Abbiamo intervistato Silvia Fruzzetti, segretaria Federale della Toscana per trattare della campagna elettorale per le amministrative di Firenze, città in cui sono presenti due liste anti Larghe Intese che si presentano separate e in concorrenza. L’irruzione nella campagna elettorale ha avuto lo specifico obiettivo di unire quello che l’elettoralismo divide.
Prima di tutto, vuoi farci un quadro della situazione politica locale? (particolarità, legame locale-nazionale, interessi in gioco, ecc..)
Firenze è una città molto importante per la tenuta del sistema di potere delle Larghe Intese in particolare del Partito Democratico (PD). Questo sistema di potere è a rischio anche qui perchè il contesto in cui si svolgono queste amministrative è quello di una crisi cronica e profonda che coinvolge e sconvolge l’intero nostro paese e la maggior parte dei paesi imperialisti.
Tendenza alla guerra (che è sempre meno tendenza e sempre più guerra), crisi del regime politico (della così detta democrazia rappresentativa) e crescente distacco delle masse popolari dalla politica istituzionale e dalle sue liturgie, elezioni comprese. Questo è il contesto in linea generale mentre andando nel particolare vediamo che il Pd, che governa da anni questa città, l’ha trasformata progressivamente in una sorta di luna park permanente sempre meno vivibile per i suoi abitanti e completamente prostrata agli interessi della speculazione e del turismo mordi e fuggi. Desertificazione delle aziende e del patrimonio pubblico, progressivo peggioramento – quando non proprio smantellamento – dei servizi, tra cui sanità, assistenza sociale, scuola e trasporti questi ultimi gestiti quasi esclusivamente in funzione di una mobilità a servizio dei turisti. E poi la progressiva espulsione dei proletari dalla città che va avanti da diversi decenni stante che è impossibile trovare una casa a prezzi decenti a causa di un mercato immobiliare (volutamente) drogato dalla speculazione.
Ma c’è di più: Firenze è una città occupata sia dalle Larghe Intese che dagli imperialisti USA e sionisti. Questi ultimi, evidentemente in combutta con governi nazionali e con il benestare dell’amministrazione comunale trainata dall’ex sindaco Dario Nardella, hanno deciso di insediarvi, il Multinational Division South (Mnd-S), cioè il Comando Nato più grande di tutto il Sud Europa. La sede del comando sarà la Caserma Predieri nel quartiere di Rovezzano, periferia sud-est della città. Ma Firenze non è un’isola e allora proviamo ad allargare il ragionamento a livello regionale e a “unire i puntini”, cosa vediamo? Oltre al comando della NATO da anni è in ballo l’allargamento della pista dell’aeroporto di Peretola una delle opere più invise alle masse popolari della piana fiorentina, un’opera che tra le sue funzioni principali ha quella di “alleggerire” la parte civile dell’aeroporto Galilei di Pisa. A Pisa troviamo la base Militare Usa di Camp Darby, tra le più grandi fuori dagli Stati Uniti e struttura nevralgica per la logistica militare, poi c’è la banchina al porto di Livorno da cui partono navi cariche di armi e la presenza tra Pisa e Livorno di reparti militari della Marina, dell’Esercito, dell’Aviazione e dei Paracadutisti. In ultimo, Fincantieri ha annunciato la costruzione a Livorno del polo italiano per siluri e droni sottomarini. Dunque è evidente la configurazione che le forze politiche di questa regione vogliono dare al nostro territorio in funzione delle esigenze guerrafondaie degli USA-NATO, dei sionisti e dell’UE, mentre si procede con la desertificazione dell’apparato produttivo e il dissesto idrogeologico lo fa da padrone…
Tornando a Firenze, il progetto di questo comando pare risalga al 2019. La notizia è venuta alla ribalta – nel silenzio assordante delle istituzioni – solo grazie all’azione del comitato cittadino No Comando Nato né a Firenze né altrove che da poco meno di un anno porta avanti un’instancabile attività di denuncia, sensibilizzazione e lotta contro l’escalation bellica, l’economia e la cultura della guerra e in particolare contro la Nato quale principale organizzazione criminale e terroristica oggi esistente al mondo.
