Sebbene non si tratti di elezioni politiche, la concatenazione di scadenze elettorali della prima metà del 2024 ha uno specifico peso sulla governabilità del paese, sulla stabilità del governo Meloni e sulla costruzione del fronte delle forze politiche, sindacali e sociali anti Larghe Intese.
Le elezioni regionali che si sono svolte in Sardegna e in Abruzzo, quelle che si svolgeranno in Basilicata e in Piemonte, le elezioni amministrative in molte città e le elezioni europee di giugno
- sono una sorta di referendum permanente pro o contro il governo Meloni a un anno e mezzo dal suo insediamento;
- sono una continua resa dei conti fra i partiti di governo in reciproca concorrenza (Fdi cerca di mantenere i voti raccolti nel 2022 nonostante abbia tradito tutte le promesse fatte ai suoi elettori, la Lega cerca di recuperare i voti che aveva perso nel 2022 dopo aver tradito tutte le promesse fatte ai suoi elettori, Forza Italia cerca di mantenere una sua posizione nel post Berlusconi);
- sono l’ambito in cui il polo Pd delle Larghe Intese, cercando di conquistare consenso, fa leva sulle ambizioni di “sconfiggere la destra” che cresce fra le masse popolari;
- sono l’ambito in cui si consuma la lotta nel M5s fra il cedere definitivamente all’abbraccio mortale con il Pd oppure assumere un ruolo più autonomo di opposizione alle Larghe Intese;
- sono l’ambito in cui far emergere le forze che sono effettivamente anti Larghe Intese sul terreno elettorale e rafforzarle.
È sufficiente considerare il terremoto provocato dai risultati delle elezioni in Sardegna per inquadrare il discorso e avere un riscontro della guerra per bande che incendia i piani alti della Repubblica Pontificia italiana. Ecco, nel caso delle elezioni europee dell’8 e 9 giugno la posta in gioco si alza e gli scontri per bande si acuiscono.
I risultati delle elezioni regionali in Sardegna (25 febbraio) hanno avuto l’effetto di un terremoto per il governo Meloni. Non solo per la sconfitta di Truzzu, candidato di Fdi, ma anche perché la scelta del candidato è stata il risultato di un lungo braccio di ferro fra Fdi e Lega. Dopo che sono volati gli stracci, l’unità della coalizione è stata garantita solo dall’intervento della Procura di Cagliari, che ha messo sotto indagine per corruzione Cristian Solinas, il governatore uscente fortemente sostenuto da Salvini.
La sconfitta delle destre in Sardegna ha dato la stura a un regolamento di conti che è stato mitigato dalla vittoria di Marsilio, Fdi, in Abruzzo (10 marzo). Ma è una tregua temporanea e fragile: non passa giorno che Fdi e Lega non si scambino qualche stoccata e qualche sgambetto. In un contesto in cui, va detto, le stoccate, gli sgambetti e gli scandali infuriano a destra e a manca.
Effetto elezioni europee (con valore di referendum pro o contro il governo Meloni). Per via giudiziaria o per via giornalistica, la cronaca politica è un’inesauribile fonte di gatte da pelare che si susseguono senza soluzione di continuità: dal rinvio a giudizio di Daniela Santanché per il caso Visibilia alla carica di Nordio contro la Magistratura, dal tentativo di commissariamento del Comune di Bari per infiltrazioni mafiose alla rimessa in circolazione delle foto di Giorgia Meloni con il clan spada a Ostia… E le elezioni sono l’8 e il 9 giugno…
Schieramenti antagonisti e interessi inconciliabili
La lista Pace Terra Dignità promossa da Michele Santoro, su cui apriremo una parentesi, va tenuta in considerazione per le sue particolarità, per il programma che promuove e i personaggi che la compongono, ma non può essere considerata la lista che serve per irrompere nella campagna elettorale. Pertanto, alle prossime elezioni europee non saranno presenti liste radicalmente anti Larghe Intese.
La prima avvertenza è di non cadere nel tranello secondo cui gli unici schieramenti in campo sono quelli dei partiti che sostengono il governo Meloni e quelli delle cosiddette opposizioni.
