Alcune settimane fa abbiamo intervistato Stefania Ascari per conoscere meglio l’iniziativa dell’intergruppo parlamentare – M5s, Avs, Pd – che a inizio marzo ha inviato una delegazione a Rafah per toccare con mano e denunciare i crimini dei sionisti.
Da quando la delegazione parlamentare ha intrapreso quella missione a oggi sono successe parecchie cose. Alcuni parlamentari che vi hanno partecipato hanno tenuto iniziative di denuncia e solidarietà col popolo palestinese, ma soprattutto si sono moltiplicati i crimini dell’esercito sionista e le manovre dello Stato d’Israele per estendere la guerra a tutto il Medio Oriente.
Come già a inizio marzo, ma molto più di allora, è evidente agli occhi del mondo che Israele sta conducendo un genocidio contro il popolo palestinese, con la complicità dei governi della Comunità Internazionale, compreso quello italiano.
Pubblichiamo oggi l’intervista perché è un esempio plateale della contraddizione fra le aspirazioni di pace e la solidarietà al popolo palestinese, da una parte, e la realtà concreta, la politica concreta, l’iniziativa concreta, dall’altra. Stefania Ascari, coordinatrice dell’intergruppo parlamentare, è una delle poche voci a sostegno del popolo palestinese nel parlamento italiano, ma è anche esponente di un partito, il M5s, che ha votato con il governo Meloni e il Pd per le missioni militari nel Mar Rosso.
Prima dell’intervista un’avvertenza ai lettori e un ultimo inciso.
L’avvertenza riguarda il fatto che l’intervista è stata raccolta in forma scritta – e ringraziamo Stefania Ascari per la disponibilità – ma ciò ha inficiato che si sviluppasse un dibattito più approfondito.
L’inciso riguarda la campagna elettorale in corso. L’esempio dell’intergruppo parlamentare non dimostra affatto che ci sono partiti o candidati a cui “è lecito dare fiducia” in ragione delle posizioni di questo o quell’esponente o a cui appaltare la lotta per sottrarre l’Italia dal sostegno al genocidio in Palestina e dalla sottomissione alla Nato. Dimostra che ci sono appigli che i promotori della mobilitazione popolare, gli organismi, le reti e i movimenti, possono afferrare per trasformare le liturgie della campagna elettorale (chiacchiere, discorsi, opinionismo) in iniziative “di rottura”; che ci sono tendenze da valorizzare per allargare le crepe nel fronte delle Larghe Intese. Anche questa intervista dimostra, pur parzialmente, quali sono le condizioni dell’irruzione nella campagna elettorale, la sua utilità e i suoi obiettivi.
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A inizio marzo hai fatto parte di una delegazione parlamentare che si è recata al valico di Rafah, tra l’Egitto e la Striscia di Gaza. Puoi illustrarci sinteticamente le motivazioni, gli obiettivi e i risultati? Avrà un seguito?
Si tratta di una iniziativa che con il M5s abbiamo promosso all’interno dell’intergruppo parlamentare per la pace tra la Palestina e Israele che coordino e che è stata organizzata dalla rete Aoi, in collaborazione con Amnesty International Italia, Arci e Assopace Palestina.
La delegazione di circa 50 persone, tra parlamentari, cooperanti e giornalisti, ha raggiunto il valico di Rafah con l’obiettivo di ribadire, dalla frontiera più calda, il cessate il fuoco e di seguire il percorso dei convogli umanitari. Abbiamo poi incontrato organizzazioni palestinesi di Gaza per la difesa dei diritti umani e agenzie delle Nazioni Unite e informato la Presidente Meloni, attraverso una lettera aperta, del quadro apocalittico di cui siamo stati testimoni e della volontà criminale di Israele di annientare il popolo palestinese, come dimostrano gli oltre 1.500 camion di aiuti umanitari bloccati al valico.
L’intergruppo continua a lavorare quotidianamente, a tenere incontri e a intervenire nell’ambito dei lavori parlamentari per sollecitare il governo italiano a far sentire la propria voce. Certamente ci saranno presto nuove iniziative.
