingere l’università a schierarsi contro il genocidio in corso in Palestina, per la totale rescissione di accordi fra l’università di Bergamo con le università israeliane e le aziende italiane che producono armi, come la Leonardo.
Attualmente l’università non sta collaborando con la Leonardo: lo ha fatto però fino al 2022 ed esiste un impegno per tornare a collaborare in futuro, cosa che rifiutiamo e rigettiamo completamente.
Abbiamo scritto tre mozioni che, firmate da oltre 500 studenti e assunte dalla Consulta studentesca, sono state presentate al Rettore. Il Rettore le ha bocciate e ha imposto un documento molto blando, poco chiaro e del tutto inefficace rispetto agli obiettivi che ci poniamo.
Quindi, abbiamo deciso di unirci, anche a Bergamo, alla mobilitazione studentesca che si sta diffondendo in tutto il mondo e in queste settimane anche nelle università italiane.
Il 15 maggio è l’anniversario della Nakba, quindi un momento davvero importante e simbolico per la storia palestinese. Per questo motivo abbiamo raccolto l’appello dell’università di Birzeit, in Palestina, ci siamo uniti alla mobilitazione posizionando le nostre tende. E andremo avanti, quale che sia la forma di lotta, finché sarà necessario.

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