La verità è che, come altre volte – ma, dato il contesto politico generale, più di altre volte – gli schieramenti elettorali non corrispondono agli schieramenti degli interessi di classe: da una parte c’è il programma comune della borghesia imperialista perseguito sia dai partiti che sostengono il governo Meloni che dal polo Pd delle Larghe Intese (vedi il sostegno alla terza guerra mondiale promossa dai gruppi imperialisti Usa, sionisti e Ue) e, dall’altra, ci sono gli interessi delle masse popolari.
E qui occorre una seconda avvertenza. Anche se non ci sarà alcuna lista radicalmente anti Larghe Intese, cedere alla tentazione di disinteressarsi della campagna elettorale sarebbe un grossolano errore: significa precludersi l’intervento su un terreno ostile ai partiti delle Larghe Intese (l’aumento dell’astensionismo ne è la dimostrazione), in una fase in cui tanto il governo Meloni che la (finta) opposizione del Pd sono in estrema difficoltà nel dispiegare fino in fondo il loro ruolo di zerbini della Nato, dei sionisti e della Ue nel rendere l’Italia sempre più complice del genocidio contro il popolo palestinese e nell’alimentare la spirale di guerra in cui gli imperialisti stanno spingendo il mondo.
Anche se nessuna lista anti Larghe Intese sarà presente sulla scheda elettorale, la campagna elettorale è un’occasione per imporre con i fatti gli interessi delle masse popolari e alimentare l’ingovernabilità del paese ai partiti delle Larghe Intese.
Alcune settimane fa, sui giornali campeggiava un titolo: “Sulla guerra gli italiani la pensano come il Papa”. È vero l’esatto contrario: il Papa dice di pensarla come la maggioranza delle masse popolari! Confondere le acque è utile a chi intende riaffermare il concetto che “la storia la fanno i grandi personaggi”. La verità è che la storia la fanno le masse popolari che si organizzano, che si mobilitano e che diventano protagoniste della lotta di classe oggi.
Nel nostro campo
Ci capita spesso di ricevere la critica di essere troppo ottimisti: “Vedete possibilità dove non ci sono”, “indicate strade che sono difficili”, “indicate obiettivi per cui oggi non ci sono le forze e le condizioni”. Siamo consapevoli che anche il contenuto di questo articolo avrà la stessa accoglienza e rispondiamo “preventivamente” con due ordini di riflessioni.
Il primo attiene al metodo. È prerogativa dei comunisti indicare strade e porre obiettivi che “sono difficili”, ma possibili, stante le condizioni oggettive e lo scontro di classe in corso, a condizione che siano instancabilmente perseguiti valorizzando le tendenze positive che già esistono nel campo delle masse popolari e promuovendo il protagonismo degli organismi operai e popolari.
Se i comunisti si limitassero a denunciare il cattivo presente, a descrivere la barbarie e il degrado prodotti dal capitalismo, se si limitassero ai lamenti e ai piagnistei cosa farebbero di diverso dalla sinistra borghese?
Il secondo ordine di riflessioni entra nel merito dei sommovimenti nel campo delle masse popolari (organismi operai e popolari, movimenti, reti, organizzazioni e partiti della sinistra borghese, sindacati di base, sinistra dei sindacati di regime, ecc.) e nel movimento comunista cosciente e organizzato del nostro paese.
Negli articoli e nei comunicati pubblicati negli ultimi mesi abbiamo già affermato, in termini generali, che la campagna elettorale è ambito di intervento per bastonare il governo Meloni che sta annaspando; per rafforzare il campo anti Larghe Intese; per promuovere l’organizzazione e la mobilitazione delle masse popolari attraverso “iniziative radicali” oltre che la propaganda di programmi radicali.
Abbiamo anche detto – vedi in particolare il comunicato della Direzione Nazionale del P.Carc dell’1 febbraio “L’inganno delle elezioni europee e l’opportunità da cogliere” – che stavamo seguendo con attenzione le evoluzioni attorno alla possibilità di presentare una lista anti Larghe Intese, a cui non avremmo comunque delegato l’iniziativa durante la campagna elettorale.
Il 5 marzo, De Magistris ha rassegnato le dimissioni da portavoce di Unione Popolare; contestualmente una parte del Prc ha preso la decisione di sostenere attivamente la lista Pace Terra Dignità di Michele Santoro e il progetto di una lista Unione Popolare è naufragato, anche in ragione del proibitivo numero di firme da raccogliere.
