Le università in rivolta

Il testo che segue è tratto da un articolo di Milos Skakal pubblicato il 20 aprile su Dinamopress.

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Da due mesi nelle università di tutta Italia le studentesse e gli studenti, ma anche il corpo accademico, dalla docenza alla ricerca, nonché lavoratrici e lavoratori delle utenze degli atenei stanno protestando contro il genocidio in corso in Palestina. La mobilitazione è portata avanti da collettivi e associazioni studentesche di orizzonti diversi, che però si raggruppano intorno all’idea che le università non possono essere complici del massacro in corso a Gaza e dell’escalation bellica in Medio Oriente. Le richieste si sono quindi definite in modo omogeneo nelle varie città dove si sono svolte le proteste e vertono in particolare intorno a tre temi.

Il primo riguarda la collaborazione scientifica tra gli atenei italiani e quelli israeliani inquadrata all’interno dell’Accordo di cooperazione industriale, scientifica e tecnologica Italia-Israele stipulato per le rispettive parti dal Ministero degli Affari esteri e della cooperazione internazionale (Maeci) e dal Ministero dell’Innovazione, scienza e tecnologia (Most). (…)

La seconda rivendicazione è invece legata ai rapporti che alcune rettrici e alcuni rettori hanno con il comitato scientifico della Fondazione Med-Or, nata, come si legge sul sito, “per iniziativa di Leonardo Spa nella primavera del 2021 con l’obiettivo di promuovere attività culturali, di ricerca e formazione scientifica, al fine di rafforzare i legami, gli scambi e i rapporti internazionali tra l’Italia e i paesi dell’area del Mediterraneo allargato fino al Sahel, Corno d’Africa e Mar Rosso (“Med”) e del Medio ed Estremo Oriente (“Or”)”. Leonardo, si ricorda, è una delle principali aziende belliche italiane e intrattiene rapporti commerciali correnti con Israele.

La terza richiesta riguarda più in generale di interrompere i rapporti e i finanziamenti tra le università e le aziende italiane fortemente coinvolte con lo Stato israeliano, come per esempio l’Eni, che si avvia a sfruttare i giacimenti di gas a largo della costa di Gaza, oppure la stessa Leonardo che vende armamenti all’esercito israeliano.

(…) A Roma, il 5 marzo, un corteo interno all’Università La Sapienza ha protestato contro la partecipazione dell’ateneo al bando Maeci e ha chiesto alla rettrice Polimeni di dimettersi dal board scientifico della Fondazione Med-Or. La manifestazione si è svolta mentre all’interno del rettorato si teneva il Senato accademico, che ha rifiutato di ascoltare una delegazione di studentesse e studenti.

Il 19 marzo, il Senato accademico dell’Università di Torino ha deliberato che non rinnoverà il bando del Maeci. (…)

Il giorno dopo, in occasione dell’inaugurazione dell’anno accademico, gli studenti dell’Università di Bologna hanno protestato per chiedere lo stop agli accordi tra l’ateneo e le università israeliane, oltre a richiedere il cessate il fuoco a Gaza. Il corteo è stato represso con cariche della polizia. In contemporanea, è stato permesso a due studentesse di intervenire durante la seduta istituzionale. Mentre una di loro parlava, il rettore l’ha interrotta togliendole il microfono.

All’Università La Sapienza a Roma, il 25 e il 26 marzo le studentesse e gli studenti hanno occupato il rettorato e impedito così che si potesse svolgere in quei luoghi il Senato accademico, il quale ha continuato a ignorare le proteste. Sempre il 26 marzo la Scuola Normale superiore di Pisa ha approvato un documento che chiedeva il cessate il fuoco a Gaza e ha preso piede un dibattito interno per riconsiderare le collaborazioni scientifiche applicabili anche in campo militare con le università israeliane.

L’8 aprile le studentesse e gli studenti dell’Università di Napoli Federico II hanno occupato il rettorato del loro ateneo per protestare contro la collaborazione scientifica con le università israeliane. (…)

Il 9 aprile, il Senato accademico dell’Università di Bari si è convocato per parlare unicamente della partecipazione al bando Maeci. Nessun docente ha partecipato al bando, mentre il rettore ha sottolineato l’importanza di una ricerca libera e collaborativa con gli atenei di tutto il mondo, ispirandosi al principio di pace sancito dall’articolo 11 della Carta. Inoltre il rettore si è dimesso anche dal comitato scientifico della Fondazione Med-Or a seguito delle richieste delle studentesse e degli studenti.

Il 16 aprile, dopo un corteo che in mattinata ha chiesto di nuovo al Senato accademico di prendere posizione sulle stragi che avvengono in Palestina, nel pomeriggio per quattro volte le studentesse e gli studenti sono stati manganellati dalla polizia mentre provavano a uscire in corteo dall’università. Alla fine della giornata risulteranno due persone arrestate. (…)

Ma la risposta delle istituzioni, anche ai più alti livelli, sembra voler fermare questa mobilitazione in modo chiaro. Proprio questa settimana la Conferenza dei rettori delle università italiane (Crui), per bocca della sua presidente Giovanna Iannantuoni, ha ribadito che “non c’è nessun boicottaggio da parte degli atenei italiani nei rapporti scientifici esistenti con le università israeliane”. Inoltre, anche la ministra dell’Università e della ricerca Anna Maria Bernini si è più volte espressa contro le richieste di sospensione degli accordi tra atenei italiani e israeliani.

A tal proposito, nella lettera aperta dello scorso 8 aprile, docenti, ricercatrici e ricercatori contro il bando Maeci sostengono che “la questione della collaborazione universitaria con istituzioni di ricerca implicate nella sistematica violazione di diritti umani, sociali e civili – come lo sono  le università e i centri di ricerca israeliani – dovrebbe sempre accompagnare la nostra professione. A oggi, non esiste alcuna istituzione israeliana che si sia dissociata dalla linea governativa e non abbia sostenuto la continuazione dell’attacco militare contro Gaza. Le colleghe e i colleghi che hanno osato dissentire sono stati prontamente puniti dalle loro istituzioni con sospensioni, licenziamenti e, nel caso della collega Shalhoub-Kevorkian della Hebrew University, come è ormai noto, persino con la detenzione temporanea e la confisca temporanea del passaporto”.

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Le università sono uno specchio del paese. Gli interessi della cricca sionista sono strenuamente difesi dal governo, dalle Forze dell’Ordine, da una parte del mondo accademico e dalle baronie, dai media. Ma se la mobilitazione continua, le crepe nel muro di gomma della Repubblica Pontificia si allargano. Se la repressione colpisce chi si mobilita, le crepe si allargano ancora di più. Se le mobilitazioni non si fermano, le autorità devono iniziare a cedere, perché le università diventano ingovernabili. Devono ingoiare il rospo.
Ciò che le autorità sono costrette a ingoiare non mette certamente fine alla complicità della Repubblica Pontificia italiana con i criminali sionisti, ma rafforza tutto il movimento delle masse popolari.
Pertanto, avanti studenti! Per far saltare tutte le collaborazioni dell’Italia con lo Stato sionista d’Israele, per la liberazione della Palestina e per la liberazione del nostro paese dai vertici della Repubblica Pontificia.

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