Il contesto fiorentino, quindi, è anche quello della resistenza che le masse popolari oppongo al dilagare della crisi e della guerra in tutte le sue pervasive forme. Negli ultimi tre anni abbiamo imparato a conoscere la lotta del Collettivo di Fabbrica dei lavoratori della ex Gkn che, tra l’altro, nelle ultime settimane ha rilanciato alla grande prima con la manifestazione del 18 maggio poi con l’occupazione dei terreni della Regione Toscana, e soprattutto con l’azione di coordinamento che il Collettivo sta costruendo con le Rsu di quest’ultima in funzione della lotta per l’approvazione di una legge regionale per la creazione di un consorzio pubblico per la reindustrializzazione della fabbrica. Insieme all’azione di questi lavoratori negli ultimi mesi hanno preso corpo esperienze importanti e interessanti come quella del già citato comitato contro la NATO, di Sanitari per Gaza per cacciare il sionista Marco Carrai dalla Fondazione Meyer (per approfondire si rimanda a questo articolo), i giovani palestinesi e poi c’è l’esperienza dell’ Assemblea 16 febbraio che si è costituita in seguito al tragico incidente nel cantiere dell’Esselunga e tante altre realtà la cui attività innerva il tessuto cittadino. Insomma a Firenze e nella sua provincia esiste oggettivamente un fronte di forze politiche, sociali e sindacali che possono diventare alternativa di governo; il problema è che marciano ancora in ordine sparso e spesso sono in concorrenza tra loro.
Siamo nel pieno della campagna elettorale, ma l’irruzione nelle elezioni amministrative è iniziata alcuni mesi fa. Vuoi dirci come vi siete mossi, che obiettivi vi eravate posti, cosa è stato raggiunto di quegli obiettivi e cosa no…
Esatto, sono settimane concitate e il nostro lavoro sta effettivamente entrando nel vivo.
Come testimoniano i comunicati che abbiamo pubblicato in questi mesi, l’obiettivo che abbiamo sempre dichiarato era uno e uno soltanto: approfittare della campagna elettorale per rafforzare la mobilitazione delle masse popolari e alimentare la lotta per la cacciata delle Larghe Intese dal governo della città di Firenze. Per questo motivo abbiamo alzato la parola d’ordine di costruire alleanza politiche, sociali e sindacali animate da quelle realtà a cui facevo riferimento nella prima risposta, quelle realtà che già oggi sono in lotta contro la guerra e i suoi effetti, ma anche da tutti coloro che hanno esperienza amministrativa e un sufficiente e comprovato legame di fiducia con le masse popolari. Con questo orientamento abbiamo avviato dal mese di settembre interlocuzioni con i progetti di liste anti Larghe Intese quali si sono configurate essere Sinistra Progetto Comune e Firenze Rinasce, entrambe per motivi diversi: la prima per un comprovato legame con il movimento delle organizzazioni operaie e popolari e per le posizioni sempre nitidamente anti Larghe Intese assunte dai consiglieri di opposizione in questi anni (di cui uno, Dimitrij Palagi, è il candidato sindaco), la seconda perché, sebbene abbia posizioni politiche e ideologiche eterogenee, ha alle spalle una pratica di lotta importante che è quella dei movimenti contro la gestione criminale della pandemia, contro il green pass, contro la guerra per procura degli Usa alla Federazione Russa e il genocidio in Palestina.
Abbiamo lavorato su entrambe le liste affinché si unissero in un fronte che si ponesse in alternativa ai servi della Nato, della UE e del Vaticano, non in ottica di “testimonianza” ma praticando una campagna elettorale fatta di azioni concrete e di rottura. Non siamo riusciti a far presentare le due liste in un’unica lista o in una coalizione, non abbiamo quindi raggiunto l’obiettivo di costruire un fronte anche dal punto di vista elettorale. Siamo comunque riusciti a rafforzare relazioni e rapporti con entrambe.
