La candidatura di Ilaria Salis ha aperto un ampio dibattito a sinistra.
Da una parte chi sostiene che la candidatura possa essere uno strumento valido nella battaglia per la sua liberazione dal carcere ungherese e, più in generale, nella lotta contro la repressione e “la deriva sovranista” nei paesi della Ue. Dall’altra chi ritiene inaccettabile la proposta di votare per Alleanza Verdi e Sinistra (Avs), un partito che in Italia svolge il ruolo di stampella del Pd, promuove l’antifascismo padronale e traveste la peggiore propaganda atlantista con un pacifismo senza principi [vedi uno spot elettorale ritirato da Sinistra Italiana, ma non dai Verdi, dopo le polemiche – https://twitter.com/i/status/1790311261810352460] e in Europa è affratellato a formazioni politiche apertamente filo Nato e filo sionisti.
Su questa base si sono dunque creati due schieramenti (due “litigiose tifoserie”), benché entrambi partano da presupposti corretti e condivisibili.
Candidare alle elezioni compagni e compagne colpiti dalla repressione non è una novità e non è affatto una dimostrazione di opportunismo (di chi si candida). Dipende da come si usa la candidatura e da come si conduce la campagna elettorale. Nel caso specifico, inoltre, il fatto che già la sola candidatura abbia portato il tribunale ungherese ad accettare il ricorso grazie al quale Ilaria uscirà dal carcere e sarà trasferita ai domiciliari (in Ungheria) è dimostrazione delle potenzialità della sua candidatura.
Nella lotta contro la repressione si pone spesso la contraddizione fra l’individuo e il collettivo. Le autorità repressive borghesi cercano sistematicamente di contrapporre l’individuo al collettivo e alla lotta di classe sia con offerte di collaborazione (“se collabori i tuoi guai saranno limitati”), sia con offerte di abiura della causa della lotta di classe.
Se la lotta contro la repressione viene concepita e condotta come battaglia per salvare il singolo individuo, cedere alle “tentazioni” delle autorità repressive è la strada per salvare se stessi (o per lo meno limitare i danni). Pertanto mettere al centro della battaglia gli interessi del singolo individuo anziché quelli delle masse popolari e la lotta di classe apre SEMPRE le porte all’opportunismo, alla dissociazione dalla lotta di classe e, nei casi peggiori, alla collaborazione con il nemico.
Quando la lotta contro la repressione è concepita e condotta in modo da rafforzare la lotta di classe e il campo delle masse popolari attraverso la battaglia che si sviluppa sul caso del singolo individuo è invece possibile usare ogni strumento, perché gli interessi del singolo alimentano la dimensione collettiva della lotta alla repressione. In questo senso, anche una candidatura alle elezioni può essere uno strumento utile. È una strada per condurre la battaglia negli interessi di un singolo individuo – nel caso di specie Ilaria Salis – grazie alla quale si possono rafforzare gli interessi delle masse popolari e si può alimentare la lotta di classe in corso. La candidatura alle elezioni è uno strumento. Dipende da come viene usato.
Del resto Avs è una lista improponibile perché oggettivamente svolge un ruolo politico opposto agli interessi delle masse popolari. E questo al di là della base degli iscritti e dei militanti (che sono spesso presenti nelle mobilitazioni popolari): Avs è una costola del PD, parte integrante delle Larghe Intese.
Oltre a ciò, la candidatura di Ilaria Salis probabilmente è una manovra dei vertici di Avs per raccogliere voti nel campo di chi si sarebbe astenuto anziché un’operazione di rottura del sistema politico e di solidarietà (non sarebbe il primo caso per Avs): questo emerge dal fatto che è stata candidata solo in due circoscrizioni (e solo in una come capolista) e non risulta che vi sia alcun “patto” per far dimettere eventuali eletti di Avs in suo favore della sua elezione al parlamento europeo.
È tutto vero e condivisibile. Ma se il dibattito rimane su “votare Ilaria Salis sì o no” la discussione è fuorviante e sterile.
È fuorviante perché appiattisce tutto al voto, delega l’esito della lotta per la liberazione di Ilaria all’esito del voto. E pertanto è sterile, nel senso che relega tutto alle procedure elettorali senza considerare la mobilitazione e la lotta, che invece sono – e rimangono in ogni caso, anche nel contesto della campagna elettorale – la questione decisiva.
