Quando gli Usa, l’Ue e i sionisti chiamano, il governo Meloni risponde. E obbedisce anche a costo di approvare o modificare le leggi che glielo impediscono. Lo stesso impegno il governo Meloni non lo mostra invece per l’attuazione delle politiche di cui le masse popolari hanno bisogno. A fronte dei continui finanziamenti per le armi e per la guerra, nessuna misura è prevista per la sanità pubblica, che per questo governo, può continuare a naufragare insieme ai suoi lavoratori e alle masse popolari che ne usufruiscono.
È di qualche giorno fa la notizia dell’approvazione al Senato della riforma, voluta dalla maggioranza di governo, che modifica la legge 185/1990 sull’export di armi italiane che attualmente garantisce la trasparenza sul comparto e sui finanziamenti privati che lo alimentano. In sostanza con la riforma non si avrà più traccia dei flussi di armi e verrà cancellata la lista delle banche armate, che da 30 anni permette al parlamento e alle masse popolari di conoscere quali sono le banche che finanziano la produzione e l’esportazione di armi e per quali importi.
Se ci fosse ancora qualche dubbio sulla sudditanza del governo Meloni, e dei partiti che gli fanno “opposizione”, agli imperialisti Usa, Ue e sionisti, la lista può continuare. Dopo l’approvazione della missione AUNAVFOR Aspides dello scorso 19 febbraio da parte del Consiglio affari esteri dell’Unione europea, destinata ad occupare militarmente il Mar Rosso per difendere gli interessi dello Stato sionista d’Israele con la scusa di assicurare la protezione del traffico mercantile dagli attacchi dei ribelli Houthi Yemeniti nel Mar Rosso, il governo ha dovuto accelerare l’iter parlamentare di approvazione della missione e di conseguenza di tutte le altre.
È così che su spinta del ministro della difesa Crosetto, lo scorso 5 marzo sono state approvate le modifiche alla legge quadro sulle missioni internazionali, la legge 145/2016, che rendono più veloce la procedura per mobilitare forze militari nei teatri di guerra ed eliminano l’obbligo del parere parlamentare per approvare la ripartizione delle risorse per le singole missioni.
Mentre il governo Meloni è occupato a nascondere i numeri della guerra imperialista e a fare il diavolo a quattro per eliminare qualsiasi ostacolo che vi impedisca la partecipazione diretta e immediata dell’Italia, nel nostro paese anche i lavoratori della sanità e le masse popolari hanno una guerra da combattere. È quella contro lo smantellamento del Servizio sanitario nazionale (Snn), al quale questo governo ha contribuito ampiamente attraverso manovre che, come bombe, stanno distruggendo la sanità pubblica. Tra queste ci sono quelle contenute nell’ultima legge finanziaria, dove i circa 3 miliardi stanziati dovevano bastare a coprire il rinnovo del contratto del personale sanitario e a potenziare i servizi sanitari, privati compresi. Per non parlare della legge sull’autonomia differenziata che appalta la potestà legislativa in materia di sanità pubblica alle regioni.
Il risultato di questa guerra è che nei pronto soccorso degli ospedali pubblici italiani mancano circa 4.000 medici d’emergenza e 175.000 infermieri, mentre quelli che operano sono sottopagati, privi di strumentazione e DPI adeguati, sottostanno a ritmi e carichi di lavoro incompatibili con la sicurezza e la salute sia loro che dei pazienti di cui sono responsabili.
L’aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza (Lea), cioè le prestazioni mutuabili, è inoltre bloccato dal 2017 e la scadenza prevista per il 1 aprile di quest’anno è stata posticipata dal ministero della salute a gennaio 2025. Il governo Meloni trova il tempo per mandare armi e uomini in guerra, ma continua a impedire alle masse popolari, specie a quelle delle regioni del sud, l’accesso a prestazioni a cui avrebbero diritto, come la procreazione medicalmente assistita, le attività specialistica ambulatoriale per la cura dei disturbi alimentari, la diagnosi e il monitoraggio della celiachia, gli screening neonatali, l’adroterapia per i tumori, gli ausili informatici e di comunicazione per disabili, le protesi avanzate per le disabilità motorie. Nell’ultimo report Istat, che analizza la spesa sanitaria delle famiglie nel 2022, emerge inoltre che il 3,2% della popolazione del nostro paese ha rinunciato a curarsi perché non se lo poteva permettere e le condizioni delle masse popolari non sono certo migliorate nell’ultimo anno e mezzo!
Appurato che la priorità del governo Meloni e degli altri partiti delle Larghe Intese è quella di ritagliarsi un posto nella terza guerra mondiale in corso su ordine dei gruppi imperialisti Usa, Ue e sionisti, per i lavoratori della sanità e per le masse popolari la priorità è oggi quella di cacciarli dal governo del paese.
