Nelle ultime settimane proseguono i tentativi del governo Meloni di criminalizzare il dissenso, usando la repressione per isolare le organizzazioni studentesche e gli studenti più combattivi, ma anche intervenendo direttamente su dirigenti scolastici e perfino insegnanti scagliandoli contro gli studenti.
Gli attacchi repressivi, però, sempre più si stanno rivoltando contro il governo e il suo ministro all’istruzione Valditara. Abbiamo trattato della manifestazione spontanea del 23 febbraio che ha visto migliaia di persone mobilitarsi a Pisa in solidarietà agli studenti aggrediti dalla Polizia quella stessa mattina, così come delle decine di occupazioni di scuole e università in solidarietà con la Palestina e delle mobilitazioni ambientaliste sotto attacco e sottoposte a provvedimenti repressivi.
Nonostante il clima da caserma, repressivo e oscurantista promosso dal governo nelle scuole e nelle università, quindi, la mobilitazione non si ferma. Ma essa da sola non basta, la principale risposta a tutti questi attacchi è quella di organizzarsi in ogni scuola e università costruendo collettivi studenteschi dove ancora non ci sono e rafforzare quelli già esistenti, coordinare sempre di più i collettivi e le organizzazioni giovanili del paese in un fronte unitario, far convergere tutte queste forze nel resto del movimento per la cacciata del governo Meloni a partire dalle prossime mobilitazioni per l’8 marzo, contro la guerra e a sostegno della resistenza palestinese.
In quest’ottica rilanciamo l’intervista realizzata ad Alice Pellegrino, studentessa del liceo Spedalieri di Catania, in cui ci parla dell’esperienza di occupazione della sua scuola, dei tentativi repressivi messi in campo dalla polizia politica e dal governo, delle iniziative che come studenti organizzati stanno promuovendo in città. Buona lettura.
***
Da pochi giorni si è conclusa l’occupazione che avete fatto ed avete elaborato un manifesto molto dettagliato: ti chiedo di farci un accenno a queste rivendicazioni e al bilancio che avete fatto, stante gli obiettivi che vi eravate posti e i risultati che avete raggiunto
Nel nostro manifesto vi è dapprima una critica al tipo di istruzione che ci viene fornita, definendola carente ed alienante sotto molti punti di vista; rivendichiamo inoltre, molti spazi che ci vengono sottratti in città, come ad esempio quelli del Consultorio “Mi cuerpo es mio” e dello Studentato 95100 (ndr. Già sgomberati dalle FFOO) e della Palestra LUPo, che è appunto un centro sociale che rischia lo sgombero in questi giorni. A queste oppressioni noi rispondiamo: “ci tolgono degli spazi sociali noi ce ne prendiamo altri”. Questo è stato uno dei motivi che ci ha spinto a volere occupare il liceo ospedalieri di Catania. Denunciamo inoltre i continui ed ingenti tagli ai fondi per l’istruzione, soldi che vengono tolti appunto alle scuole ed alla sanità per essere destinati alle guerre ed all’industria bellica, come il caso della Palestina, o al Ponte dello stretto, non richiesto dalla maggior parte dei siciliani.
Rispetto all’occupazione, dicci quali sono state le realtà che hanno partecipato, come è stata organizzata, quali temi avete tenuto insieme oltre a quelli accennati ora e quali attività pensate di mettere in campo a posteriori dell’occupazione
Non è il primo anno che al liceo ospedalieri si parla di occupazione, quindi è un tema sentito da più realtà presenti a scuola, difatti non è stato portato avanti da un solo gruppo di persone, ma da tutte le realtà politiche presenti a scuola e non solo, ma anche da studenti disinteressati che sentono loro dei temi ed hanno scelto di mobilitarsi pur non appartenendo a nessun gruppo politico. Secondo me questa è stata la forza di questo gesto, che ci ha consentito di mostrarci come una comunità studentesca veramente unita e forte.
