Vale la pena di leggere Memorie di un rivoluzionario di N.I. Podvoiski. Consiglio di farlo tutto d’un fiato.
È uno di quei libri “da divorare”, in cui i grandi avvenimenti, quelli epocali, si fondono con i particolari piccoli piccoli degli uomini e delle donne che ne sono stati i protagonisti: con le loro paure e debolezze, con “i nervi tesi” nel vedere l’obiettivo davanti a sé ma nel dover anche attendere il momento giusto, o meglio, nel dover determinare le condizioni per raggiungere finalmente, con la presa del Palazzo d’Inverno e del potere, l’apice della felicità tanto agognata. Possiamo tranquillamente dire che questo libro non riporta le memorie del solo Podvoiski: in esso vivono le memorie dell’intera schiera di comunisti che, riuniti nel partito comunista bolscevico, nel 1917 ha conquistato la vetta, conducendo la rivoluzione socialista, la prima rivoluzione fatta dalle masse per le masse, un evento che ha segnato per sempre il mondo intero. A dirigere questa schiera c’è il segretario del partito, V.I. Lenin. Tutto ruota attorno alla sua figura, quella del massimo dirigente della Rivoluzione, dell’abile stratega, che sa però bene che il vero motore della storia sono appunto le masse e che a esse dedica ogni sua attenzione.
Ogni lettore sarà attraversato da un brivido lungo la schiena quando arriverà a leggere in questo libro le parole che Lenin pronuncia nella seduta del Soviet di Pietrogrado: “Compagni! La rivoluzione operaia e contadina, la cui necessità i bolscevichi hanno sempre sostenuto, si è compiuta!”. Gli operai, i soldati, i marinai ascoltano Lenin trattenendo il respiro e a trattenerlo sarà anche il lettore perché Lenin parla di ciò che costituisce la più intima aspirazione di ogni comunista, di ogni rivoluzionario: parla della pace, della terra, dell’eliminazione dello sfruttamento. Un’aspirazione, un sogno, che il 7 novembre 1917 (25 ottobre, secondo il calendario giuliano) diventa realtà.
Ma il lavoro del partito comunista bolscevico non si è mai limitato ai mesi del 1917 e questo libro ci mostra, attraverso gli occhi dei protagonisti, che la rivoluzione socialista si costruisce e non scoppia improvvisamente in un freddo 7 novembre. Quel giorno fu instaurato il governo sovietico a Pietrogrado, un colpo di mano riuscito, fatto al momento giusto: quello in cui il sostegno popolare ai bolscevichi era alto a tal punto che sarebbe inevitabilmente calato se essi non fossero stati in grado di valorizzarlo costituendo un proprio governo. Podvoiski nelle sue memoriemostra che la costruzione della rivoluzione socialista è fatta di momenti in cui bisogna “dare una spinta”, spingersi oltre quello che si è sempre fatto e rompere gli indugi senza avere paura di farlo. Nel libro sono frequenti i richiami decisi di Lenin al Comitato centrale e a Podvoiski stesso, che presiede il Comitato militare rivoluzionario di Pietrogrado, partecipa alla presa del Palazzo d’Inverno e dirige le operazioni per liquidare la rivolta di Krasnov-Kerenski. In quei momenti concitati, Lenin arriva addirittura a minacciare le sue dimissioni dal Comitato centrale o di far fucilare Podvoiski e altri dirigenti del suo calibro se non romperanno gli indugi scatenando l’insurrezione.
Viviamo in un tempo lontano dagli avvenimenti descritti da Podvoiski, ma abbiamo bisogno di testimonianze come la sua per rendere più concreta l’opera che è ancora una volta necessaria, impellente e attuale: costruire il nuovo potere politico della classe operaia. Nel libro vengono riportati vari comizi di Lenin e proprio in uno di questi Lenin riporta le sue considerazioni sui Soviet dei deputati operai e soldati e dichiara che la classe operaia ha trovato in loro la vera forma della sua dittatura. Aggiunge anche che nei villaggi si devono creare i Soviet dei deputati braccianti e i comitati contadini, per togliere la terra ai grandi proprietari fondiari, alle chiese, ai monasteri e per dare questa terra ai contadini. “Nel nostro paese la rivoluzione deve condurre alla repubblica dei Soviet!”, dichiara convinto.