Voglio sottolineare che questo intervento su liste e candidati-sindaco è andato di pari passo con il contributo che abbiamo dato alla costruzione del comitato No Comando Nato dove abbiamo sempre posto la questione di approfittare della campagna elettorale. Questo è il principale risultato dell’attività che abbiamo messo in campo in questi mesi e cioè sfruttare anche l’eco della campagna elettorale per rafforzare la lotta contro l’escalation bellica e per alimentare la formazione di organizzazioni operaie e popolari. In queste ultime settimane di campagna elettorale abbiamo fatto delle operazioni utili anche a rafforzare la visibilità di lotte fondamentali come quella a cui accennavo prima per la cacciata di Marco Carrai dal ruolo di Presidente della Fondazione Meyer. Quindi, il lavoro sulle liste è stato ed è una parte importante del nostro intervento, è effettivamente quello che qualifica la specificità del momento elettorale ma è stato condotto sempre alla luce della nostra strategia che mette al centro l’intervento sulle masse popolari e poi sui loro “rappresentanti” istituzionali o sindacali che siano.
A Firenze dunque si presentano due liste anti Larghe Intese. Ci sono compagni del P.Carc candidati?
Abbiamo deciso di candidare tre compagni: Gaia Dondoli e Tommaso Bolognesi sono candidati come indipendenti nella lista Sinistra Progetto Comune (candidado sindaco Dimitrij Palagi), Paolo Babini è candidato come indipendente nella lista Firenze Rinasce (candidato sindaco Alessandro De Giuli).
Perché candidati in due liste diverse?
Avevamo fin dall’inizio messo in conto la possibilità di non riuscire a far unire formalmente le due liste per una serie di ragioni che qualificano il livello e la condizione delle forze anti Larghe Intese, prima su tutte l’elettoralismo che porta a sacrificare l’unità degli interessi delle masse (il bilancio delle elezioni del 22 settembre 2022 è piuttosto eloquente in questo senso…). Dunque ci eravamo già preparati a dover “forzare la mano” per unire nella pratica quello che l’elettoralismo tende a dividere e il modo che abbiamo trovato è stato quello di candidare nostri compagni in liste diverse organizzando poi iniziative in cui far confluire i temi che animano quanto di positivo c’è nei programmi, nelle esperienze e nelle pratiche di entrambi gli schieramenti ma soprattutto i temi che sono oggi all’ordine del giorno per la vita delle masse popolari: guerra, lavoro, difesa dei servizi pubblici, lotta contro la repressione, censura, ecc.
Unire quello che l’elettoralismo divide: questo è l’obiettivo dell’operazione. Siamo consapevoli di essere dei pionieri ma il compito dei comunisti spesso è proprio questo: aprire strade che altri non osano (ancora) battere ma su cui il corso delle cose inevitabilmente li trascina. In effetti, la nostra linea elettorale è incomprensibile solo a chi è accecato dall’elettoralismo poiché l’unità delle forze che si oppongono ai partiti delle Larghe Intese è esigenza preminente tra le masse popolari come abbiamo sperimentato parlando con la gente durante i volantinaggi che stiamo facendo in queste settimane.
Che tipo di contenuti e iniziative state portando nella campagna elettorale per farne un’irruzione?