Nel frattempo, il parlamento ha dimezzato il numero di firme (da 150 mila a 75 mila) e il 20 marzo la Direzione Nazionale del P.Carc ha mandato una lettera pubblica a Potere al Popolo e agli altri promotori e aderenti a Unione Popolare per “Rompere gli indugi e presentare alle elezioni europee una lista chiaramente schierata a sostegno della resistenza palestinese, contro la guerra, la Nato e tutti i loro sostenitori e complici, contro il governo di ultradestra di Giorgia Meloni e le sue politiche”.
Scrivevamo: “Non è facile, è vero, bisogna superare gli ostacoli (numero firme, soglie di sbarramento, chiusura degli spazi di propaganda nella Rai, pagata da tutti i cittadini, e nelle reti private) frapposti dalla borghesia e dal suo sistema di potere, a partire dalla raccolta firme: anche se dimezzate da 150 mila a 75 mila, sono comunque molte. Ma è possibile: nell’estate del 2022, in molto meno tempo e in un periodo meno favorevole, Unione Popolare e altre liste anti Larghe Intese sono riuscite a raccoglierle. È vero anche che, con un colpo di mano, il governo Meloni ha cambiato in corsa le regole per presentare le liste. Ma, proprio per questo, anziché affidarsi a San Mattarella, come fa il segretario del Prc, bisogna fare appello a tutti gli organismi popolari mobilitati in sostegno della resistenza palestinese e contro il genocidio sionista, contro la guerra, la Nato, il carovita, l’economia di guerra, ecc., ai partiti e alle organizzazioni del movimento comunista, a tutti quelli che nel Prc non sono d’accordo con la confluenza nella lista Santoro, che in definitiva fa la spalla del Pd (quindi delle Larghe Intese), ai fuoriusciti del M5S, a tutte le persone e gli organismi sinceramente contro le Larghe Intese di guerra, miseria e devastazione dell’ambiente.
In questo modo, già la raccolta firme mette in moto un percorso di convergenza delle forze politiche, sociali e sindacali che si oppongono al governo Meloni, avvia una campagna elettorale non solo di propaganda di programmi radicali ma anche di azioni radicali: di mobilitazioni contro la guerra e l’economia di guerra, contro la sottomissione del nostro paese agli imperialisti Usa-Nato (a partire dalla giornata contro la Nato del prossimo 4 aprile), contro la complicità con i sionisti e i diktat della Ue.
Il P.Carc è pronto a collaborare con il Coordinamento Nazionale di PaP per raccogliere le firme necessarie a presentare una lista di questo genere, a mobilitare organismi popolari, esponenti sindacali, sinceri democratici, ecc. perché facciano altrettanto e si impegna a partecipare con tutte le sue forze affinché l’operazione abbia successo” – “Lettera aperta a Potere al Popolo e agli altri aderenti a Unione Popolare”, 20 marzo 2024.
Nonostante alcuni riscontri positivi da una parte di Potere al Popolo e dal Pci di Mauro Alboresi, alla fine gli indugi non sono stati rotti: la maggioranza di Potere al Popolo non ha ritenuto che sussistessero le condizioni per procedere nella costruzione della lista con le forze che erano già favorevoli e le altre che si sarebbero aggregate. Quindi, nessuna lista anti Larghe Intese sarà presentata.
Detto in altri termini: l’irruzione nella campagna elettorale avverrà senza poter usare gli strumenti che sono prerogativa di una lista di candidati. Questo è l’aspetto negativo. Ma l’irruzione, tenendo conto delle diverse condizioni, avverrà ugualmente e questo è l’aspetto positivo.
Chiamiamo PaP, Pci e tutte le altre forze politiche, sindacali e sociali che sono chiaramente schierate a sostegno della resistenza palestinese, contro la guerra, la Nato, i sionisti, la Ue e tutti i loro sostenitori e complici a condurre assieme una campagna di rottura contro la Comunità Internazionale degli imperialisti, contro il governo Meloni e contro il sistema politico delle Larghe Intese.
Irrompere e portare le masse popolari a insorgere!