La rappresaglia dello Stato sionista d’Israele contro il popolo palestinese, che ha assunto e ha la forma e il contenuto di un genocidio, ha alimentato un vasto movimento di solidarietà con la causa palestinese in tutto il mondo. Quali sono le tue considerazioni rispetto alla questione palestinese?
Per tanto tempo in Occidente sulla questione palestinese ha prevalso un doppio standard, tra i media e l’opinione pubblica, che ha portato a minimizzare le sofferenze dei palestinesi disumanizzandoli e a enfatizzare il pericolo percepito da Israele.
Un errore frutto di una scarsa conoscenza e di una mancata contestualizzazione dei fatti. Chiunque osasse denunciare le sofferenze del popolo palestinese, veniva accusato di antisemitismo.
Ancora oggi accade, però i crimini commessi da Israele sono così plateali che il movimento di solidarietà con la causa palestinese si è arricchito di sempre più voci. E finalmente ora si scende anche nelle piazze per chiedere la pace, il cessate il fuoco, la fine dell’occupazione illegale e il riconoscimento dello Stato di Palestina.
È chiaro l’appoggio e l’apporto di Usa, Ue e Nato ai sionisti nella loro opera contro il popolo palestinese, cosa questa che si riflette anche negli enormi interessi economici, finanziari e accademici che Israele vanta nel nostro paese. Quali sono le tue considerazioni rispetto al ruolo del governo Meloni nel garantire questi interessi e nel supportare attivamente il progetto e l’azione sionista in Palestina?
Oggi anche il silenzio è complicità. Da mesi sosteniamo a gran voce che il governo italiano non può girarsi dall’altro lato rispetto al massacro che l’esercito israeliano sta compiendo ai danni della popolazione di Gaza e abbiamo ripetutamente chiesto che la Presidente Meloni e il Ministro Tajani prendessero una posizione forte e chiara, inequivocabile, contro i crimini e le violazioni del diritto internazionale commessi da Netanyahu. Ma le parole di ferma condanna che aspettavamo non sono mai arrivate.
In questi giorni abbiamo appreso che un cittadino di Gaza, l’avvocato Salahaldin, a cui alla fine del 2023 sono stati uccisi ben sei familiari e che ha perso tutto ciò che aveva a causa dei raid israeliani al fosforo bianco, ha intentato una causa al governo italiano per corresponsabilità civile e complicità nelle violazioni di diritti umani consumate dalle autorità israeliane a Gaza. Attendiamo la risposta del tribunale di Roma, quel che è certo è che non è più tempo per i silenzi perché ogni silenzio oggi pesa come un macigno.
La terza guerra mondiale è già in atto: la strage del 22 marzo al Crocus City Hall di Mosca ha imposto un balzo nella spirale della guerra. Che riflessioni fai della situazione attuale, della guerra, la sua tendenza e le sue ricadute?
È chiaro che la strategia militare adottata finora si è rivelata completamente fallimentare e ci sta portando a una escalation su cui da tempo cerchiamo di mettere in guardia.
Gli sforzi diplomatici per la pace oggi devono essere centrali, perché bisogna rimediare a tutti gli errori che sono stati fatti. Il nostro paese ha conosciuto la guerra, sa cosa significa e quanta morte e distruzione porta con sé. Dobbiamo assolutamente scongiurare il rischio di una terza guerra mondiale.
Anche il nostro paese è in guerra, come ben dimostrano le missioni militari italiane nel Mar Rosso dove la velina dello “a scopo difensivo” non regge. In parlamento, il M5s ha presentato una mozione per dare una parvenza di pacifismo ed equidistanza al ruolo dell’Italia nell’operazione salvo poi sostenere queste misure. C’è dibattito dentro e intorno al M5s sulla questione? La pace e il rispetto della Costituzione sono da sempre valori fondanti del M5s, come spieghi questa votazione?
Il Movimento 5 Stelle è compatto per la pace e per il rispetto della Costituzione, senza alcun dubbio. Il sì alla missione Aspides è condizionato a una missione che sia solo difensiva e a patto di un aggiornamento costante del parlamento.
Se il clima dovesse mutare, valuteremo di conseguenza.