Abbiamo deciso di non cedere a coloro che – tra candidati, giornalisti, opinionisti, intellettuali dell’ultima ora – vorrebbero ridurre la campagna elettorale a “problemi fiorentini” quali buche in strada o spazzatura dei cassonetti come se a Firenze non esistesse il problema della guerra, della russofobia o del sionismo, quello dello smantellamento dell’apparato produttivo, pensiamo alla vicenda ex-Gkn e ai lavoratori rimasti che hanno mostrato in modo esemplare cosa vuol dire irrompere nella campagna elettorale o della distruzione della sanità. Dunque dall’11 maggio ad oggi abbiamo promosso una serie di iniziative: abbiamo rinominato una delle fermate della tramvia di Firenze ai martiri di Odessa in occasione di un presidio promosso a dieci anni dalla strage per mano dei nazisti ucraini; il 16 maggio promosso un’iniziativa davanti all’ospedale di Careggi proprio su chi è Marco Carrai, il 23 maggio una tenda per il lavoro con microfono aperto nei pressi della fabbrica Nuovo Pignone di Firenze. In queste ultime settimane di campagna elettorale stiamo sostenendo gli organismi operai e popolari, in particolari quelli attivi nella lotta contro la guerra e il genocidio in Palestina a sfruttare al meglio alcune date ed eventi come le celebrazioni del 2 giugno. Non si tratta di iniziative isolate ma pensate per “fecondare” quello che già esiste nella realtà: rafforzare la sinistra interna alle organizzazioni operaie e popolari (cioè chi si rende conto che quello che abbiamo fatto fino ad oggi non è più sufficiente, chi vuole uscire dalle liturgie e cerca una strada per affermare gli interessi delle masse), spingerla in avanti per passare dalla difesa all’attacco. Ecco, approfittare della visibilità che il momento elettorale dà, e soprattutto della difficoltà evidente dei partiti a reggere la campagna elettorale (il che è provato dal fatto che essa è praticamente inesistente!) è un esempio di cosa significa porsi all’attacco, usare tutto il materiale infiammabile che esiste nella società per rafforzare e sviluppare la lotta di classe. E’ così che i comunisti devono usare le elezioni: quando presentando liste proprie, quando candidandosi in liste di altre forze come indipendenti o non facendo nessuna delle due cose e lavorando da fuori. Ogni scelta tattica va valutata alla luce dell’analisi concreta della situazione concreta.
Siamo alle conclusioni. Vuoi aggiungere qualcosa?
Sì. In questi mesi ci siamo scontrati non solo con l’elettoralismo di cui accennavo sopra, ma anche con forme di astensionismo di principio, di sfiducia nella possibilità di usare la campagna elettorale ai fini delle nostre lotte o con la paura di “essere usati”, il timore delle “passerelle elettorali”… Ebbene, tutto questo non è accaduto e difficilmente poteva accadere per due motivi: il primo perché il contesto in cui operiamo è completamente stravolto da quello a cui forse siamo stati abituati. Non siamo più né nella fase in cui “gli amici del popolo” possono limitarsi a fare la sponda politica a sostegno delle lotte né in quella in cui gli opportunisti possono veramente pensare di strumentalizzare così facilmente delle battaglie: il Pd ci ha provato con il 25 aprile e i risultati sono stati disastrosi… Il secondo è perchè sta a noi avere la spregiudicatezza di entrare anche in campo nemico, forti delle nostre ragioni, senza la paura di sporcarci le mani, proprio come il Comitato No Comando NATO di Firenze e quelli pro-Palestina hanno dimostrato di saper fare irrompendo il 30 maggio nella principale iniziativa elettorale promossa dal Quotidiano La Nazione (invito a seguire la pagina Facebook del comitato – No comando NATO nè a Firenze nè altrove – dove sarà pubblicato un post di commento di quella serata). Aggiungo un terzo aspetto: nessuno ha ricette belle e pronte, noi stessi abbiamo una teoria che stiamo imparando ad applicare a la cui verifica nella pratica è la fonte del suo miglioramento progressivo…bisogna mettersi nell’ottica che si impara a fare facendo!
E’ evidente che le elezioni indette dalla borghesia non sono certamente il principale strumento per cambiare le cose: questo lo diciamo in tutte le salse…La via principale è l’organizzazione delle masse popolari, ma le elezioni possono comunque avere una funzione positiva se i risultati riescono ad aprire una breccia nel sistema politico (penso a come è successo con le elezioni di Campi Bisenzio dello scorso anno) e quindi se sono usate come mezzo per favorire l’organizzazione e la mobilitazione delle masse popolari. Questo tipo di lavoro va portato avanti guardando all’aspetto principale, cioè a quello che dobbiamo fare dopo la tornata elettorale.