A più di tre anni dall’inizio della lotta contro la chiusura dell’azienda il Collettivo di Fabbrica degli operai della ex Gkn è entrato in una nuova fase della mobilitazione. Per concretizzare il progetto di reindustrializzazione per la fabbrica pubblica e socialmente integrata, i lavoratori hanno costituito tutte le forme giuridiche e organizzative necessarie (anche per sostenerlo economicamente): il gruppo solidali, la Società Operaia di Mutuo Soccorso, la Cooperativa Insorgiamo e l’azionariato popolare. Questo lavoro è stato svolto e legittimato dal sostegno del territorio, dalla mobilitazione di altre realtà solidali, sia nazionali che internazionali, e pure da una consultazione popolare per l’approvazione del finanziamento pubblico. Tutto sotto l’attacco costante prima di Francesco Borgomeo e poi del liquidatore da questi nominato, Gianluca Franchi.
I licenziamenti, dichiarati a ottobre 2023 dall’azienda, dovevano diventare definitivi il 1° gennaio 2024. Ancora una volta, come già successo a settembre 2021, la mobilitazione degli operai ex Gkn e dei solidali ha, però, costretto il Tribunale del Lavoro a dichiararli illegittimi (grazie anche a un ricorso presentato dalla Fiom che ha fatto leva sull’articolo 28 dello Statuto dei Lavoratori). Fallita la strada dei licenziamenti diretti, l’azienda ci riprova con il mancato pagamento degli stipendi. Tira avanti qualche mese a forza di incontri ministeriali disertati e altre false promesse, senza risultati. La legge 234 sulle crisi aziendali, altra conquista prodotta dalla mobilitazione degli operai ex Gkn, costringe la proprietà o a pagare gli stipendi o a chiedere una cassa integrazione straordinaria. La proprietà non procede né in un senso né nell’altro e spera in un licenziamento volontario, lento e silenzioso, degli operai costretti alla fame: se ne esce, infatti, con una proposta a dir poco ridicola, una buonuscita di 5 mila euro per chi si licenzia. Ma gli operai resistono e la lotta continua.
All’inizio di aprile il Collettivo di Fabbrica e i solidali, nell’ottica di capitalizzare tutto il lavoro fatto attorno alla realizzazione del loro progetto di reindustrializzazione, organizzano, in collaborazione con varie realtà nazionali e internazionali, la seconda edizione del Festival della Letteratura Working Class.
Fino a questo punto della vertenza la proprietà aveva adottato una linea difensiva basata sul seguente leitmotiv: noi abbiamo dei progetti, ma non possiamo andare avanti né presentarli, causa l’inagibilità dello stabilimento per la presenza di alcuni facinorosi.
Un ritornello banale e ridicolo ma che, grazie alla censura sulle attività dei lavoratori, a una stampa asservita e al silenzio assenso delle istituzioni, tiene. Certo è che la motivazione di Borgomeo non ha mai sfondato e l’azione degli operai ha sempre e instancabilmente dimostrato il contrario. Anche il Festival della letteratura Working Class è servito a rimarcarlo.
Nel tentativo disperato di sabotare questa iniziativa, il liquidatore è ripartito all’attacco, chiedendo prima a mezzo stampa e poi ufficialmente, che la vertenza della ex Gkn passasse dalle mani del Mimit a quelle del Ministero dell’Interno. Questa operazione azzardata non ha prodotto il risultato sperato, costringendo la proprietà a rilanciare ulteriormente. Una notte, a pochi giorni dal Festival, tre uomini a volto coperto entrano nello stabilimento e sabotano la centralina elettrica della fabbrica. Questo a breve distanza da una visita a sorpresa nello stabilimento del liquidatore accompagnato da alcune guardie private e da un elettricista.
Il sabotaggio spinge il Collettivo di Fabbrica e i solidali a reagire e a mobilitarsi con rinnovato vigore.
Il risultato è che il Festival vede migliaia di presenze e a esso si affianca l’organizzazione di un corteo cittadino di 5 mila persone.
In questi anni, nonostante tutti i tentativi di sabotaggio, prima indiretti e adesso diretti della proprietà, gli operai hanno avuto la capacità e la forza di elaborare e via via definire un progetto di reindustrializzazione completo e dettagliato. Il progetto ufficiale è imperniato attorno alla produzione di pannelli fotovoltaici non standard e il riciclo dei pannelli esauriti. I legami con alcune produzioni solidali in questo campo, ha fatto sì che in poco tempo arrivassero i pannelli, che adesso alimentano il presidio della fabbrica.
Campagna per l’intervento pubblico. Non manca niente al progetto di reindustrializzazione degli operai. Tutte le carte sono in regola. Manca solo “la volontà politica di attuarlo”, dicono gli operai rivolgendosi alle istituzioni. Manca il finanziamento pubblico.
Di finanziamenti pubblici le aziende, in verità, ne ricevono talmente tanti che è difficile anche quantificarli, solo che, concessi da governi amici dei padroni, essi hanno l’unico scopo di socializzare i debiti e depredare il patrimonio pubblico in favore di multinazionali e fondi di investimento. Al di fuori di questo, le istituzioni locali hanno sempre dichiarato di essere impotenti e che il finanziamento di progetti industriali è una questione che riguarda il governo. Per questi motivi, nell’ambito della campagna per l’intervento pubblico qui e ora,gli operai, assieme ad alcuni giuristi solidali, hanno elaborato una legge regionale che è stata presentata proprio al Festival della Letteratura Working Class.
Si tratta di una legge in cui viene definito che la Regione Toscana, in riferimento a tutte le leggi di difesa dell’interesse pubblico a partire dall’articolo 117 della Costituzione, in casi di crisi industriali può, detto in parole povere, “regionalizzare” la fabbrica e farla gestire da consorzi e cooperative costituite dagli operai.
Attorno a questa proposta il Collettivo di Fabbrica ha iniziato a mobilitare vari esponenti della politica e delle istituzioni locali. Nel momento in cui scriviamo, a sostegno di questa legge il 15 aprile è stata approvata dal Consiglio Comunale di Firenze una mozione; è inoltre partito un appello di Enzo Brogi, ex consigliere regionale, responsabile del Dipartimento diritti del Pd regionale, mentre un altro appello è stato promosso da Anna Marson, professoressa ordinaria di pianificazione e progettazione del territorio all’Università Iuav di Venezia e già assessore alla pianificazione del territorio per la Regione Toscana; una mozione è stata poi proposta da Francesco Auletta di Diritti in comune (Una città in comune-Unione Popolare) al Consiglio comunale di Pisa.
Insomma, adesso non ci sono più scuse. Nascondere la testa sotto la sabbia e dichiararsi impotenti non è più un’opzione, occorre schierarsi: o con Qf e Borgomeo o con gli operai e il territorio. Intanto la Rsu delle lavoratrici e dei lavoratori della Regione Toscana ha già scelto da che parte stare e ha pubblicato un appello di sostegno a questa iniziativa.