L’Italia è a pieno titolo un paese imperialista, un anello della catena della Comunità Internazionale degli imperialisti Usa, sionisti e Ue. Questo è ben evidente dal ruolo politico, economico e commerciale che riveste nelle relazioni internazionali e dalla compenetrazione fra interessi nazionali e sovranazionali.
Ma l’Italia è anche un protettorato degli Usa – non una colonia: ha una sua autonomia e indipendenza, ma non può entrare in contrasto con i loro interessi – oltre che un ingranaggio della Ue dominata dai gruppi imperialisti franco-tedeschi.
L’aggravarsi della crisi generale alimenta le contraddizioni fra gli interessi dei gruppi imperialisti Usa e quelli dei gruppi imperialisti Ue – le conseguenze delle sanzioni contro la Federazione Russa ne sono un esempio – e l’Italia è lacerata, storicamente e in modo via via più profondo, da questa contraddizione.
Infine, l’Italia è la sede del Vaticano, il più antico e longevo centro di potere del mondo: affonda le sue radici nella società medievale ed è sopravvissuto alla rivoluzione borghese grazie al fatto di essere riuscito a ostacolare la nuova classe dirigente della società, la borghesia appunto, nella sua ascesa al potere proprio in Italia, dove l’ha costretta a scendere a patti nel corso di quel processo passato alla storia come “la rivoluzione borghese incompiuta”.
Alla vittoria della Resistenza sul nazifascismo, mezza Italia era “occupata dai partigiani in armi”, il Pci era riconosciuto – tanto dalla classe operaia del Nord quanto da parti crescenti dei contadini del Sud – come il principale dirigente della vittoriosa guerra di Liberazione.
Gli imperialisti Usa – che occupavano l’altra metà del paese – hanno affidato al Vaticano il compito di raccogliere i rimasugli delle classi dominanti, combinarli con le organizzazioni criminali (come la Mafia) e dare le gambe al nuovo sistema di potere che ha sostituito il fascismo, ma che allo stesso modo del fascismo, doveva arginare il “pericolo comunista”. L’operazione è riuscita SOLO grazie agli errori e ai limiti del Pci di Togliatti che non volle usare la forza e il prestigio conquistati per fare avanzare la rivoluzione socialista nel nostro paese.
Il sistema di potere istituito in Italia – che ancora oggi costituisce un unicum nei paesi imperialisti – si chiama Repubblica Pontificia.
Come un paese occupato
Da questa particolare struttura di potere, che nel corso del tempo si è consolidata nell’intricata matassa di interessi fra gruppi imperialisti Usa, sionisti, gruppi imperialisti Ue, gruppi capitalisti italiani, organizzazioni criminali e Vaticano, derivano particolari e specifiche conseguenze.
La principale è che, a differenza delle classi dominanti di Germania e Francia, ad esempio, le classi dominanti italiane governano e operano come forze occupanti, cioè piegano il paese a ogni tipo di traffico e speculazione che consente immediati profitti, incuranti delle conseguenze a breve, medio e lungo termine. Ci sono molti esempi di ciò.
Si veda il progressivo smantellamento dell’industria siderurgica, chimica-farmaceutica, dell’automotive e anche le misure per accrescere la dipendenza energetica dell’Italia da altri paesi.
Si veda il più generale smantellamento dell’intero apparato produttivo di cui la cessione di marchi italiani – alcuni definiti “strategici” – è solo una manifestazione che va di pari passo con la distruzione di migliaia di posti di lavoro.
Si veda la distruzione del settore agroalimentare a opera della filiera delle multinazionali della grande distribuzione.
E poi ci sono gli effetti delle privatizzazioni a devastare “i servizi pubblici”: dalla sanità alla scuola, alle pensioni, ai trasporti, alle comunicazioni, alle poste. Un fenomeno tutt’altro che distintivo della Repubblica Pontificia italiana, ma che in Italia ha alcune particolarità: il Vaticano e le organizzazioni criminali pretendono “per diritto naturale” – e in genere hanno ottenuto – una grossa fetta di affari.
La guerra interna
Gli effetti della crisi generale, la guerra per bande fra fazioni di potere della Repubblica Pontificia, le conseguenze della condotta delle classi dominanti come “forze di occupazione del paese” si combinano nel risultato della guerra di sterminio non dichiarata che la classe dominante conduce contro le masse popolari.
Non tragga in inganno il fatto che il termine “guerra di sterminio” richiama alla mente scene apocalittiche con cumuli di cadaveri per le strade. Le vittime ci sono eccome, ma questa guerra non è dichiarata, pertanto i morti sono accompagnati al cimitero con la tipica liturgia clericale: è stato il destino, è stata una fatalità.
I morti per malasanità o per malattie curabili sono conseguenza delle speculazioni con cui le forze occupanti stanno smantellando la sanità pubblica. I morti sul lavoro, quelli per inquinamento, quelli per incidenti stradali dovuti all’incuria, quelli per alluvioni e frane, la strage di migranti… sono tutte morti evitabili che non hanno nulla a che fare con “la fatalità”.
La guerra esterna
L’Italia è un anello della Comunità Internazionale degli imperialisti Usa, sionisti e Ue, dicevamo. Quale che sia il “colore” del governo in carica, l’Italia è naturalmente intruppata nelle manovre belliche della Nato. Il paese è disseminato di basi militari, sistemi radar e centri politico-militari degli Usa e della Nato.
