Facciamo un deciso passo avanti nella costruzione di un fronte anti Larghe Intese!
Come previsto, i risultati delle elezioni regionali in Sardegna hanno aggravato la guerra per bande fra i partiti della maggioranza di governo e dimostrato che il governo Meloni si regge in piedi malamente.
Sgambetti, dispetti e colpi di mano erano già la normalità (vedi lo scandalo ad orologeria contro Christian Solinas), ma la sconfitta di Paolo Truzzu (Fdi) ha aggravato la situazione, tanto che lo stesso Truzzu per salvare la faccia al governo ha dovuto affermare che la Meloni non c’entra nulla con la sconfitta. Un mea culpa poco convincente: Fdi ha perso 68.574 voti rispetto alle elezioni politiche di settembre 2022, quasi dimezzandoli in meno di un anno e mezzo. Lo stesso vale per la Lega, che dalle elezioni regionali del 2019, passando per le politiche del 2022, ha perso più di 55.000 voti arrivando a malapena a eleggere due consiglieri regionali. Il polo Fdi-Lega-FI è stato salvato da un tracollo ulteriore solo grazie alle liste di supporto che hanno raccolto un gran numero di voti, segno dello scollamento tra i partiti nazionali e gruppi politici locali.
Il polo PD-M5S non è messo meglio. Ha vinto con uno scarto di circa 1600 voti, godendo del voto disgiunto. Alessandra Todde ha preso oltre 40.000 preferenze in più rispetto alle liste (ben dieci) della coalizione PD-M5S, che complessivamente hanno preso 43.153 voti in meno rispetto alle liste del polo Fdi-Lega-FI.
È evidente che il voto conquistato da Alessandra Todde è principalmente un voto di sfiducia al governo Meloni e ai partiti che negli ultimi cinque anni hanno governato la Sardegna, piuttosto che un voto di fiducia al duetto Schlein-Conte che complessivamente, rispetto alle elezioni regionali del 2019 e politiche del 2022 perde voti: alle elezioni politiche del 2022 il M5S ha preso 149.477 voti contro i 53.066 delle elezioni regionali 2024 a cui si aggiungono i 27.261 voti della lista Uniti per Alessandra Todde. Anche il polo PD-M5S si è salvato da una certa emorragia di voti grazie alle numerose liste civiche e di gruppi politici locali che godono di un certo riconoscimento.
La coalizione di Renato Soru, ex governatore PD della Sardegna e in alleanza con +Europa-Azione, Liberu, PRC e Sardegna chiama Sardegna, non ha superato la soglia di sbarramento del 10% prevista per le coalizioni dalla legge elettorale sarda, raccogliendo oltre 63.000 preferenze. Il mancato superamento della soglia di sbarramento può essere attribuita a tanti fattori, ma il vero motivo è che la coalizione che intendeva “rompere il bipolarismo e creare una alleanza sarda” è in realtà una operazione di mera propaganda di Renato Soru: lui è un uomo delle Larghe Intese che fino all’ultimo ha cercato la convergenza con il PD, soprattutto quando Massimo Zedda (Progressisti) ha deciso di non allearsi con lui e buttarsi sul carro di Alessandra Todde, reputandolo vincente. Inoltre, l’appoggio di Calenda e +Europa per una alleanza sarda non ha di certo convinto gli scettici a dargli fiducia: tanto è vero che le formazioni politiche a sinistra del PD coalizzate con Soru e che nelle loro dichiarazioni si oppongono alle Larghe Intese, ossia Liberu e PRC, non hanno guadagnato voti rispetto alle altre tornate elettorali.
Infine, c’è la lista Sardigna R-esiste, unica lista presentatasi alle elezioni per portare una voce alternativa ai megafoni di partiti e uomini delle Larghe Intese e che ha conquistato oltre 7.000 preferenze. Un risultato per alcuni versi inaspettato se si considera i tempi con cui è stata costruita la lista.
L’esito delle elezioni in Sardegna acuisce lo scontro interno alla classe dominante e rende più fragili i partiti delle Larghe Intese.
“Fdi ha un disperato bisogno di confermarsi primo partito per continuare a dare all’opera del suo governo una parvenza di investitura democratica. Ogni tornata elettorale sarà un referendum pro o contro Giorgia Meloni, in un contesto in cui, però, il suo governo procede nel fare carta straccia dei diritti e degli interessi dei lavoratori e delle masse popolari.
La Lega di Salvini ha un disperato bisogno di recuperare terreno (o almeno di non perderne altro: la debacle in Sardegna è un segnale inequivocabile) nei confronti di Fdi, in un contesto in cui la posizione di Salvini a capo del partito vacilla vistosamente. C’è una fronda di leghisti contro Salvini, con base in Veneto, che va infoltendosi e non vede l’ora di liberarsi di un segretario ingombrante e imbarazzante (ultima in ordine di tempo, il 28 febbraio, la visita di famiglia a Denis Verdini nel carcere di Sollicciano) e che ragiona su come volgere a proprio vantaggio la situazione.
Forza Italia è in balia dei sommovimenti legati alla definizione del dopo Berlusconi e, ad eccezione del considerevole e determinante ruolo giocato dalle aziende dell’impero Mediaset e addentellati che però Tajani non è titolato a usare, al momento è confinata al ruolo di più sfacciato portavoce di precisi gruppi di potere (banche, comunità sionista, ecc.), alla stregua delle cricche di Calenda, di Renzi e +Europa.
