Venerdì 22 marzo, a Mosca, un gruppo di uomini armati ha fatto irruzione nella Crocus City Hall sparando alla folla e incendiando la sala concerti. Il bilancio è di 139 morti e 180 feriti. L’attentato è stato rivendicato dall’Isis. I membri del commando, provenienti dal Tagikistan, sono stati arrestati dalle forze di sicurezza russe per essere processati in tribunale con l’accusa di terrorismo.
Il presidente russo Vladimir Putin ha comunicato pubblicamente alla popolazione che l’attentato è stato realizzato dall’Isis ma che le indagini vanno avanti per scoprire chi siano i veri mandanti. Nel suo discorso ha anche spiegato che probabilmente l’attacco è stato ordito dal governo neonazista di Kiev: “hanno cercato di nascondersi e si sono spostati verso l’Ucraina, dove, secondo i dati preliminari, per loro è stata preparata una finestra dalla parte ucraina per attraversare il confine di stato”.
Nelle ore successive all’attacco il governo ucraino e gli Stati Uniti hanno subito dichiarato di non avere nulla a che fare con l’attentato. I Servizi segreti Usa hanno, inoltre, spiegato di aver avvisato più volte i russi – nonostante i gelidi rapporti per la guerra in Ucraina – del rischio attentati da parte dell’Isis. Cosa smentita dai servizi russi cui non risulta alcuna informativa ufficiale. Spiegazioni, quelle Usa, che sanno tanto di un’ammissione di responsabilità.
Da tempo le operazioni di sabotaggio, gli attentati e il terrorismo sono armi sempre in voga per il “democratico” governo di Kiev, sempre più in difficoltà per il fallimento della controffensiva. I ripetuti bombardamenti di obiettivi civili nelle zone di confine, gli attacchi missilistici in Crimea e le decine di azioni di sabotaggio delle elezioni con tanto di bombe molotov nei seggi elettorali sono solo alcuni degli ultimi episodi.
Tutto questo in un contesto in cui alcuni paesi europei, Francia in testa, ipotizzano interventi diretti militari in Ucraina contro l’esercito russo e in cui un ministro polacco rivela il segreto di Pulcinella della presenza di militari Nato sul territorio ucraino.
L’attentato di Mosca si inserisce a pieno titolo nella guerra ibrida che la Comunità internazionale dei gruppi imperialisti sta conducendo contro la Federazione russa. Un tentativo di destabilizzare il paese dall’interno e provocare una reazione da parte dei russi che giustifichi l’allargamento del conflitto e la discesa diretta in campo. Ennesima tappa di una lotta senza speranze per arrestare il proprio inarrestabile declino.
Per tenere in piedi il loro sistema di potere, infatti, gli imperialisti massacrano, bombardano, devastano interi paesi, gettano il mondo nel caos e lo spingono verso una nuova guerra mondiale.
Ma più fanno questo più si rafforza il fronte dei paesi che si oppongono alla loro oppressione e alle politiche guerrafondaie di cui sono portatori. Di questi paesi la Federazione russa e Repubblica popolare cinese sono i principali punti di riferimento.
Ma non solo. Più seminano vento più raccolgono anche la tempesta negli stessi paesi imperialisti del fronte delle masse popolari contrarie alla guerra e allo sfacelo in corso. Basta pensare ai milioni di manifestanti che stanno affollando cortei e manifestazioni contro la guerra negli ultimi mesi. Un fronte che nel nostro paese i comunisti, i promotori di politiche di fratellanza tra i popoli e gli oppositori delle politiche di guerra devono rafforzare ed estendere fino a cacciare il governo Meloni e impedire l’installazione di qualsiasi altro governo della guerra espressione dei partiti di regime, sia del centrodestra che del cosiddetto centrosinistra. Un fronte che rivolterà la guerra promossa dagli imperialisti contro gli imperialisti stessi. Unica via per fermare davvero la guerra.
Per dirla con Mao: «Un proverbio cinese definisce l’azione di certi sciocchi dicendo che “essi sollevano una pietra per lasciarsela cascare sui piedi.” I reazionari di tutti i paesi sono precisamente degli sciocchi di questo genere».