È un libro, questo, che serve a raccogliere l’eredità della prima ondata della rivoluzione proletaria mondiale. Molti sono gli aspetti positivi di questa eredità, le lezioni che essa fornisce. Grazie a queste lezioni facciamo fronte anche ai suoi aspetti negativi: la delusione e la confusione per la sconfitta di tutti i tentativi rivoluzionari nei paesi imperialisti, causati dai limiti del vecchio movimento comunista, e la mistificazione e denigrazione del comunismo a opera della borghesia imperialista e del clero. Oggi la resistenza delle masse popolari contro il corso disastroso delle cose, di cui la classe dominante è responsabile, è spesso accanita e coraggiosa ma poco efficace. Per diventarlo essa deve guardare alla costruzione del socialismo e solo la direzione dei partiti comunisti è in grado di indirizzarla in questo senso. Far valere la propria direzione, rendersi capaci di farla valere è l’opera che i comunisti devono compiere. Il primo passo verso la rivoluzione socialista, oggi, consiste nel rafforzare e coordinare la rete degli organismi operai e popolari fino a fare di essi il nuovo potere (i nuovi Soviet) che soppianterà quello attuale e nel difendere strenuamente questo potere da ogni tentativo di boicottaggio e corruzione. La rivoluzione socialista è una necessità per le masse popolari e per la stessa sopravvivenza dell’umanità, oggi più di ieri. Il grande sconvolgimento in corso ci obbliga ad avanzare verso di essa. Ebbene, bisogna raccogliere l’eredità di Lenin, di Podvoiski e degli altri bolscevichi e fare nostro il loro spirito di iniziativa, essere creativi, sperimentare, provare, correggere e riprovare fino a riuscire. Oggi, alla mobilitazione popolare che cresce dobbiamo dare un partito comunista in grado di dirigerla grazie alla comprensione più avanzata delle condizioni, della forma e dei risultati della lotta di classe che gli è propria e al suo legame con le masse e di farle compiere, uno dopo l’altro, i passi necessari per arrivare alla vittoria.
Quello che accomuna il tempo in cui viveva Podvoiski al nostro è che siamo in una situazione rivoluzionaria; ognuno di noi può vedere i sintomi indicati, a suo tempo, da Lenin e constatare come i fattori nazionali e internazionali concorrono ad alimentarli:
Per il marxista non v’è dubbio che la rivoluzione non è possibile senza una situazione rivoluzionaria e che non tutte le situazioni rivoluzionarie sboccano nella rivoluzione. Quali sono, in generale, i sintomi di una situazione rivoluzionaria? Certamente non sbagliamo indicando i tre sintomi principali seguenti: 1) l’impossibilità per le classi dominanti di conservare il loro dominio senza modificarne la forma; una qualche crisi negli “strati superiori”, una crisi nella politica della classe dominante che apre una fessura nella quale si incuneano il malcontento e l’indignazione delle classi oppresse. Per lo scoppio della rivoluzione non basta ordinariamente che “gli strati inferiori non vogliano”, ma occorre anche che gli “strati superiori non possano” più vivere come per il passato; 2) un aggravamento, maggiore del solito, dell’angustia e della miseria delle classi oppresse; 3) in forza delle cause suddette, un rilevante aumento dell’attività delle masse, le quali, in un periodo “pacifico” si lasciano depredare tranquillamente, ma in tempi burrascosi sono spinte, sia da tutto l’insieme della crisi, che dagli stessi “strati superiori”, a un’azione storica indipendente.
Senza questi cambiamenti obiettivi, indipendenti dalla volontà, non soltanto di singoli gruppi e partiti, ma anche di singole classi, la rivoluzione – di regola – è impossibile. L’insieme di tutti questi cambiamenti obiettivi si chiama situazione rivoluzionaria (V.I. Lenin, Il fallimento della II Internazionale, in Opere complete [agosto 1914-dicembre 1915], vol. XXI, pp. 191-192, Editori Riuniti, Roma 1966).
Ognuno di noi deve essere cosciente anche della lezione che Lenin tira:
La rivoluzione non nasce da tutte le situazioni rivoluzionarie, ma solo da quelle situazioni rivoluzionarie nelle quali, alle trasformazioni obiettive sopra indicate, si aggiunge una trasformazione soggettiva, cioè la capacità della classe rivoluzionaria di compiere azioni rivoluzionarie di massa sufficientemente forti per poter spezzare (o almeno incrinare) il vecchio governo, il quale, anche in periodo di crisi, non “cadrà” mai se non lo “si farà crollare”(Ibidem, p. 192).
Questo spetta a noi.
Ed effettivamente il messaggio di fondo che queste memorie ci consegnano è che dipende da ogni comunista e rivoluzionario riuscire a pronunciare le ultime parole di questo libro: “Buongiorno! Il primo giorno della rivoluzione socialista!”
Ermanno Marini, membro della Direzione Nazionale del P.Carc
Memorie di un rivoluzionario di N.I. Podvoiski
Edizioni Rapporti Sociali – 160 pagine, 15€
Puoi richiederlo a: carc@riseup.net – edizionirapportisociali@gmail.com