Nulla, se non rappresenta concretamente la mobilitazione per il riscatto verso migliori condizioni di vita! Quello che vogliamo non è la festa della donna un giorno all’anno per poi veder peggiorare le nostre condizioni di vita, le nostre relazioni sociali per il resto del tempo, ma il riconoscimento di una condizione sociale, familiare e lavorativa che ci dia valore tutto l’anno. Non soltanto nella commemorazione di Giulia Cecchettin a novembre scorso, ma anche in quelle delle altre vittime di questi primi due mesi e quelle che subiscono violenze che ancora non emergono.
Quante volte una donna ha denunciato violenze ed è stata inascoltata o sminuita?
Il minuto di silenzio propagandato dal governo Meloni dimostra come la classe politica, legata al Vaticano, è complice della condizione di declino della donna perché ne vuole annullare il protagonismo, la mobilitazione che scaturisce dalla rabbia: bene abbiamo fatto a ribellarci, a far rumore! Ad ogni dramma scorrono fiumi di lacrime ipocrite a cui non seguono poi i fatti. Sostegno ai centri antiviolenza, attivismo dei consultori, educazione sessuale e affettiva adeguate nelle scuole: sono alcune forme di contrasto possibili già praticate dal basso ma che vengono demolite dall’alto: queste istituzioni non sono in grado di realizzarle perché oggetto e vittime del degrado morale di questa società capitalista che si riproduce solo per il profitto e oggi sprofonda nella violenza in ogni ambito.
Anche questo governo fa grandi proclami ad ogni dramma e chiama all’unità nazionale, ma nel concreto sferra attacchi al reddito delle donne con salari da fame, precariato e disoccupazione, taglia i fondi per i servizi sociali e pubblici, che poi chiudono, con la scusa del contrasto alla violenza di genere attua la repressione e la vessazione delle categorie più marginalizzate, inasprendo le pene per i reati di minori, come col decreto Caivano. O, ancora, reprime e manganella i ragazzi che si mobilitano contro la guerra e il genocidio in Palestina, contro i tagli, contro l’inquinamento, per una società a misura d’uomo e non dei profitti. Il governo Meloni cerca di mettere proletari uomini contro proletarie donne, studenti contro lavoratori: vuol farci credere che è questo il problema. Ma la questione è di classe, prima che di genere: la crisi della società capitalista sprofonda nel degrado morale che si ripercuote maggiormente sulle classi sociali proletarie. È lo stesso che succede per gli omicidi sul lavoro: ipocrisia delle istituzioni rette dalla borghesia e dal Vaticano.
Bruciate tutto! Si diceva in piazza il 25 novembre, ma sarà l’organizzazione delle lavoratrici insieme agli altri lavoratori che riuscirà a sconfiggere i veri nemici di classe, quelli che ci intossicano con la propaganda distorta e la censura dei media, quelli che vogliono farci credere che i nemici sono gli uomini. Il vero nemico è il sistema capitalistico che, in crisi irreversibile è diventato distruttivo prima delle possibilità di sopravvivenza e poi della morale della convivenza pacifica diventando, per i profitti, sempre più produttore e utilizzatore di armamenti.
Operaie! Organizziamoci cominciando a dirigere la sicurezza sul posto di lavoro. Non aspettiamo gli ispettori che non verranno, imponiamo con gli operai le regole per lavorare in sicurezza.
CACCIARE IL GOVERNO MELONI
È solo dalle nostre lotte e dalla nostra organizzazione di classe operaia che uscirà un governo di emergenza popolare che si porrà il compito di risolvere seriamente i problemi principali delle masse popolari generati dalla crisi generale del sistema capitalista.
Non siamo sole! sarà il nostro grido di battaglia.
Facciamo sentire la nostra voce con lo sciopero l’8 marzo! Spingiamo tutti i sindacati a dichiarare lo sciopero. Altro che rametto di mimosa!