È con questo obiettivo che i lavoratori della sanità e il resto delle masse popolari organizzate in associazioni o comitati a tutela del diritto alla salute, a partire dai lavoratori dell’ospedale Mayer di Firenze già in lotta contro i sionisti , fino alla Consulta salute e sanità di Napoli, devono mobilitarsi subito!
E devono farlo partecipando in massa e portando le loro istanze alla manifestazione di sabato 20 aprile sui temi della salute e sicurezza sul lavoro promossa da Cgil e Uil. Devono farlo riempiendo le piazze e le mobilitazioni del 25 aprile per portare parole d’ordine di organizzazione e lotta per liberare la sanità pubblica dalla gestione criminale del governo Meloni e di qualsiasi altro governo delle Larghe Intese. Per strapparla dalle mani dei guerrafondai che approvano leggi ad hoc per finanziare le loro guerre tagliando sulla salute e la sicurezza dei lavoratori della sanità e sui servizi essenziali che servono alle masse popolari.
Devono farlo irrompendo nella campagna elettorale per le prossime elezioni europee!
Missioni militari italiane all’estero, quanto ci costano?
In Europa
1. “Joint Enterprise” in Kosovo (ma con ramificazioni anche in Bosnia), operazione condotta in ambito NATO, prevede un contingente massimo di 1.550 militari e dispone di 455 mezzi terrestri e 1 aereo per un costo di 112,1 milioni;
2. “EUFOR Althea”, in Bosnia Erzegovina in ambito UE. Impiega 247 unità, con 53 mezzi terrestri e 4 aerei e un costo previsto è di 23,3 milioni;
3. “United Nations Peacekeeping Force in Cyprus” (UNFICYP) missione ONU a Cipro, con 5 militari e 400 mila euro di costo;
4. “Sea Guardian” (in ambito NATO) dispiegata nel Mediterraneo, impiega 268 unità, con 2 mezzi navali, più 2 mezzi aerei. Il fabbisogno finanziario complessivo è di 9,8 milioni;
5. “EUNAVFOR MED Irini” in ambito UE si sviluppa nel teatro di operazioni del Mediterraneo e impiega 459 militari, con 2 mezzi navali e 3 aerei; il costo è pari a 36,6 milioni;
6. “EUMAM Ucraina” (European Union Military Assistance Mission), avviata lo scorso anno in ambito UE e destinata alla formazione/addestramento di militari ucraini. Questo impegno di cui si conoscono poche informazioni, assorbe 80 militari, per un costo complessivo di 10,3 milioni;
7. “Mediterraneo Sicuro”, impiega un articolato dispositivo aeronavale di presenza/sorveglianza nel Mediterraneo centrale e orientale su base esclusivamente nazionale; al cui interno si aggiunge la missione di supporto alla Marina Libica, con potenziale ulteriore supporto anche alla missione “Levante”. Sostanzialmente invariata la consistenza massima del Personale autorizzato e pari a 822 militari, con 6 mezzi navali (uno dei quali dedicato proprio all’assistenza della Marina Libica) e 8 mezzi aerei; il fabbisogno finanziario è indicato in 132,3 milioni;
8. “Potenziamento del dispositivo per la sorveglianza dello spazio aereo dell’Alleanza” in ambito NATO, impiega 75 unità di personale per il 2024 con 3 mezzi aerei. Il costo è fissato in 20,6 milioni e anche per questa missione sarà possibile la collaborazione con l’altro dispositivo NATO in ambito sorveglianza/protezione dello spazio aereo, quello cioè di “Air Policing/Air Shielding”;
9. “Potenziamento del dispositivo per la sorveglianza navale dell’area di responsabilità dell’Alleanza”, che si traduce nella partecipazione del nostro Paese alle “Standing Naval Forces” della NATO che operano poi sia nell’ambito del fianco Sud, sia in quello Nord. L’Italia impiega 452 militari, 3 mezzi navali e 2 aerei con un fabbisogno di 49,3 milioni.
10. “Potenziamento dell’Air Policing e dell’Air Shielding della NATO per la sorveglianza dello spazio aereo dell’Alleanza”, attività condotta in quei Paesi per l’appunto dell’Alleanza che non posseggono le capacità sufficienti ad assicurare in proprio la difesa dello spazio aereo. Impiega 300 unità di personale, con 12 mezzi aerei per un costo di 70,9 milioni;
11. “Potenziamento della presenza della NATO nell’area sud-est dell’Alleanza (enhanced Vigilance Activities– Forward Land Forces). Prevede la presenza in più Paesi (in Bulgaria in particolare ma anche in Ungheria, Romania e Slovacchia). Sono impiegate 2.340 unità di personale, ben 1.052 mezzi terrestri e 9 mezzi aerei. Il costo previsto è di 170,9 milioni;
12. “Potenziamento della presenza della NATO in Lettonia (enhanced Forward Presence – Forward Land Forces)”. Un impegno avviato nel 2016, come misura di rassicurazione per le Repubbliche Baltiche e la Polonia in funzione anti russa dopo il 2014. Il costo è di 35,4 milioni.
