Tre istantanee raccontano il 25 Aprile

A Milano si è svolta la manifestazione più partecipata, imponente. Tradizionalmente è “la manifestazione di rilievo nazionale del 25 Aprile”, ma a caricare di aspettative il corteo di quest’anno, e dunque la partecipazione, hanno contribuito alcuni fattori.
Il manifesto aveva lanciato l’appello per fare del 25 Aprile 2024 una giornata di mobilitazione contro il governo Meloni così come il 25 Aprile del 1994 fu una giornata di mobilitazione contro il governo Berlusconi. Le polemiche sulla censura a Scurati da parte dei vertici Rai hanno alimentato il tutto. Stiamo parlando di operazioni orchestrate, direttamente o meno, dal Pd nel tentativo di strumentalizzare la giornata per fini elettorali che però indubbiamente hanno alimentato la partecipazione di quella parte di masse popolari preoccupata per la via che il governo Meloni sta imponendo al paese.
Il comitato promotore, alla cui testa c’era l’Anpi di Milano, per settimane ha tenuto i piedi in più scarpe per evitare di prendere una posizione chiara contro il genocidio in Palestina, dovendo ammettere che la presenza della Brigata ebraica – travestimento della comunità sionista – era fuori luogo (come d’altronde lo è da quando, a partire dal 2004, la sua presenza è stata imposta con i cordoni di celere e le manganellate).
Anche i tentennamenti – ma è più corretto dire il doppio gioco – del comitato promotore e dell’Anpi milanese hanno certamente avuto un ruolo nell’accendere la determinazione di moltissime persone a essere in piazza per esprimere solidarietà al popolo palestinese.
Pertanto a Milano è successo questo: decine di migliaia di persone (i giornali dicono 100 mila) hanno manifestato contro il governo Meloni e le sue politiche antipopolari e guerrafondaie e in solidarietà con il popolo palestinese.
Da molti anni il corteo del 25 Aprile a Milano non aveva una caratterizzazione politica tanto netta e una partecipazione così elevata.
L’intero corteo, dalla testa alla coda, è stato un tripudio di bandiere della Palestina che sventolavano accanto a bandiere di ogni tipo. Alla testa del corteo, circondati dalla polizia privata che va sotto il nome di City Angels, dalla digos e dalla celere, c’è stata la comunità sionista con le bandiere dello Stato genocida d’Israele, le bandiere ucraine infarcite di simboli nazisti, le bandiere di Azione, Italia viva e + Europa. Fra questi, per non farsi mancare niente, anche un paio di bandiere della Nato.

Ecco la prima istantanea, la prima fotografia della giornata: un plotone greve, estraneo e ostile al corteo, che ha ostentato vessilli di morte e di sterminio, strenuamente difeso dallo Stato italiano, IMPOSTO manu militari alla testa dello stesso, ma al contempo assediato dai manifestanti antifascisti e antisionisti. Tutt’intorno, per chilometri – alle 13:30 Piazza Duomo era già piena di bandiere palestinesi e così fino alla coda che alle 17 doveva ancora partire – un tripudio di bandiere, striscioni, cartelli, cori, canzoni e slogan, moltissimi dei quali a sostegno della resistenza del popolo palestinese che oggi incarna i valori della vittoriosa Resistenza contro il nazifascismo.
Che i media di regime parlino di “contestazioni e offese alla Brigata ebraica” e di “aggressioni” è soltanto un’ulteriore dimostrazione del peso di quel plotone mortifero imposto alla testa del corteo, che ha cercato in ogni modo di passare come la reale vittima dell’intolleranza.

Da Roma viene la seconda istantanea. È utile analizzarla alla luce del vittimismo, amplificato a reti unificate, che la comunità sionista ha sparso a piene mani per “gli insulti e le aggressioni” che sostiene di aver subito a Milano.
Cordoni di celere che accerchiano il concentramento del corteo antifascista e antisionista a “protezione” del concentramento dei fascisti sionisti da cui parte il lancio di quattro bombe carta, sassi e barattoli di metallo. I fascisti sionisti cercano persino di aggirare i cordoni della celere per caricare il concentramento antifascista e, mentre col megafono augurano alle donne antifasciste di essere stuprate, aggrediscono i giornalisti che a loro avviso non danno una corretta versione di quello che sta accadendo.
In diretta televisiva, su Rai 3, l’inviata viene accerchiata e aggredita per aver detto che “è appena partito un tentativo di carica verso il corteo antifascista”. La conduttrice in studio si è subito allineata, affermando che “dalla comunità ebraica non parte nessuna carica”.

