[Bologna] Besta: far crescere le radici del protagonismo popolare

Il comitato Besta, che da mesi porta avanti una lotta per impedire l’ennesima opera di cementificazione speculativa ai danni di una scuola e del parco nel quale essa è immersa nel quartiere San Donato di Bologna, ha ottenuto dopo un incontro con il sindaco Lepore, svolto lo scorso 8 aprile, la sospensione temporanea dei lavori e dell’uso delle forze dell’ordine per imporli alla cittadinanza. È, questa, una vittoria del movimento popolare, che già sta creando un effetto volano, come per l’eliminazione del progetto del sottopasso di Via Ferrarese o l’apertura del nuovo fronte di lotta nel quartiere Bertalia/Lazzaretto.

Tutto questo, innanzitutto, insegna a chi oggi si mobilita per mettere mano agli effetti sempre più devastanti della crisi del sistema capitalista che un gruppo anche piccolo di persone ma determinato ad andare fino in fondo può costruire una lotta di massa capace di far ingoiare la volontà popolare al partito unico della guerra e del cemento. Il fattore decisivo per lo sviluppo della mobilitazione è, infatti, la fiducia. La fiducia che le masse possono invertire il corso delle cose, che questa società può essere trasformata. Tale è la fiducia che la lotta delle Besta ha saputo infondere e per questo oggi a essa guardano tante lotte ambientaliste e non solo, a Bologna e anche oltre i nostri confini. Tale patrimonio è il concime, tutto naturale, grazie al quale ora dobbiamo far crescere radici ancor più profonde affinché nessun albero venga più abbattuto.

Una seconda questione è ciò che può facilmente concludere chiunque guardi, fuori dalla propaganda di regime, a quello che ha fatto il PD al governo della nostra città, della regione e del paese: Lepore non ha alcuna intenzione di “trattare”. Lepore e compagnia sono gli incaricati d’affari delle banche, di Legacoop e soci, che sui progetti di cementificazione speculano. Se dicono che vogliono “dialogare” è perché sono stati messi in difficoltà e fanno un passo indietro con la speranza di farne poi due avanti. Basta guardare come gestiscono le crisi aziendali: la linea dei padroni e delle Istituzioni è quella delle sabbie mobili dei tavoli ministeriali, regionali, in Prefettura eccetera, che puntano a ritardare e anestetizzare l’organizzazione e la lotta. Una lotta come quella della GKN ci insegna che, per non cadere in questa trappola, bisogna tenere, dal basso, l’iniziativa in mano.

Quindi, oggi, anche per le Besta non bisogna tenere il “profilo basso” per dare seguito all’interlocuzione con l’Amministrazione ma, al contrario, picchiare più duro. Bisogna usare il tempo guadagnato sul terreno per costruire una battaglia di livello superiore. In altri termini, grazie a una giusta risposta alla repressione, il movimento ha guadagnato l’opportunità di passare da una logica difensiva, dove il problema principale era come resistere allo sgombero, a una logica più offensiva, alla possibilità di rafforzarsi, di prendere l’iniziativa. La campagna elettorale per le europee e per le tante elezioni amministrative dei comini limitrofi, che è una spina nel fianco del PD, crea un terreno favorevole per questo tipo di attività (si possono e si devono, ad esempio, assediare i loro comizi, in cui vanno a rifarsi il trucco sulla nostra pelle). Tale opportunità, però, non si coglie da sola, consapevoli che questa è una guerra e in guerra chi non avanza, arretra.

E i fronti di questa guerra sono vari. Il primo è il quartiere. Il fronte immediatamente locale intorno al parco, dagli abitanti ai genitori della scuola. Bisogna dare per scontato che il PD farà di tutto per mettere in piedi gruppetti di pasdaran rinominati in “comitati” a favor di telecamera per dimostrare che la speculazione edilizia e la devastazione ambientale hanno un certo sostegno fra le masse. È una cosa che fanno spesso anche i padroni coi crumiri in azienda quando una vertenza rischia di scappargli di mano. È la forza della lotta che li porta a questa attività. Ecco, la vera mobilitazione e la vera cura del quartiere, invece, è responsabilità di chi già oggi è in mobilitazione: il parco deve diventare un punto di riferimento per gli abitanti. Doposcuola, spazio bimbi, sportelli per il diritto alla salute, per il lavoro. Rendere militante attivo chi oggi vive il parco ogni giorno, portare capillarmente in ogni buca delle lettere del quartiere, in ogni strada, la voce del comitato, quello che il parco fa per il quartiere.

Un altro fronte, poi, è quello del legame con il resto della lotta di classe in città e nel paese. La GKN con il grande corteo del 22 ottobre ce l’ha insegnato: il legame fra le lotte contro lo smantellamento dell’apparato produttivo e le lotte per l’ambiente, per i diritti civili e contro la guerra è un legame concreto, che esiste nelle realtà. I palazzinari e le banche che vogliono fare del centro di Bologna una vetrina invivibile e organizzare il sacco di quartieri come San Donato, sono gruppi d’affari come quelli che comprano e chiudono le aziende o che partecipano all’azionariato di Autostrade. Le diverse lotte per l’ambiente a partire da quella per il Passante, la lotta per il lavoro e per la sicurezza sul lavoro, contro il tram e la Città 30, contro la presenza dei sionisti e della NATO sul nostro territorio sono già oggettivamente ambiti di un comune fronte di guerra contro un comune nemico. Per esserlo anche soggettivamente bisogna convergere, fare del parco un centro catalizzatore e di convergenza popolare.

E tale fronte non può solo essere “contro” ma deve costruire un suo indirizzo per la città, deve “farsi classe dirigente”. Così come la GKN fece appello ai tecnici solidali per presentare la legge contro le delocalizzazioni e per la riconversione della loro fabbrica, così come il Movimento NO TAV ha incessantemente esercitato il controllo popolare dei progetti istituzionali elaborando anche progetti alternativi dal basso, è il momento anche qui a Bologna di elaborare un progetto alternativo per la scuola, per il quartiere. Un progetto alternativo non da presentare all’Amministrazione (che, ribadiamo, non ha alcuna intenzione di “ascoltare”), ma alla cittadinanza, così come, sempre in GKN, organizzarono un referendum popolare che portò alle “urne” più persone delle primarie del PD.

C’è, infine, il fronte interno che deve fare il salto adeguato al passo avanti fatto nella lotta. Anche in questo caso sono le lotte dei lavoratori a darci insegnamenti: per gestire una mobilitazione di massa serve, urge, organizzazione. I lavoratori della GKN non sarebbero mai potuti resistere fin qui senza la forza dell’organizzazione. Prendersi cura del parco e delle persone che lo vivono, darsi delle regole di condotta, significa costruire un servizio d’ordine, squadre di lavoro, un sistema di direzione collettiva e responsabilità individuale. Tale esigenza viene dalla lotta stessa e darle seguito è nell’interesse della lotta stessa e, dunque, della collettività.

Convergere su lavoro, salute e ambiente! Assediare il Partito del cemento e della guerra fino a cacciarlo!

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