Il Pd è ringalluzzito dalla vittoria di Alessandra Todde per più motivi. È una boccata d’ossigeno per Elly Schlein nella lotta interna contro le fazioni che la vogliono spodestare dalla segreteria; è una spinta a stringere l’abbraccio attorno al M5s al grido di “uniti si vince!”; alimenta in una parte delle masse popolari l’illusione che sia possibile passare dalle elezioni per costruire un’alternativa al governo Meloni (che però su tutte le questioni importanti attua lo stesso programma del Pd, l’agenda Draghi).
Anche il M5s gongola: “Alessendra Todde è una di noi”. Ciò è una ulteriore dimostrazione della parabola del M5s: Alessandra Todde non è “una cittadina prestata alla politica”, è un’esponente della classe dirigente (imprenditrice e manager “di successo” all’estero) che ha trovato il suo “posto al sole” nella Repubblica Pontificia (sottosegretaria al Ministero dello sviluppo economico nel governo Conte 2 e vice ministra allo sviluppo economico nel governo Draghi).
Nel valzer di dichiarazioni, commenti, analisi e una montagna di bla, bla, bla sui risultati in Sardegna, manca all’appello un dato fondamentale, il 48% di astensione. Sarebbe sciocco (sbagliato, miope) cullarsi nel fatto che la metà delle masse popolari sarde ha deciso di non partecipare ai rituali della democrazia borghese. È certamente una manifestazione di sfiducia nel sistema politico delle Larghe Intese, è una manifestazione di malcontento, è un dato oggettivo che descrive il contesto in cui le forze anti Larghe Intese possono agire, ma può essere un elemento positivo solo a patto che le forze anti Larghe Intese si decidano a strappare almeno una parte di queste masse popolari all’astensionismo e a mobilitarle praticamente nella costruzione dell’alternativa” – da Piove sul bagnato, Resistenza 3/2024.
La linea d’azione per costruire un’alternativa al sistema politico delle Larghe Intese
Alessandra Todde ha vinto, per il voto di sfiducia verso il governo Meloni.
Allo stesso tempo Alessandra Todde è presa tra l’incudine e il martello: dovrà scegliere tra l’abbraccio del PD e la linea di collaborazione con i vertici della Repubblica Pontificia, che il M5S promuove, che la porteranno a non attuare nemmeno una delle promesse di stampo progressista inserite nel suo programma elettorale (sanità, energia, ecc.), oppure distinguersi dal governo Meloni e dare seguito ad alcune delle rivendicazioni promosse dall’azione delle masse popolari organizzate, dagli organismi operai e popolari presenti in Sardegna e attivi su diversi fronti di lotta.
Per spingere in avanti la lotta di classe e rafforzare l’azione degli organismi popolari in Sardegna bisogna muoversi in due direzioni.
La prima, è quella di mettere insieme e coordinare i partiti e le organizzazioni che si dichiarano anti Larghe Intese: da coloro che si sono presentate alle elezioni (Sardigna R-esiste, Liberu, PRC) a coloro che per diversi motivi non lo hanno fatto (Potere al Popolo!, PCI, altre) comprese quelle formazioni che sotto altre spoglie sono rientrate nelle coalizioni candidate alle elezioni regionali. A conti fatti, chi si è presentato alle elezioni ha conquistato diverse migliaia di voti che andranno dispersi se alle dichiarazioni e alle promesse elettorali non si dà seguito pratico nella lotta e nella mobilitazione.
Allo stesso tempo, bisogna superare gli steccati, i pregiudizi, le invidie e le rivendicazioni che oggi dividono il fronte delle forze che si dichiarano anti Larghe Intese: a guardar bene, in questo campo ogni organizzazione si dichiara contro la presenza dei poligoni militari NATO in Sardegna e per la bonifica dei territori inquinati dalle esercitazioni, contro la speculazione energetica delle multinazionali “green”, per la sanità pubblica, diffusa territorialmente, gratuita e di qualità. Su questi temi è ora di lottare insieme per promuovere un’ampia campagna di lotta a sostegno degli organismi popolari che se ne fanno portavoce, promuovendo anche un sano dibattito franco e aperto sulle divergenze che esistono ma per farne motore di un azione condivisa.
La seconda, è quella di spingere Alessandra Todde a essere coerente con il suo mandato elettorale e con alcune delle promesse di cui si è fatta portavoce: gli unici poligoni “sostenibili” sono quelli bonificati dalla presenza della NATO e dall’inquinamento provocato dalle esercitazioni; sanità pubblica vuol dire riaprire immediatamente (non fra qualche anno appellandosi a cavilli e leggi) i reparti e gli ospedali chiusi, assumere i medici di base necessari all’assistenza sanitaria locale, abbattere drasticamente le liste di attesa e i ticket, ecc; la “moratoria sul far west delle energie rinnovabili” significa che Alessandra Todde deve immediatamente utilizzare i poteri che ha come governatrice della Sardegna per impedire gli espropri delle terre e l’imposizione dei cantieri per la costruzione di pale eoliche e parchi fotovoltaici speculativi. I promessi tavoli di confronto con il governo sono fuffa e specchietti per le allodole che non serviranno a fermare lo scempio portato avanti in Sardegna dalla NATO, le multinazionali promotrici della speculazione energetica e la sanità privata.
Lasciamoli lavorare non è un’opzione percorribile: o Alessandra Todde darà seguito positivo da subito ad alcune delle principali rivendicazioni in corso da parte delle masse popolari in Sardegna su loro spinta e azione, oppure non vanno aspettate le prossime elezioni regionali, va cacciata e sostituita da un’amministrazione regionale composta dal fronte di forze anti Larghe Intese che sostiene, alimenta e coordina in una certa misura gli organismi operai e popolari.