Anche le conseguenze delle calamità naturali sono questioni di lotta di classe

Emilia Romagna

17 vittime, 70 mila persone e 16 mila imprese coinvolte, 8,5 miliardi di euro di danni, 23 fiumi esondati, 540 km² di territorio allagati: questi sono i numeri dell’alluvione che ha colpito l’Emilia Romagna a maggio del 2023.

A un anno dall’evento le risorse stanziate dal governo non sono sufficienti nemmeno per coprire la metà dei danni; mancano i decreti attuativi e anche la procedura burocratica per accedere ai ristori è molto complicata, tanto che le domande presentate sono solo qualche decina. Inoltre, non è ancora definito se il risarcimento copre i danni ai beni mobili, che per molti rappresentano la parte più consistente del problema.

Il famoso miliardo e duecentomila euro sbandierato da Giorgia Meloni il giorno che visitò il territorio alluvionato con Ursula von der Leyen non si è ancora visto e i fondi, già scarsi, stanziati per l’alluvione in Emilia Romagna e nelle Marche, qualche mese fa sono stati in parte dirottati per coprire i danni dell’alluvione in Toscana, innescando così una vera e propria “guerra tra poveri” tra le popolazioni colpite.

I governi regionali e locali non sono esenti da responsabilità. Incuria e degrado del territorio sono la causa determinante dei disastrosi effetti delle calamità naturali e vanno di pari passo con le speculazioni legate alla realizzazione di grandi opere inutili e dannose come il rigassificatore di Ravenna, il passante di mezzo e la bretella autostradale Sassuolo-Campogalliano, infrastrutture utili solo allo sviluppo del settore della logistica che a sua volta richiede ulteriore cementificazione per l’allargamento e la nascita di nuovi poli.

In questo contesto, il movimento Ecoresistenze per Cambiare Rotta ha lanciato l’appello per una “Marcia per l’anniversario dell’alluvione” come giornata di lotta contro la gestione dei territori da parte dei vari governi, da quello centrale a quello regionale e locale, “per costruire un’alternativa ambientalista a quella che ci viene propinata ogni giorno da Governo e centrosinistra”.

Alla manifestazione, che si è svolta il 17 maggio a Bologna, hanno aderito più di 40 associazioni ambientaliste e gli studenti oltre a realtà sindacali, politiche e di movimento che hanno marciato fino alla sede della Regione.

Toscana

Gli alluvionati hanno manifestato anche a Firenze. Il Coordinamento dei comitati cittadini (Comitato Alluvionati Campigiani 2023, Comitato via Cetino e via Campanella, Comitato Arca di Noè, Comitato Bagnolo per l’alluvione) chiede il blocco della cementificazione della Piana fiorentina, la sicurezza a monte e a valle del territorio nel suo bacino idrico e orografico e i contributi necessari per ricostruire case e aziende.

I soldi dalla Regione Toscana stanno arrivando, ma circa il 30% di famiglie non ha ancora ricevuto niente e la burocrazia è troppo farraginosa.

Il corteo si è fermato di fronte alla sede della Giunta Toscana, a Novoli, per mostrare solidarietà agli operai della ex Gkn che hanno piantato le tende lì a conclusione del corteo del 18 maggio (vedi articolo a pag. 8). È stato un modo per riconoscere il ruolo che hanno svolto dopo l’alluvione del novembre scorso: non solo sono prontamente accorsi in aiuto alle popolazioni dell’Emilia Romagna, ma a Campi Bisenzio hanno preso anche in mano la direzione delle squadre di intervento volontarie, sostituendo le istituzioni “in panne” e organizzando la rete di sostegno alla popolazione colpita.

Campania

La ragione per cui siamo in una situazione che passa di catastrofe in catastrofe sempre più grave è tutta politica.

Le Larghe Intese sono espressione del partito della guerra e del cemento, non hanno la volontà politica di mettere mano alla prevenzione, alla cura del territorio, alla realizzazione della miriade di piccole opere utili che farebbero la differenza.

Un governo del territorio funzionale agli interessi delle masse popolari va costruito dal basso a opera dei comitati di quartiere, dei collettivi di lavoratori e studenti che mobilitano ricercatori e tecnici.

È quello che si inizia a fare nell’area flegrea di Napoli, interessata da crescenti e preoccupanti fenomeni di bradisismo. Le associazioni e i comitati hanno individuato le misure necessarie a fare fronte in modo razionale alle scosse di terremoto: mappatura degli edifici a rischio, definizione di un piano di evacuazione concretamente attuabile, informazione pubblica costante, ecc.

Tutte misure la cui attuazione non può più essere delegata alle istituzioni.

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