La terza istantanea è una foto panoramica. Da Roma a Milano, da Torino a Catania, da Firenze a Napoli, dalle metropoli ai piccoli centri il 25 Aprile sono scese in piazza centinaia di migliaia di persone contro il governo Meloni, contro la guerra e i guerrafondai, in solidarietà con il popolo palestinese.
In mille posti e in mille modi hanno preso forma i contenuti e i valori della Resistenza contestualizzati alla situazione e alla lotta di classe di oggi. Rivendicazioni, ambizioni e obiettivi che concorrono, tutti, allo sbocco politico che serve al paese: una nuova liberazione dagli imperialisti Usa e Ue, dai sionisti e dalla Nato.

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Il Pd e i suoi cespugli avevano predisposto tutto affinché le celebrazioni del 25 Aprile diventassero una grande speculazione in chiave elettorale contro “il moderno fascismo del governo Meloni”.
A tal proposito hanno sfruttato fino in fondo i numerosi assist che gli esponenti del governo Meloni hanno offerto loro, dalle polemiche sulla censura della Rai a Scurati alle esternazioni di Salvini. Tuttavia l’operazione non è riuscita, come speravano.
È riuscita solo nella misura in cui i principali organi di informazione hanno dato spazio e fiato a questa pantomima.
C’è da dire che il cavallo su cui il Pd ha puntato per denunciare “la censura” era un cavallo zoppo. Scurati è megafono quotidiano delle “ragioni” dei sionisti, è un detrattore della resistenza palestinese, è un negazionista del genocidio in corso il Palestina, è un sostenitore del governo ucraino e della Nato, è un sostenitore dell’intruppamento dell’Italia nella guerra contro la Federazione Russa.
Tuttavia, non è principalmente questo che ha fatto fare cilecca alla manovra orchestrata. Il colpo di grazia lo ha dato la grandiosa mobilitazione del 25 Aprile milanese.
Le larghe masse non si sono lasciate intruppare nelle file dell’antifascismo padronale.
In molte piazze il Pd è stato contestato e in alcuni casi ha addirittura ammainato bandiere e striscioni.
Se si guardano le piazze anziché i commenti dei pennivendoli sui giornali, è evidente che la grande maggioranza di chi ha manifestato lo ha fatto contro le Larghe Intese e il loro programma comune. Il 25 Aprile è stata una plateale dimostrazione del diffuso rifiuto di ogni guerra e dell’economia di guerra che tanto il governo Meloni che il Pd e i suoi cespugli perseguono.
La mobilitazione in cui questo rifiuto si è espresso ha bisogno di trovare una direzione per trasformarsi in una corrente politica strutturata e organizzata.
Darle sbocco politico è il compito del movimento comunista cosciente e organizzato e delle forze anti Larghe Intese.
A questo proposito, una riflessione.
Anche quest’anno si sono riproposte, in particolare a Milano, ma non solo, le annose questioni rispetto alla necessità di organizzare un corteo alternativo “per non portare acqua al mulino del Pd”.
Ma anche quest’anno, ancor più degli altri anni, tali questioni sono state spazzate via dall’evidenza pratica.
È compito dei comunisti dare voce a quei sentimenti diffusi che, se nessuno li prende in mano, non sono che sterili lamenti. È compito dei comunisti promuovere e organizzare le manifestazioni di malcontento e di protesta che altrimenti sono destinate a spegnersi. È compito dei comunisti organizzare questa protesta e questo malcontento e indirizzarli e coordinarli verso un comune sbocco politico.
Andare da un’altra parte e lasciare campo libero alle Larghe Intese, ai guerrafondai, ai sostenitori e complici della Nato, dei sionisti e della Ue è un errore. È un errore quando a contestarli siamo in pochi, ed è un errore ancora più grave quando è evidente che la volontà di contestazione è ampia e diffusa e cerca solo una strada per manifestarsi.

È utile riprendere – e comprendere – l’esperienza del vecchio movimento comunista nel nostro paese. Quando sotto il fascismo i partiti d’opposizione – e in particolare il Pci – erano banditi, per svolgere il lavoro di organizzazione, di agitazione e di propaganda i comunisti entravano e operavano nei sindacati fascisti, che erano l’unica forma di organizzazione operaia permessa. È facile immaginare quale tipo di contributo possono aver dato anche allora i sostenitori della tesi “nel sindacato fascista no, perché si porta acqua al mulino del regime”. Ecco, con le dovute differenze, uno spunto per riflettere sul ruolo dei comunisti e sul fatto che essi devono stare fra le masse “come pesci nell’acqua”.
A essere pesci fuor d’acqua sono le Larghe Intese e i loro esponenti, sono i sostenitori della Nato e i complici dei sionisti. Ogni centimetro di terreno che non si contende loro, è un centimetro di terreno che perdiamo noi.

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