“Insieme siamo più forti, non è solo uno slogan: abbiamo interrotto il lavoro nelle nostre case, nelle fabbriche, negli ospedali, nei magazzini, nell’università e nelle scuole, negli uffici e nelle mense, senza distinzioni di categoria. Per noi scioperare contro il patriarcato significa intrecciare le lotte per una trasformazione radicale della società!”
Dalla pagina Fb nazionale di Non una di meno
Venerdì 8 marzo – in occasione della giornata internazionale della donna – decine di migliaia di donne hanno scioperato e si sono riversate nelle piazze rispondendo all’appello lanciato da Non Una di Meno (Nudm) a bloccare il paese, facendo nuovamente valere la forza espressa nella piazza di Roma del 25 novembre.
Per tutta la giornata si sono tenuti cortei in oltre 40 città italiane. Mobilitazioni costruite anche a partire dai luoghi di lavoro tramite l’appello di Nudm ai sindacati di base e alla Cgil a indire sciopero generale, attraverso la collaborazione con i sindacati di base e le delegate Cgil per aggiornare il Vademecum per scioperare e tramite l’appello alle iscritte e delegate affinché costruissero nei posti di lavoro lo sciopero organizzando assemblee, informando e mobilitando lavoratrici e lavoratori. Ma anche facendo appello a portare lo sciopero in prima persona sui posti di lavoro affiggendo locandine, distribuendo il Vademecum, organizzando riunioni e assemblee con colleghe e colleghi.
Su spinta di questo sommovimento sono diverse le categorie di lavoratrici che hanno scioperato e costruito propri spezzoni nelle manifestazioni (in particolare quelle della conoscenza, quelle del lavoro sociale e di cura). Alcune categorie nazionali e diverse categorie a livello locale della Cgil sono state invece incalzate e costrette dalla base a indire sciopero, per cui anche le lavoratrici Cgil hanno manifestato con propri spezzoni. I Giovani Palestinesi d’Italia, Si Cobas, Cub, Usb, Adl Varese, Fgc e Comitato 23 settembre hanno inoltre indetto per l’8 marzo un presidio davanti alla Leonardo di Novara raccogliendo l’appello delle donne palestinesi a organizzarsi, scendere in piazza e lottare per porre fine alla guerra genocida a partire dal nostro paese.
L’8 marzo, quindi, si sono mosse organizzate, decise e compatte migliaia di donne, non aspettando che fossero le istituzioni e il governo Meloni a risolvere loro i problemi (consapevoli anzi che questo continua ad aggravarli!) ma facendo valere la loro forza hanno mobilitato la parte sana del paese a ribellarsi e porsi l’obiettivo di imporre misure concrete e necessarie. Così hanno fatto, ad esempio, a Padova, dove è stato riaperto un consultorio in disuso, o a Milano dove il corteo ha conquistato spazi di agibilità politica infrangendo le ormai consuete restrizioni alla manifestazione per piazza Duomo.
A fronte di tutti questi sviluppi è importante non disperdere la voglia e la necessità di organizzarsi sui posti di lavoro che questa giornata ha fatto emergere. Per consolidarla e svilupparla la parola d’ordine è organizzazione!
Sono le lavoratrici della sanità che – insieme all’utenza – possono mappare, riaprire e far funzionare consultori e strutture sanitarie. È il personale scolastico che insieme agli studenti deve fare progetti e programmi per l’educazione sessuale, per abolire l’alternanza dei padroni e promuovere invece la rete e lo sviluppo dei progetti con i centri anti violenza e le organizzazioni come Nudm. Sono le operaie a poter denunciare le produzioni di guerra o inquinanti e che possono boicottarle, sono loro – assieme ai colleghi – a difendere i posti di lavoro e a poter imporre un diverso piano di produzione.
“Che tu sia impiegata o operaio, uomo o donna, resti sempre un numero. Il collettivo di fabbrica mi ha accolta, mi ha dato la forza e la possibilità di riscattarmi per tutto quello che ho dovuto subire in questi anni”
Dall’articolo del Manifesto Tiziana, unica donna alla Gkn: «Solo nel Collettivo mi sono riscattata»
Organismi e collettivi sul lavoro possono nascere a partire da ogni questione: dalla creazione di organismi autonomi della classe lavoratrice come il Collettivo Gkn o il Calp di Genova, dal sostegno alla Palestina come nel caso delle lavoratrici Carrefour o dei Sanitari per Gaza, al semplice miglioramento delle condizioni e degli spazi di lavoro (riordinare il magazzino del reparto) come è stato per il comitato dell’ospedale raccontato in questa intervista. Tutte esperienze in corso ed esempi che, se estesi, possono fare di ogni posto di lavoro un luogo di organizzazione e di riscossa per le donne e per il resto delle masse popolari!