In Medio oriente
1. In Libano operano due diverse missioni. La prima è “United Nations Interim Force in Lebanon” (UNIFIL), in ambito ONU, il personale dispiegato è in leggero aumento fino a 1.292 unità, con un numero simile di mezzi terrestri (375), con un uguale numero di mezzi aerei (9) nonché navali (1) e un fabbisogno finanziario di 160,6 milioni; La seconda missione è invece a carattere Nazionale, ovvero la classica “MIssione BILaterale di addestramento” (MIBIL), in questo caso delle Forze di sicurezza Libanesi. Impiega un contingente dia 105 militari, per un costo di 8 milioni.
2. “MIssione BILaterale di addestramento (MIBIL)” ma a favore delle forze di sicurezza Palestinesi che quest’anno impegnerà 39 militari a un costo di 1,3 milioni.
3. Anche in Iraq la nostra presenza militare si caratterizza per lo schieramento di due diverse missioni. La prima è quelle che vede l’impiego della “Coalizione internazionale di contrasto alla minaccia terroristica del Daesh (o ISIS)”, che impiega 1.005 unità di personale, 180 mezzi terrestri e 16 aerei, con i suoi 242,1 milioni rimane la più costosa tra quelle prorogate e quelle nuove. La seconda è la “NATO Mission in Iraq (NM-I) per un costo di 17,3 milioni;
4. “United Nations Military Observer Group in India and Pakistan (UNMOGIP)”, missione minore in ambito ONU, impegna 2 militari per un costo di 200 mila euro;
5. Presenza di personale militare negli Emirati Arabi Uniti, in Kuwait e in Qatar (ma anche negli USA, presso la sede del “Central Command”), per le esigenze connesse con le varie missioni internazionali operanti in Medio Oriente. L’impegno complessivo è di 145 militari e 2 mezzi aerei per un costo di 23,7 milioni.
Le missioni in Africa
1. In Libia ne abbiamo due: la prima è la “United Nations Support Mission in Lybia” (UNSMIL) che prevede una sola unità di personale per una spesa di quasi 125.000 euro. La seconda è più nota ed è la “Missione bilaterale di assistenza e supporto”, è su base nazionale e impegna 200 uomini e un mezzo aereo per un fabbisogno finanziario di 25 milioni;
2. “Missione bilaterale di cooperazione” in Tunisia dove sono schierati ancora 15 militari per un costo di di 300.000 euro;
3. In Nigeri è presente la “missione bilaterale di supporto”, che con 15 militari costetà per il 2024 58,2 milioni. Sempre in Niger è presente la missione Europea EUMPM (European Union Military Partnership Mission); 20 militari impiegati per un costo di 1,8 milioni;
4. “Missione bilaterale di supporto” in Burkina Faso con 50 militari e 8 mezzi terrestri per un costo di quasi 1,1 milioni;
5. “United Nations Mission for the Referendum in Western Sahara” (MINURSO), nel Sahara Occidentale; impegno evidentemente in ambito ONU che prevede l’impiego di 2 militari per costo di 300 mila euro.
6.“Multinational Force and Observers” (MFO), in Egitto;, missione storica con 75 militari e dei 3 mezzi navali impegnati, per un costo di 7,3 milioni;
7. “European Union Training Mission” (EUTM), missione europea in Somalia, con 171 militari e 35 mezzi terrestri, con un costo di 19,6 milioni. Sempre in Somalia c’è anche la “Missione bilaterale di addestramento delle forze di polizia somale e gibutiane, di funzionari yemeniti e delle forze armate gibutine”, con uno schieramento di 115 militari e un impegno finanziario pari a 6,9 milioni;
8. “Base militare nazionale di Gibuti”, prevede la presenza di 115 militari e 9 mezzi terrestri, per un costo di 11,7 milioni;
9. “EUTM Mozambico”, missione Ue che conferma la presenza di 15 militari, per un costo di poco meno di 1,5 milioni; 10. “Dispositivo nazionale aeronavale nel Golfo di Guinea”, che risulta incentrato sulla presenza di una nave con 162 militari (e un mezzo aereo); il tutto per un costo di 11,9 milioni.
Dati raccolti dall’articolo Le missioni militari italiane all’estero nel 2024 – Analisidifesa.it