Il nome Fornero viene spesso evocato quando si parla dei danni che da ministro ha provocato sul tema delle pensioni. Purtroppo non è stata l’unica nefandezza. La riforma Fornero (legge 92/2012) avviò anche lo smantellamento dell’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori (legge 300/1970), completato dal governo Renzi con il suo Jobs Act.
In particolare, la riforma andò a differenziare le tipologie di licenziamento illegittimo, distinguendo fra illegittimo discriminatorio e illegittimo ingiustificato. Per il primo caso restava il reintegro in azienda con risarcimento di tutte le mensilità perdute dal momento del licenziamento, come con la vecchia legge 300. Per il secondo caso, invece, veniva disposto ancora il reintegro, ma il risarcimento da parte del padrone era limitato a un massimo di 12 mensilità. Questo tipo di licenziamento si ha quando il giudice stabilisce che non c’è giusta causa, ma non ravvisa gli estremi per dichiararlo apertamente discriminatorio.
Ricordiamo che la riforma Fornero è ancora valida per tutti quei dipendenti assunti prima del 7 marzo 2015, data da cui entra in vigore il Jobs Act.
Questo meccanismo si combina con il fatto che, una volta ottenuto il reintegro e il pagamento degli arretrati, l’Inps di norma procede con la richiesta di restituzione degli ammortizzatori percepiti nel periodo di disoccupazione. Il risultato è che moltissimi lavoratori, reintegrati in azienda anni dopo un licenziamento ritenuto illegittimo ingiustificato, oggi si trovano una richiesta di restituzione di ammortizzatori elevatissima a fronte del risarcimento percepito di un solo anno di stipendio.
Di fatto la riforma Fornero rende sconveniente e rischioso per un lavoratore far valere i suoi diritti!
Questa è la situazione in cui si trovano centinaia di lavoratori ex Air Italy o ex Alitalia. Sul loro caso, sollevato dalla Cub Trasporti e da Usb già a febbraio 2023, sono stati fatti appelli al governo e all’Inps, ricorsi alle aule di giustizia, ma ancora non si è mosso nulla.
In tempi ancora più recenti la Cub ha scritto una lettera a Mattarella. La risposta di colui che dovrebbe farsi garante del rispetto della Costituzione e quindi del diritto dei lavoratori di potersi difendere contro le angherie dei padroni è stata, sostanzialmente: “mi spiace, ma non è di mia competenza”!
A questo punto il sindacato ha manifestato la volontà di rivolgersi alla Corte Costituzionale e alla Corte di Giustizia della Ue. Bene, ogni mossa può concorrere al risultato ed è utile se si lega a iniziative concrete di lotta: combinare denuncia, propaganda e organizzazione. Al contrario, se la vicenda verrà mantenuta solo nel solco dei ricorsi e degli appelli alla classe dominante, non porterà a nulla. È necessaria una soluzione politica. Per avere questo risultato è fondamentale che i lavoratori si organizzino e si mobilitino, inserendosi nell’onda della lotta per cacciare il governo Meloni e imporre un governo che abbia la volontà e la forza politica di attuare questa soluzione.