È intruppata sia quando il parlamento viola apertamente la Costituzione e approva ciò che la Nato ordina – come nel caso della missione nel Mar Rosso contro gli Houti – sia quando lo fa in sordina. Lo è quando le basi militari italiane e quelle della Nato in territorio italiano sono coinvolte nelle operazioni belliche, nelle provocazioni, nello spionaggio e nelle comunicazioni militari; quando dai porti italiani transitano armi e quando Leonardo e RFI stipulano accordi per sviluppare il trasporto ferroviario di armi.
Per il 2024 l’Italia ha stanziato per le missioni militari all’estero 1.192 milioni di euro (+ 300 milioni di euro già stanziati per il 2025 – fonte analisidifesa.it). La missione nel Mar Rosso è solo la punta dell’iceberg del coinvolgimento dell’Italia nella terza guerra mondiale in corso.
Una nuova liberazione nazionale
Quanto detto fin qui qualifica il contenuto e le prospettive delle mobilitazioni dei lavoratori e delle masse popolari nel nostro paese e indica il ruolo delle forze comuniste e progressiste del paese.
Date le caratteristiche delle classi dirigenti della Repubblica Pontificia e la singolare natura del sistema di potere vigente, le mobilitazioni di carattere rivendicativo hanno ristretti margini di successo.
Nella lotta degli operai contro la chiusura di un’azienda e per la salvaguardia dei posti di lavoro, ad esempio, incide in modo decisivo il fatto che la proprietà dell’azienda sia di un capitalista (italiano o straniero) o di un fondo di investimento immateriale, irresponsabile, irrintracciabile.
Nella lotta contro le grandi opere speculative incide in modo decisivo il fatto che la controparte siano i vertici delle organizzazioni criminali con la loro rete di relazioni, interessi, intrighi in ogni ambito della vita politica, sociale ed economica del paese.
Nella lotta contro la guerra fa una differenza sostanziale avere come controparte un governo che risponde ai cittadini della sovranità nazionale oppure un governo che maldestramente cerca di giustificare, ad esempio, lo stoccaggio illegale di testate atomiche Usa sul territorio nazionale (nascondendo chissà cos’altro).
Le lotte rivendicative sono importanti, essenziali – sono la prima elementare forma della lotta di classe – e a certe condizioni possono anche raggiungere alcuni risultati. Ma non possono risolvere né la guerra di sterminio non dichiarata che la borghesia imperialista conduce contro le masse popolari né il coinvolgimento dell’Italia nella terza guerra mondiale e le sue ovvie conseguenze: economia di guerra, inquinamento, repressione del dissenso, ecc.
Serve una nuova liberazione nazionale. Non la liberazione da “un nemico straniero” che occupa il paese, ma una liberazione dagli agenti e dai servi italianissimi che per conto della Nato, dei sionisti, della Ue, dei gruppi industriali e speculativi e del Vaticano occupano tutti i gangli del potere, sia quelli palesi che quelli occulti.
Serve raccogliere il malcontento diffuso e far confluire tutte le proteste e le mobilitazioni nella lotta per cacciare il governo Meloni e sostituirlo con un governo di emergenza popolare. È l’unica strada per rimettere al loro posto i nostalgici del Ventennio e per sbarrare la strada anche al Pd e ai suoi cespugli.
L’anello debole
Abbiamo detto che l’Italia è un anello della catena della Comunità Internazionale degli imperialisti Usa, sionisti e Ue. Più precisamente ne è l’anello debole in ragione anche della natura di protettorato e delle caratteristiche del sistema di potere della Repubblica Pontificia.
Ciò non è ancora abbastanza chiaro né nel movimento comunista cosciente e organizzato italiano né agli organismi politici e sindacali che promuovono le mobilitazioni popolari. La mancanza di questa chiarezza è una delle cause delle difficoltà a superare le tare elettoraliste e movimentiste e, soprattutto, della difficoltà a rompere con l’assuefazione alla sconfitta – vedi Editoriale – ereditata dalla sinistra borghese.
Le caratteristiche della Repubblica Pontificia italiana sono il punto da cui partire per contribuire dal nostro paese alla lotta che sta già animando le masse popolari in tutti i paesi imperialisti e i popoli oppressi del mondo e sono ciò che ci permette di guardare con fiducia al successo della lotta per togliere il governo del paese dalle mani dei vertici della Repubblica Pontificia e imporre un governo di emergenza delle masse popolari organizzate.
Le sette misure del programma del Governo di Blocco Popolare
1. Assegnare a ogni azienda compiti produttivi utili e adatti alla sua natura, secondo un piano nazionale. Nessuna azienda deve essere chiusa.
2. Distribuire i prodotti alle famiglie e agli individui, alle aziende e a usi collettivi secondo piani e criteri chiari, universalmente noti e democraticamente decisi.
3. Assegnare a ogni individuo un lavoro socialmente utile e garantirgli, in cambio della sua scrupolosa esecuzione, le condizioni necessarie per una vita dignitosa e per la partecipazione alla gestione della società. Nessun lavoratore deve essere licenziato, a ogni adulto un lavoro utile e dignitoso, nessun individuo deve essere emarginato.
4. Eliminare attività e produzioni inutili o dannose, assegnando alle aziende coinvolte altri compiti.
5. Avviare la riorganizzazione di tutte le altre relazioni sociali in conformità alla nuova base produttiva e al nuovo sistema di distribuzione.
6. Stabilire relazioni di solidarietà e collaborazione o di scambio con gli altri paesi disposti a stabilirle con noi.
7. Epurare gli alti dirigenti della Pubblica Amministrazione che sabotano la trasformazione del paese, conformare le Forze dell’Ordine, le Forze Armate e i Servizi d’Informazione allo spirito democratico della Costituzione del 1948 e ripristinare la più ampia partecipazione dei cittadini alle attività militari a difesa del paese e a tutela dell’ordine pubblico.