Sabato 9 marzo si è svolta a Roma la manifestazione “Per la libertà di manifestare. Per il cessate il fuoco a Gaza. Per la pace e la giustizia in Medio Oriente”. La manifestazione segue una serie di presidi e iniziative promosse dalla Cgil stessa in varie piazze del paese lo scorso 24 febbraio.
Entrambe le date sono il prodotto di due movimenti. Il primo è la mobilitazione crescente in tutto il paese contro la partecipazione e la collaborazione dell’Italia alle guerre in corso in Ucraina e in Palestina. Il secondo è la spinta degli stessi lavoratori della Cgil, che in questo contesto, hanno pressato il sindacato perché indicesse lo sciopero per l’8 marzo e facesse qualcosa di concreto per fermare le politiche guerrafondaie del governo Meloni.
La mobilitazione nazionale promossa dalla coalizione AssisiPaceGiustizia e di cui fa parte anche la CGIL, ha riempito le strade della città. A fianco delle bandiere palestinesi anche striscioni contro la repressione come quello degli studenti dell’Unione degli universitari “Voi i manganelli, noi la pace” e spezzoni di lavoratori di aziende e categorie diverse, ma uniti contro la guerra, lo smantellamento dell’apparato produttivo e dei servizi essenziali fonte di precarietà e morti sul lavoro.
Il segretario nazionale della CGIL Maurizio Landini, presente al corteo, ha fatto appello a che tutti i governi lavorino per arrivare a una conferenza vera di pace.
Ma Landini crede davvero che il governo Meloni sia in grado, vista la sottomissione agli imperialisti Usa e sionisti, di farsi promotore della pace? Crede davvero che Crosetto, legato mani e piedi all’industria delle armi, disincentivi l’industria della guerra?
Il governo Meloni va cacciato!
Per dare gambe alle parole d’ordine lanciate dalla CGIL e soprattutto alle aspirazioni delle migliaia di lavoratori che hanno riempito le strade di Roma sabato scorso, il sindacato ha due strade.
La prima è quella di continuare a chiedere e rivendicare pace e diritti al governo attraverso piattaforme e tavoli di confronto. Ma questa strada ha già dimostrato ai lavoratori che affidarsi ai responsabili della guerra e del peggioramento delle condizioni di vita e di lavoro, non ha portato che ad aggravare sempre di più le loro condizioni.
L’altra strada che la CGIL può e deve imboccare per affrontare il problema è quella di mobilitare i propri iscritti e tutti gli altri lavoratori a imporre con ogni mezzo le misure necessarie che servono. Ne è un esempio il boicottaggio del traffico di armi organizzato dai lavoratori del CALP di Genova che ha dimostrato il ruolo che la classe operaia può avere nel contrasto alla guerra imperialista. Quanti sono gli scritti CGIL di aziende, come Leonardo, Beretta, Benelli, Oto Melara, Fincantieri, che producono armi e che potrebbero assumere un ruolo simile?
Per spingere la CGIL ad imboccare la strada dell’organizzazione e della mobilitazione, lavoratori e iscritti, a partire dalle RSU e RSA, devono avere un ruolo da protagonisti. Non devono aspettare che il sindacato si muova, ma devono incalzarlo, devono costringerne i vertici a fare quello che è necessario per i lavoratori e le masse popolari del paese. Devono unirsi con il resto del movimento che sta lottando contro la guerra e il governo Meloni. Devono promuovere in ogni luogo di lavoro la costruzione di un vero sciopero generale che mobiliti tutte le categorie di lavoratori a riversarsi per le strade della capitale e che renda questo paese ingovernabile ai guerrafondai e agli affaristi.
La guerra si ferma fermando il paese! Il diritto di sciopero si difende scioperando! La libertà di associazione si difende associandosi, coordinandosi e mobilitandosi per la cacciata del governo Meloni!