Nel vostro manifesto avete fatto diversi accenni alla resistenza palestinese, dal 29 novembre, rispondendo all’appello degli studenti dell’università di Birzeit, in Palestina, che invitavano a mobilitarsi in ogni scuola e università per ottenere prese di posizione in favore della Palestina da parte delle istituzioni. In Italia su questa scia sono state fatte varie occupazioni, dal Brunelleschi di Firenze all’Orientale di Napoli. Cosa possa insegnare la resistenza del popolo palestinese alle masse popolari italiane e cosa noi oggi e qui possiamo fare per portare alla vittoria la lotta del popolo palestinese?
Credo che in questo periodo la cosa più importante sia sconfiggere l’indifferenza che si crea tra le comunità di giovani e non solo, ma anzi forse più tra gli adulti su questo tema. Per questo è importante fare sentire la propria voce, mostrare solo un simbolo che rimandi al conflitto israelo-palestinese per mandare il messaggio più forte che c’è, ossia quello di pace, di cessare il fuoco ora: io penso che sembra banale, ma è fondamentale, per mostrare solidarietà e sostengo, per costruire un futuro migliore non solo per noi, ma per tutto il mondo, per i bambini di tutto il mondo.
Nel manifesto avete parlato dei due pesi e delle due misure che il governo Meloni sta attuando nei confronti del dissenso: da un lato chiude gli occhi quando i fascisti fanno le celebrazioni ad Acca Larenzia e dall’altro sgomberano gli spazi sociali come a Catania e manganellano gli studenti che manifestano, come successo a Pisa ed a Firenze, ma anche qui a Catania stesso. Qual è la tua opinione rispetto a questa esagerata reazione nei confronti degli studenti che manifestano e quale pensi sia il modo migliore per rispondere a questa linea politica di repressione?
Il modo migliore per rispondere è sicuramente la formazione di coscienze sempre più critiche e consapevoli che abbiano la capacità di prendere delle posizioni rispetto certe tematiche, anche quando sembra che tutto il mondo ce l’abbia con noi e veniamo sempre più oppressi e repressi, a partire dalle manifestazioni in piazza alle occupazioni a scuola. Ad esempio, per l’esperienza della mia occupazione, già ancor prima di iniziarla, la DIGOS era già entrata a scuola, però abbiamo scelto di resistere, cercando di bloccarli e di temporeggiare nell’attesa dell’arrivo della nostra preside; loro nel frattempo ci hanno intimato di schedarci tutti quanti, anche se sappiamo benissimo che la preside solamente ha la possibilità di denunciare e di farci ricadere in processi penali. Sono state quindi intimidazioni “a vuoto”, sia a noi sia a tutte le altre realtà italiane. Inoltre, il secondo giorno il ministro Valditara ha contattato la nostra preside intimandole di sgomberarci e di imporsi su noi, nonostante lei sia pienamente d’accordo con le motivazioni che ci hanno portato a prendere questa presa di posizione, nonostante si fidi di noi e sappia che siamo studenti responsabili che hanno nelle mani il futuro di questo mondo.
Nel manifesto avete scritto in modo ironico “Valditara, hai paura del dissenso?”. Noi crediamo di sì, e dirò di più, Valditara teme di essere costretto a dimettersi dal suo posto sulla spinta della mobilitazione studentesca. Dopo questi mesi di acceso protagonismo studentesco nelle piazze, che ruolo pensi possano avere gli studenti nella lotta per avere un governo che sia espressione delle esigenze dei lavoratori, degli studenti e delle masse popolari tutte?
Questa occupazione mi è servita a ritrovare la speranza di un cambiamento e di una mobilitazione che sia veramente forte e condivisa. Penso che in questo periodo siamo sempre più spinti a creare rete e ad unirci tra di noi e per me questo è ciò che avrà un ruolo attivo, partendo dal basso riusciremo a cambiare molto.
Qui a Catania c’è un forte movimento rispetto alle mobilitazioni dell’8 marzo: pensate di partecipare e qual è la vostra posizione al riguardo? Sì, certo, qui a Catania è molto sentita la tematica della violenza di genere e sicuramente l’8 marzo scenderemo in numerosissime e numerosissimi in piazza.