Nel numero di maggio 2024 di Resistenza abbiamo pubblicato l’articolo I crimini di maggio della Repubblica pontificia. Si tratta dell’eccidio di Portella della Ginestra (1947) e dell’omicidio di Peppino Impastato (1978). Tra di essi sono trascorsi più di trent’anni, tuttavia sono accomunati da molti elementi, motivo per cui si prestano ad approfondire la natura del regime politico costituito in Italia dopo la caduta del fascismo. Per questo abbiamo deciso di fornire ai lettori ulteriori dettagli di ricostruzione storica di questi due avvenimenti. Quella che segue è la vicenda di Portella della ginestra.
La fine della seconda guerra mondiale
Nel 1943 le sorti del secondo conflitto mondiale volgevano al peggio per lo schieramento nazifascista mondiale costituito dall’Italia fascista, dalla Germania nazista e dal Giappone militarista. A febbraio l’Armata Rossa aveva concluso vittoriosamente la battaglia di Stalingrado contro le armate naziste e il contingente italiano. La vittoria sovietica non tardò a far sentire le sue conseguenze tanto sui rapporti tra l’Unione Sovietica e le principali potenze imperialiste avversarie dell’Asse (USA e Regno Unito), quanto sulla situazione politica italiana, che vedeva il regime fascista sempre più debole, scaricato dalla monarchia e dalla stessa borghesia italiana e ormai prossimo al crollo.
Nei giorni e nei mesi successivi la situazione politica e militare dell’Italia si evolse rapidamente. Il 10 luglio, con l’”operazione Husky”, gli anglo-americani sbarcarono in Sicilia e riaffidarono rapidamente il territorio alla mafia.
In seguito, tra il 25 luglio, giorno dell’arresto di Mussolini e della sua sostituzione con Badoglio e l’8 settembre 1943 quando il re e il suo governo scapparono da Roma dopo l’armistizio siglato con gli angloamericani, l’intero edificio dello stato italiano crollò e le truppe nazifasciste, determinate a non perdere l’Italia, occuparono gran parte del paese senza incontrare in un primo momento una resistenza significativa. I comunisti italiani non avevano capito la situazione e furono presi alla sprovvista. Tuttavia seppero reagire rapidamente grazie alla sua natura rivoluzionaria e alla linea e all’esempio del movimento comunista internazionale, costituendo poco a poco una nuova struttura politica e militare clandestina, la Resistenza e costringendo anche le altre forze politiche borghesi interessate a scalzare il fascismo a scendere sullo stesso terreno.
Dopo il 25 aprile, in Italia vigeva di fatto una situazione di guerra civile e di equilibrio tra due poteri contrapposti: da un lato quello delle vecchie classi dominanti che cercavano di riprendere in mano il paese dopo la sconfitta del nazifascismo, dall’altro quello delle masse popolari organizzate che con la Resistenza avevano costituito una loro propria forza armata. Quale sarebbe stato il nuovo ordinamento politico e sociale del paese?
I limiti ideologici e politici del PCI furono decisivi per delineare la nuova situazione. Il PCI, invece di guidare la classe operaia e le masse popolari a condurre con successo la rivoluzione socialista, accettò di fare della Costituente e della redazione della Costituzione il terreno principale dello scontro per regolare i conti tra le classi oppresse e le vecchie classi dominanti, spostando la lotta di classe su un terreno molto più favorevole alle classi dominanti, quello delle chiacchiere e dei riti della politica borghese in luogo di quello della mobilitazione e dell’organizzazione popolari.
La guerra civile continuava a far sentire i suoi strascichi, ma i gruppi imperialisti americani e il Vaticano, con la mafia ad affiancarli come forza ausiliaria, trovavano via via sempre più spazio per prendere in mano il paese.
La Sicilia del dopoguerra
Nonostante la Resistenza e il radicamento dei CLN si fossero sviluppati soprattutto nel nord del Paese, l’avanzata del movimento comunista e delle forze popolari fece rapidamente sentire i propri effetti anche al sud e in particolare in Sicilia.