Per questo motivo, in questo momento, il nostro contributo va nel senso di elevare il dibattito e alimentare l’iniziativa pratica su come usiamo la campagna elettorale per attaccare il sistema di potere delle Larghe Intese, dei sostenitori e servi della Nato e dei sionisti, dei promotori della repressione dispiegata, della devastazione dell’ambiente e della guerra fra poveri anziché sostenere uno o l’altro degli schieramenti.
Ilaria Salis è candidata nelle liste di Avs e questo è un dato di fatto.
La sua candidatura – quali che siano le motivazioni di chi l’ha messa in lista – è comunque un dato positivo, un’opportunità per alimentare la lotta contro la repressione e la persecuzione degli oppositori politici, contro il sistema giudiziario e carcerario della borghesia, contro i CPR e il 41 bis.
Chi si mobilita per la sua liberazione si deve porre la questione di come usare la sua candidatura per irrompere nella campagna elettorale e alimentare la lotta di classe in Italia.
Una campagna elettorale basata SOLO sulla presenza ai dibattiti televisivi (magari delegati ai dirigenti di Avs: Bonelli e Fratoianni), sulla denuncia della “cattiveria del regime di Orban” e del “moderno fascismo”, sulle lagne dei promotori dell’antifascismo padronale e del pacifismo senza principi è il modo peggiore di valorizzare la candidatura di Ilaria. E anche una probabile ipoteca sul fatto che non sarà eletta.
Una campagna elettorale basata SOPRATTUTTO su iniziative di rottura è il modo migliore per mettere la candidatura di Ilaria al servizio della lotta di classe in corso:
– contestazioni a chi in Italia promuove la guerra fra poveri e la guerra contro i poveri, denuncia del sistema carcerario e della repressione delle Larghe Intese,
– organizzazione della solidarietà di classe a chi promuove la mobilitazione contro il genocidio in Palestina e la guerra della Nato e per ampliare la lotta contro il governo Meloni, il governo della superiore sottomissione del paese agli Usa/Nato, all’Ue e ai sionisti,
In altri termini, si tratta di non lasciare ai partiti delle Larghe Intese (che siano al governo o alla finta opposizione) la possibilità di condurre la loro campagna elettorale, il loro squallido teatrino, fatta di promesse e chiacchiere.
Si presenta anche in questo caso l’occasione di ragionare sul fatto che la campagna elettorale può essere un contesto favorevole alla mobilitazione e alla lotta quanto più chi si assume il compito di promuoverle si libera dalla “doppia oppressione” dell’elettoralismo (“mi occupo della campagna elettorale solo se sono candidato”) e dell’astensionismo di principio (“non mi occupo affatto della campagna elettorale in nessun caso”). Entrambe le deviazioni sono manifestazione di dipendenza dal teatrino della politica borghese. Entrambe le deviazioni eludono la possibilità di usare la campagna elettorale – una fase in cui tutte le contraddizioni fra le varie componenti della classe dominante vengono a galla – per assestare colpi al nemico e rafforzare il campo delle masse popolari.
L’opportunità di irrompere nella campagna elettorale sul tema dell’antifascismo popolare e della lotta alla repressione si pone in grande perché Ilaria Salis, come esempio di una militante antifascista sottoposta ad una repressione violenta e alla tortura, è candidata.
Ma ci sono mille motivi, modi e “pretesti” per cui i lavoratori, le donne delle masse popolari, gli studenti, il movimento contro la guerra, il movimento in solidarietà con il popolo palestinese possono trasformare la campagna elettorale per le europee in un inferno per i partiti delle Larghe Intese e per rafforzare la loro mobilitazione e organizzazione.
Una mobilitazione che dobbiamo utilizzare per sviluppare il fronte delle forze politiche, sindacali e sociali e per mobilitare i lavoratori e resto delle masse popolari a costituire un loro governo di emergenza.
Guardiamo a questo mese di campagna elettorale che ci separa dall’8 e 9 giugno come il contesto in cui mobilitarci e irrompere per preparare il terreno per ciò che verrà dopo.
Con questo spirito siamo disponibili costruire iniziative di lotta sia con quelle forze che hanno già espresso l’intenzione di votare Ilaria Salis (come Potere al Popolo), sia con quelle che, pur mantenendo riserve o anche criticando apertamente la sua candidatura, sono disposte a imporre nella campagna elettorale i temi della lotta alla repressione, della solidarietà di classe, dell’antifascismo popolare.