Per il ruolo che le elezioni ricoprono nel sistema politico della Repubblica Pontificia – servono ad ammantare di democrazia e consenso popolare le misure del programma comune della classe dominante imposte dai governi delle Larghe Intese – e per il ruolo particolare della tornata elettorale della prima metà del 2024, ogni mobilitazione, ogni lotta, ogni iniziativa è parte integrante della campagna elettorale: è una spina nel fianco del governo Meloni, è un appiglio che il polo Pd delle Larghe Intese cerca di afferrare per avere visibilità e raccogliere consenso, è – soprattutto – una dimostrazione dell’inconciliabilità di interessi fra le masse popolari e la classe dominante.
Fateci caso: in tempi (apparentemente) non sospetti in termini elettorali, i partiti delle Larghe Intese hanno persino provato a strumentalizzare l’omicidio di Giulia Cecchettin a fini propagandistici e sempre in termini elettorali sono strumentalizzati gli omicidi sul lavoro e la strage di migranti nel Mediterraneo. Anche le manganellate agli studenti di Pisa del 23 febbraio sono servite al Pd per ergersi a paladino dei diritti democratici, facendo finta di dimenticare le manganellate di appena un anno fa agli studenti che protestavano contro l’alternanza scuola lavoro e in solidarietà con gli studenti morti durante gli stage.
Tutte le mobilitazioni delle prossime settimane saranno strumentalizzate – usate come passerelle o additate come “grave minaccia per l’ordine costituito” – dove e quando le Larghe Intese riterranno conveniente farlo, oppure saranno represse, censurate e insabbiate. Ma le mobilitazioni delle prossime settimane inevitabilmente avranno al centro la resistenza al programma comune di lacrime e sangue della classe dominante: il no alla guerra, la condanna del genocidio contro il popolo palestinese, il rispetto e l’attuazione della Costituzione antifascista, le celebrazioni – al tempo della terza guerra mondiale – dei valori e delle conquiste della Resistenza, l’antifascismo popolare, la lotta contro lo smantellamento dell’apparato produttivo, la rottura della sottomissione alla Nato e alla Ue, la lotta contro la crisi climatica e la devastazione dell’ambiente, ecc.
Tutti temi che sono già sul piatto, sono all’ordine del giorno. Bisogna solo decidere – gli organismi operai e popolari, i partiti e le organizzazioni del movimento comunista, i movimenti, i sindacati di base, le reti sociali devono solo decidere – se lasciare ai partiti delle Larghe Intese la possibilità di usarli ai fini della loro campagna elettorale oppure usarli per irrompere noi nella campagna elettorale e farne uno strumento per rendere ingovernabile il paese e rafforzare il fronte delle masse popolari organizzate.
Differentemente dalle elezioni politiche del 2022, dove erano presenti varie liste anti Larghe Intese che si sono poste in reciproca concorrenza anziché condurre un’azione comune o per lo meno coordinata, l’assenza di liste sgombra il campo dallo spirito di concorrenza elettorale. Ciò è positivo, ma da solo questo non basta.
Bisogna concretamente fare un passo avanti nell’unità d’azione e nel coordinamento, alimentare e rafforzare il fronte anti Larghe Intese a partire dalle mobilitazioni del prossimo periodo: quelle contro la Nato in occasione del 75° anniversario della sua fondazione (4 aprile), quella del 25 Aprile per cacciare i sionisti e i guerrafondai e impedire l’usurpazione delle celebrazioni, quella del 1° Maggio e la miriade di mobilitazioni contro il genocidio e a sostegno del popolo palestinese.
Tutti quelli che remano per coltivare un orticello particolare agiscono di fatto contro gli interessi delle masse popolari!
Differentemente dalle elezioni politiche del 2022, dove erano presenti varie liste e altrettanti “programmi alternativi”, oggi di programmi alternativi, infarciti di promesse, buoni propositi e buone intenzioni calate dall’alto, non ce ne sono. E questo è un bene: il programma alternativo vive già nelle piazze, nelle aziende, nelle scuole; è molto concreto a partire dal netto NO alla guerra promossa dagli imperialisti e dal sostegno, senza se e senza ma, alla lotta di resistenza del popolo palestinese. Il NO alla guerra Usa/Nato permette un’ulteriore riflessione.