Il PCI infatti, grazie alla sua linea rivoluzionaria, era riuscito a consolidare l’alleanza della classe operaia del centro-nord con i contadini del sud in lotta contro gli agrari che per vent’anni avevano trovato appoggio dalla dittatura fascista.
L’ingresso dei comunisti nei governi del CLN, inoltre, aveva favorito l’adozione di un provvedimento che stava già alimentando fortemente la mobilitazione contadina e prometteva di sconvolgere gli equilibri politici e di potere vigenti nell’isola. Nell’ottobre del 1944, infatti, il ministro comunista dell’agricoltura Fausto Gullo con alcuni decreti legalizzò l’occupazione delle terre incolte, cercando così di sopperire alla povertà diffusa e imponendo una diversa ripartizione dei raccolti che favoriva maggiormente gli agricoltori rispetto ai proprietari a differenza delle consuetudini fino ad allora vigenti in Sicilia. Inoltre, il 20 aprile del 1947 (poche settimane prima della strage), il Blocco del Popolo, ovvero la coalizione tra il PCI di Togliatti e il PSI di Nenni aveva conquistato 29 rappresentanti su 90 (circa il 90% dei voti) alle elezioni dell’Assemblea Regionale Siciliana, contro i 21 voti della DC (crollata al 20% circa).
In questa situazione, i gruppi imperialisti americani e il Vaticano, che sempre più si stava affermando come unica forza in grado di governare il paese e di raccogliere i cocci delle vecchie classi dominanti tramite il suo partito (la DC), non ebbero altra scelta che delegare alla mafia e alle organizzazioni criminali, come quella del bandito Salvatore Giuliano, il controllo del territorio dell’isola e il compito di contrastare e reprimere il movimento comunista e le mobilitazioni contadine tramite una serie di operazioni di cui la strage di Portella della Ginestra fu una delle più rilevanti.
I fatti del 1°maggio ’47
Il 1°maggio del 1947, circa duemila lavoratori, molti dei quali agricoltori, si erano riuniti a Portella della Ginestra,a pochi chilometri da Palermo, per manifestare contro il latifondismo a favore dell’occupazione delle terre incolte e festeggiare, oltre alla Festa dei Lavoratori, la vittoria elettorale del Blocco del Popolo.
Verso le 10 del mattino, poco dopo l’inizio del comizio indetto per la manifestazione, gli uomini di Salvatore Giuliano, bandito ed ex colonnello dell’EVIS (Esercito Volontario per l’Indipendenza della Sicilia, braccio armato del movimento indipendentista siciliano appoggiato dagli USA), fecero partire diverse raffiche di mitra sulla folla in festa. Le raffiche si protrassero per circa un quarto d’ora e provocarono la morte di 17 persone e il ferimento di altre trenta.
Nel mese successivo alla strage di Portella della Ginestra, nelle giornate del 22 e 23 giugno, avvennero attentati con mitra, molotov e bombe a mano contro le Camere del Lavoro e le sedi del PCI, provocando in tutto due morti e numerosi feriti: sui luoghi degli attentati vennero lasciati dei volantini firmati dal bandito Salvatore Giuliano che incitavano la popolazione a ribellarsi al comunismo.
Il governo si affrettò a minimizzare la strage riducendola ad un fatto strettamente legato al banditismo locale. Tuttavia furono subito ipotizzate tramite la testimonianza di Gaspare Pisciotta, luogotenente di Giuluano successivamente pentitosi, le responsabilità di importanti uomini politici del Partito Monarchico e della DC. Tra questi, l’allora ministro dell’Interno Scelba (che addirittura avrebbe commissionato la strage in una lettera promettendo in cambio l’amnistia per i membri della banda) e Bernardo Mattarella, il padre dell’attuale presidente della Repubblica e di Piersanti Mattarella “eroe della lotta alla mafia”, tutti assolti nei successivi processi. Solo nel 1976, i documenti della commissione parlamentare antimafia, guidata allora dal dirigente PCI e sindacalista Pio La Torre, accerteranno le responsabilità della DC e soprattutto della famiglia Mattarella nella strage e più in generale nel consolidamento del potere politico-mafioso in Sicilia. In essi si legge: “Mattarella ha traghettato la Mafia dal fascismo verso la DC. Quell’incontro Mafia, politica e massoneria ha dato origine al potere dei Mattarella in Sicilia che continuerà con il figlio Piersanti”.
