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Domande apparentemente retoriche
*se ne possono aggiungere varie altre…
1. Chi impone un modo di produzione – dal modo di produzione dipendono TUTTE le relazioni sociali – fondato sull’esaurimento delle risorse e sulla supremazia del profitto, anche a costo di compromettere definitivamente l’ambiente, il clima e le condizioni della vita sulla terra?
2. Chi ostacola con ogni mezzo le misure che sono già possibili per combinare la produzione di beni e servizi con la tutela dell’ambiente e dei territori?
3. Chi è alla testa della denigrazione, della ridicolizzazione, della criminalizzazione e della repressione verso coloro che si attivano e si mobilitano per fare fronte al disastro, anche ambientale, verso cui stiamo andando incontro?
Risposte apparentemente scontate
*non ce ne sono altre possibili
I governi italiani, dal 1945 a oggi, hanno operato in nome “del popolo sovrano”, ma per conto dei grandi gruppi industriali, delle corporazioni e delle strutture politiche e militari sovranazionali che la classe dominante si è data nel corso del tempo (Nato, Ue).
Le condizioni in cui versa oggi il nostro paese sono del tutto simili a quelle degli altri paesi in cui i grandi gruppi industriali e le loro strutture nazionali e sovranazionali hanno avuto e hanno mano libera. E infatti:
– all’emergenza ambientale e climatica rispondono con una montagna di chiacchiere, il greenwashing, la devastazione dei territori e le speculazioni;
– all’emergenza economica rispondono aggravando lo sfruttamento sui posti di lavoro, aumentando la precarietà e con le misure di “guerra ai poveri”;
– di fronte alla crisi generale alimentano la terza guerra mondiale. Sono complici nel genocidio del popolo palestinese.
Nel nostro paese, inoltre, il governo Meloni ha una specifica caratteristica: mentre aggrava la sottomissione alla Nato e alla Ue – altro che “sovranista” – trasuda più o meno sfacciatamente le nostalgie per il Ventennio fascista e ha riempito le istituzioni dei nipoti di fucilatori di partigiani. Questo lo si vede, soprattutto, per il balzo compiuto in Italia dal razzismo di Stato e dalla repressione sempre più dispiegata (non solo denunce, fogli di via, processi, ma anche divieti di manifestare e manganellate, in un clima di crescente restrizione degli spazi di agibilità politica).
A fronte di questa situazione, la mobilitazione popolare cresce. Cresce nelle scuole, nelle università, nelle aziende, nei quartieri e nei territori. Non è vero che “non si muove niente”. Una miriade di iniziative e di mobilitazioni si susseguono. È la parte più sana del paese che cerca la strada per cambiare il corso delle cose. La ribellione e la mobilitazione cresceranno ancora, tanto più impetuosamente quanto efficacemente si rimuovono gli ostacoli al loro sviluppo:
1. l’illusione che sia sufficiente protestare e chiedere alla classe dominante di cambiare il corso delle cose per cambiare effettivamente il corso delle cose;
2. le resistenze a convergere in un unico movimento unitario, in nome delle particolarità e specificità di ogni singolo movimento.
Entrambe le questioni si possono affrontare positivamente, e superare, nella lotta per una nuova liberazione nazionale dalla Nato, dai sionisti e dalla Ue. Serve mobilitarsi per cacciare il governo Meloni e sostituirlo con un governo di emergenza popolare.