Non esistono mobilitazioni rivendicative contro la guerra! Non bastano petizioni, flash mob, manifestazioni più o meno grandi – tutte cose indispensabili sul piano della mobilitazione d’opinione – per chiedere alla classe dominante di fermare la spirale di guerra in cui le Larghe Intese stanno trascinando il paese, per finirla con la complicità alla Nato, ai sionisti e alla Ue. L’aspetto decisivo e di prospettiva è mettere al centro la cacciata del governo Meloni e sostituirlo con un governo di emergenza popolare.
In questo senso l’irruzione nella campagna elettorale è un’operazione completamente politica e per niente elettoralista, slegata dalle illusioni di eleggere la sponda politica delle lotte nelle assemblee elettive e dal politicantismo di chi cerca un posticino nelle istituzioni.
Analogamente alla situazione in cui si sono svolte le elezioni politiche del 2022, a fare la differenza non sono e non saranno le prese di posizione ma le iniziative pratiche: non i “programmi radicali” ma le iniziative radicali.
Questo vale per tutti i partiti, le organizzazioni e i movimenti che sono già protagonisti della lotta contro le Larghe Intese e questo vale anche per la lista Terra Pace Dignità promossa da Michele Santoro.
Non va considerata come parte integrante delle Larghe Intese (sebbene le sue caratteristiche portino a concludere che si presterà a fare da stampella al Pd) anche se non si può considerare come una lista anti Larghe Intese a pieno titolo.
Per le sue caratteristiche e i presupposti per cui è nata imposterà la campagna elettorale sulla denuncia del cattivo presente, sulle prese di posizione e sulla campagna d’opinione, finirà per concentrare la sua azione sul sostegno alle dichiarazioni di Papa Bergoglio (che parla di pace ma non fa nulla di concreto per utilizzare allo scopo tutti i mezzi di cui dispone il Vaticano). Ma proprio questo rende possibile spingere i suoi candidati a fare da subito e sul piano pratico quello che promettono di fare una volta eletti come “voce per la pace” nel parlamento europeo.
Le prossime scadenze
Tutti gli elementi sono già sul tavolo. Oltre a quelle che il movimento popolare definirà territorio per territorio, il mese di aprile è costellato di iniziative che possono diventare – e devono diventare – il terreno di conquista per “la campagna elettorale che serve” a rendere ingovernabile il paese.
Il 4 aprile si svolgeranno in varie città iniziative e mobilitazioni contro la Nato, in occasione del 75° anniversario della sua fondazione.
L’11 aprile Cgil e Uil hanno indetto quattro ore di sciopero generale, su base territoriale, per il fisco e per la sicurezza sui posti di lavoro.
Il 12 aprile la Fiom ha indetto sciopero nella provincia di Torino per le aziende del gruppo Stellantis e indotto per il futuro dei posti di lavoro.
Il 19 aprile si svolgono le mobilitazioni dello “sciopero per il clima” promosse da Friday For Future.
Il 20 aprile Cgil e Uil hanno convocato una manifestazione nazionale a Roma “per il diritto alla salute, a partire dalla difesa e dal rilancio del servizio sanitario nazionale pubblico, dal finanziamento delle leggi sulla non autosufficienza, e dalla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro. Per una vera riforma fiscale e un aumento reale dei salari”.
Il 25 Aprile ci saranno le manifestazioni e le celebrazioni per la vittoria della Resistenza sul nazifascismo, terreno di scontro aperto per impedire che fungano da passerella per i criminali sionisti e i servi della Nato.
Il 1° Maggio si festeggia la Giornata internazionale dei lavoratori.
Intanto proseguono in tutto il paese le iniziative a sostengo del popolo palestinese e contro il genocidio ad opera dei sionisti, le mobilitazioni degli studenti contro il governo e la guerra, quelle dei lavoratori, ecc.
L’unica cosa che bisogna aggiungere è la giusta dose di spirito unitario e il senso di responsabilità sulla prospettiva: non stiamo solo mettendo i bastoni fra le ruote alla classe dominante, stiamo lavorando per costruire il governo di emergenza popolare, alternativo e antagonista alla classe dominante, che porterà il paese ad avere un ruolo decisivo nel disinnescare la terza guerra mondiale.
I risultati che perseguiamo non riguardano il numero di voti raccolti, ma le posizioni che le masse popolari organizzate conquistano nella lotta politica in corso.