Ad ogni modo, la banda di Giuliano e la strage compiuta il 1° maggio ’47 furono usate in funzione anticomunista e di consolidamento del nuovo regime che le classi dominanti stavano instaurando. Gli avvenimenti diedero il via alla “crisi del maggio ’47”, che culminò con la cacciata dei comunisti dal governo De Gasperi e con un’ampia opera di repressione del movimento operaio e comunista, che sull’onda della vittoria della Resistenza avanzava in tutto il paese, segnando il definitivo consolidamento del connubio tra mafia, Vaticano e imperialisti USA che ancora oggi (seppure in forme diverse dal regime DC che allora si andava formando) governa il paese.
Nasce la Repubblica Pontificia
La Costituzione approvata il 22 dicembre 1947, diversi mesi dopo la strage fu un compromesso che rese chiare sia le intenzioni delle vecchie classi dominanti, indebolite dalla disfatta del fascismo e impaurite dalla mobilitazione delle masse popolari che ne era scaturita, sia l’ingenuità e i cedimenti del PCI, che stava via via finendo nelle mani dei revisionisti di Togliatti e delle altre forze popolari. In essa erano sanciti alcuni diritti per le masse popolari che la borghesia si impegnava formalmente ad attuare e che naturalmente rimasero in gran parte lettera morta, fatta eccezione per le conquiste strappate con le mobilitazioni degli anni seguenti.
Inoltre, l’assetto politico che scaturì dalla Costituzione configurò una sorta di monarchia costituzionale “mascherata”, con il papa a fare da re esercitando però il proprio potere in maniera occulta, irresponsabile e senza confini fissati dalla legge, prima avvalendosi del suo partito e poi via via esponendosi più direttamente. L’Italia divenne così un crocevia di scontri sempre più acuti tra poteri più o meno occulti, tra i quali si impose con particolare forza la mafia, il tutto sotto l’egida degli imperialisti USA che fecero del paese un loro protettorato.
Un strage ancora viva
Il 1° maggio si è celebrato il 77mo anniversario della strage di Portella della Ginestra. Anche quest’anno le tante le commemorazioni da parte di esponenti delle Larghe Intese sono state volte a strumentalizzare le celebrazioni ai fini elettorali vista la campagna in corso per europee e amministrative (si veda a proposito l’intervento congiunto di Conte e Schlein), a distorcere il senso degli avvenimenti schiacciandolo sulla “lotta alla mafia”, oppure a piangere lacrime di coccodrillo per le stragi di lavoratori di cui il loro sistema è responsabile.
In realtà la strage di Portella della Ginestra è un esempio del ruolo degli imperialisti USA e, al contempo, una delle “operazioni” attraverso cui essi hanno posto le basi per istituire in Italia il loro protettorato e consolidato il sistema di potere che ancora oggi regge il nostro paese, la Repubblica Pontificia basata sul connubio tra dominio degli imperialisti USA, governo del Vaticano e ruolo ausiliario delle organizzazioni criminali.
A settantasette anni da quella strage continua nel nostro paese il dominio degli imperialisti USA e continuano le conseguenti stragi di lavoratori perpetrate dai padroni e dai loro governi delle Larghe Intese. Non sarà certo la “lotta alla mafia” millantata dalla borghesia a farla finita con lo sterminio delle masse popolari e con l’impunità per i loro mandanti. Solo la mobilitazione e l’organizzazione dei lavoratori per costruire passo dopo passo il Nuovo Potere in grado di scalzare la borghesia imperialista e instaurare il socialismo, a partire dalla cacciata del governo Meloni e dalla costituzione di un Governo di Emergenza Popolare, possono scalzare definitivamente gli imperialisti USA, le organizzazioni criminali e il Vaticano dal nostro paese.