I sindacati di base operanti nel Trasporto Pubblico hanno dato tre sonore batoste al governo Meloni, nel giro di pochi giorni. Sono vittorie piccole, ma significative perché coinvolgono un settore che conta circa la metà del numero complessivo di ore di sciopero fatte nel 2023 e perché, anche storicamente, le categorie di ferrovieri e autisti sono fra le avanguardie di lotta del movimento operaio fin dal Biennio Rosso.
La prima “legnata” è la costituzione dell’Assemblea Nazionale dei Lavoratori della Manutenzione delle ferrovie, che conta circa tremila aderenti. Ha mostrato le sue potenzialità con la manifestazione organizzata a Roma il 13 marzo, a cui hanno partecipato 1500 lavoratori, in occasione di uno sciopero (il secondo in due mesi) largamente partecipato. Segue la costituzione, nel 2022, del Coordinamento Macchinisti Cargo, “nato nelle svariate assemblee con i lavoratori di Mercitalia Rail, prima autoconvocate e poi costituite in coordinamento” per usare le loro stesse parole.
La seconda è arrivata dal Tar del Lazio che, su spinta del ricorso presentato dai sindacati di base, ha riconosciuto l’inconsistenza delle motivazioni con cui il ministro Salvini aveva precettato i lavoratori per lo sciopero del Trasporto Pubblico Locale del 15 dicembre 2023, già rimandato dal mese di novembre proprio per non incappare nei divieti delle leggi anti sciopero usate come un manganello dalla Commissione Nazionale di Garanzia.
La terza legnata è stato lo sciopero di macchinisti e capitreno in Trenord e RFI indetto da CUB, SGB e USB per l’intera giornata di domenica 23 marzo. La protesta prendeva di mira il recente rinnovo del CCNL sottoscritto dai sindacati di regime che peggiora le condizioni di lavoro nelle Ferrovie ed era in concatenazione con quello dei lavoratori della Manutenzione del 13 marzo.
La mobilitazione ha raggiunto adesioni eclatanti che non si vedevano da anni. In alcune regioni come la Toscana e il Lazio si è fermato circa l’80% dei treni, le stazioni si sono praticamente bloccate e ci sono stati ritardi e cancellazioni anche sui treni ad Alta Velocità. È evidente che hanno scioperato tanti lavoratori iscritti ai sindacati di regime oppure lavoratori senza tessera e questo, oltre a essere una conseguenza diretta del progressivo peggioramento delle condizioni di lavoro, è stato possibile grazie al lavoro certosino e capillare dei tre sindacati di base.
Si tratta di tre vittorie che hanno un peso sul piano sindacale, ma anche politico. Rafforzano le posizioni e il prestigio dei sindacati di base agli occhi dei lavoratori, danno coraggio ai lavoratori per i prossimi scioperi e iniziative di lotta e danno una bella “sveglia” al governo dei nostalgici del Ventennio che ai diritti dei lavoratori e agli scioperi sono sempre stati allergici!
L’insegnamento principale che ne ricaviamo è che l’unità d’azione paga ed è vincente quando si superano tessere e orticelli, non ci si limita a dare addosso ai sindacati di regime, ci si muove su parole d’ordine precise indicando obiettivi chiari e concreti, adottando metodi di lotta adeguati.
La strada intrapresa dai sindacati di base nel settore trasporti è giusta e di prospettiva; su questa si deve cementare l’unità d’azione e il fronte anche in altri settori.
Sarà un fronte sempre più compatto e potente tanto più continuerà a basarsi sull’organizzazione degli operai come l’Assemblea Nazionale Ferrovieri della Manutenzione e il Coordinamento Macchinisti Cargo, organizzazioni operaie che insieme ai sindacati preparano minuziosamente lo sciopero e le altre iniziative di lotta, ne sviluppano i risultati per rilanciare l’attacco al governo Meloni.
Perché, in definitiva, questo è il bersaglio da colpire, l’ostacolo da rimuovere per cominciare a mettere mano seriamente alle tante vertenze di settore (Siderurgia, Trasporti, TLC, Automotive, Elettrodomestico), e anche a quelle di singole aziende come la GKN di Campi Bisenzio, la Magneti Marelli di Crevalcore e la IIA di Bologna e Valle Ufita (AV).
Bisogna cacciare il governo Meloni e sostituirlo con un governo di emergenza popolare che cominci a invertire la rotta fatta di sfruttamento, strage sui posti di lavoro, smantellamento di diritti e conquiste strappate negli anni Settanta.
La mobilitazione e gli scioperi dei ferrovieri e le “tre legnate” assestate dai sindacati di base del settore trasporti al governo Meloni sono un prezioso contributo in questo senso.