Dal 4 al 14 aprile si sono svolte in tutta Italia proteste e iniziative in occasione del 75° anniversario della fondazione della Nato. La maggior parte di esse è il risultato di un percorso di coordinamento che – attraverso riunioni pubbliche online – ha visto la partecipazione di numerose realtà locali da Nord a Sud del paese.
Come dichiarato fin dall’appello iniziale del coordinamento promotore, l’obiettivo non era organizzare “grandi manifestazioni”, ma rendere visibile l’opposizione alla Nato attraverso molteplici e capillari iniziative territoriali, anche piccole ma simboliche. Effettivamente, nessuna delle iniziative ha visto una “partecipazione di massa” e questo ha alimentato, a posteriori, un dubbio: quelle iniziative hanno mostrato una vitalità della mobilitazione che deve essere curata e sviluppata oppure hanno messo a nudo “l’esiguità delle forze” disposte a mobilitarsi?
Dare una risposta a questa domanda è utile non solo in termini di bilancio, ma anche e soprattutto per definire le linee di sviluppo. Diamo un contributo in questo senso.
Quella che, per semplificare, definiamo “la settimana di mobilitazione contro la Nato” ha dimostrato che nel paese esiste una schiera di organismi territoriali, movimenti e reti che tengono viva e alimentano la lotta contro la Nato e la guerra. Ciò non è affatto una questione secondaria. In una fase in cui pesano come un macigno sia la sconfitta subita nel 2003 dal movimento contro la guerra (l’enorme mobilitazione che, però, non impedì l’aggressione all’Iraq) che l’asservimento dei tradizionali centri autorevoli della mobilitazione popolare (sindacati di regime, grandi associazioni nazionali) ai governi guerrafondai delle Larghe Intese, l’esistenza di organismi territoriali che lottano contro la Nato, la guerra e la militarizzazione della società è la base – ferma e solida – da cui partire per alimentare una mobilitazione di massa.
Non solo. Il percorso di costruzione delle iniziative ha favorito lo scambio di esperienze e ha permesso di compiere alcuni passi nello sviluppo di un legame tra i vari organismi territoriali. Sarebbe miope valutare i risultati di questa mobilitazione, in questa fase, principalmente usando il metro della partecipazione alle iniziative, ma soprattutto è completamente sbagliato concentrarsi su questo dato, trascurando la cura degli organismi e i passi concreti da fare per promuovere il loro coordinamento.
Le domande da porsi, dunque, sono se, quanto e come gli organismi territoriali sono usciti rafforzati da questa esperienza e se, quanto e come sono state create condizioni più favorevoli al loro coordinamento.
In questo momento non abbiamo risposte esaustive. Ma abbiamo chiaro che l’unica strada per alimentare un movimento di massa contro la guerra, la Nato, le basi, le servitù, i poligoni militari e le armi nucleari è curare il fronte degli organismi che ne sono i promotori. La mobilitazione si sviluppa solo se qualcuno la promuove.
Si sono svolte 25 iniziative “coordinate” a Milano, Brescia, Solbiate Olona (VA), Bologna, Livorno, Roma, Firenze, Perugia, Piazza Armerina (EN), Cagliari, Trento, Napoli, Lecce, Catania, Pisa, Trieste, Pontedera (PI), Sigonella (CT), Amendola (FG).
Altre mobilitazioni sono state promosse anche al di là del coordinamento suddetto. Tra queste, il corteo cittadino di Napoli duramente caricato dalla polizia per evitare che i manifestanti raggiungessero il teatro S. Carlo dove si svolgevano le “cerimonie ufficiali”. La repressione non ha, però, impedito che in teatro venisse esposto uno striscione di protesta.