“Le condizioni di lavoro ledono la dignità e la salute di ciascun lavoratore. È evidente la mala gestio, che sarebbe ancora più grave se fosse frutto della sola logica di ottenere maggiori guadagni. Con questa azione vogliamo essere costruttivi, speriamo che possa essere l’occasione giusta per un ripensamento generale delle regole del lavoro vaticane” dice Laura Sgrò, avvocata che assiste i lavoratori dei Musei Vaticani che hanno intrapreso un’iniziativa legale per il riconoscimento dei loro diritti.
A metà maggio, quarantanove dipendenti dei Musei Vaticani (su settecento) hanno presentato un’istanza di conciliazione al Governatorato dello Stato Vaticano tramite l’avvocata Sgrò. Il cardinale Fernando Vérgez Alzaga, capo del Governatorato, ha un mese di tempo per rispondere prima che la vicenda si trasformi in un contenzioso legale vero e proprio.
La decisione di passare alle vie legali – la stampa la descrive come la prima vertenza nella storia del Vaticano – ha radici profonde e motivi contingenti.
Le radici profonde riguardano il fatto che in Vaticano i sindacati non sono ammessi, la legislazione sul lavoro presenta molte lacune e non sono previsti ammortizzatori sociali (“legislazione con molte lacune” è un eufemismo: da duemila anni in Vaticano sono abituati a ragionare in termini di “sudditi” e non di “dipendenti”).
Per questo motivo, quando i Musei Vaticani sono stati riaperti al pubblico dopo l’emergenza Covid, la direzione ha preteso che i dipendenti restituissero gli stipendi percepiti in tempo di chiusura: il debito è stato “scalato” di botto a chi è andato in pensione, mentre agli altri viene detratta una somma mensile. Già nel 2023 i lavoratori avevano denunciato la situazione, ma sono rimasti inascoltati.
I motivi contingenti li spiegano i lavoratori stessi: dalle visite fiscali, che attualmente comportano una reperibilità totale, agli straordinari pagati meno dell’orario ordinario; dalla mancanza di ammortizzatori sociali e di indennità di rischio all’abolizione degli scatti di anzianità.
Poi ci sono anche i problemi relativi alla sicurezza fra i quali la mancanza di un numero adeguato di uscite d’emergenza: nei Musei Vaticani transitano quotidianamente tra le 25 mila e le 30 mila persone, nonostante il tetto massimo previsto sia di 24 mila al giorno.
Al di là degli sviluppi e degli esiti, la “semplice” vertenza di quarantanove dipendenti dei Musei Vaticani è una grande dimostrazione.
Il Vaticano è uno dei principali gruppi imperialisti del mondo e sicuramente la cupola di potere più longeva. Sul piano economico e finanziario è un impero che traffica in ogni ambito e i Musei Vaticani sono uno dei principali canali – fra quelli pubblici e legali – di introiti economici. Da secoli il Vaticano opera protetto da una spessa coltre di misteri (dal mistero della fede a quelli sull’omicidio Calvi e sul rapimento di Emanuela Orlandi), di ricatti e manipolazioni.
La “semplice” vertenza di quarantanove dipendenti è un’altra manifestazione della crisi irreversibile del Vaticano che si nasconde dietro mille chiacchiere sulla carità, sull’uguaglianza, sul rispetto della vita umana, sui diritti, ecc., ma opera come una qualunque multinazionale.
Ma dimostra anche, ancora una volta, la forza dei lavoratori organizzati. Su un totale di 4 mila dipendenti, i quarantanove che si organizzano e fanno vertenza sono una spina nel fianco di uno dei principali gruppi imperialisti del mondo e capofila della Repubblica Pontificia italiana.