Partiamo dai fatti: la Questura di Bologna, con il Capo di Gabinetto del Comune di Bologna, ha istituito un organismo in cui fare il punto settimanale sui contenuti delle attività degli spazi sociali in città per valutare eventuali interventi repressivi. Per spazi sociali si intende circoli, case di quartiere, sale comunali, biblioteche eccetera.
Le iniziative attenzionate, di cui l’Amministrazione comunale, a mezzo dell’Ufficio reti dei Quartieri, chiede agli spazi sociali un resoconto settimanale per ragioni di “ordine pubblico”, sono eventi quali per esempio le “presentazioni di libri”. Tutto questo viene presentato come un normale iter amministrativo, esautorando completamente tanto il Consiglio comunale quanto i Consigli di quartiere.
L’indignazione generale per la guerra, l’economia di guerra, lo smantellamento dell’apparato industriale, la devastazione ambientale, l’abbrutimento morale e intellettuale delle istituzioni, in una parola la decadenza di questa società dominata da una classe parassitaria, insieme al largo corpo di promesse disattese, tanto a livello di governo centrale quanto locale, sono tali da necessitare il ricorso a tentativi di controllo sempre più capillare della popolazione e del dissenso.
Infatti, in dialettica con l’aggravamento della crisi generale, progressivamente si sgretola la maschera di un regime che di “democratico” non ha mai avuto nulla e che ora sta perdendo anche il trucco. Questo che vediamo sempre più nitidamente anche nella nostra città non è che il vero volto del PD (non dimentichiamoci Minniti come Ministro dell’interno).
Le istituzioni pubbliche sono svilite a passacarte di poteri alieni ai bisogni della collettività e a loro strumento repressivo contro chiunque osi ormai anche solo mettere in discussione la voce del padrone. È una guerra articolata contro le masse popolari, condotta per salvaguardare gli interessi delle oligarchie finanziarie, fatta di restrizioni alle libertà e manganello ma anche e soprattutto di polizia politica, intossicazione, censura, morti sul lavoro e riduzione dei luoghi di lavoro a caserme (con gli obblighi di fedeltà aziendale che uccidono), di una politica di restringimento degli spazi di agibilità per le forze democratiche, popolari e antimperialiste, oltre che per i comunisti.
Che l’Amministrazione comunale e la Questura siano arrivate al punto da richiedere apertamente un controllo politico agli spazi sociali è indice del livello di debolezza cronica raggiunto dalle istituzioni della classe dominante. Queste settimane, infatti, ci hanno anche dimostrato che ogni mossa che fanno nella direzione di allargare la repressione, alimenta l’indignazione, la disobbedienza, la partecipazione, se chi è alla testa delle tante mobilitazioni in corso sa “rigettare il sasso sui piedi di chi l’ha lanciato”.
A conferma, ai manganelli di Pisa rispondono la straordinaria partecipazione popolare al corteo serale che si è ripeso Piazza dei Cavalieri il giorno stesso e la manifestazione nazionale contro il genocidio sionista a Milano sabato scorso. Alle minacce del sindaco PD Lepore e della sua Capo di gabinetto Ciafardini risponde, dopo l’attacco censorio comunale, la due giorni di proiezione del film Il Testimone organizzata a San Giorgio di Piano che ha fatto registrare il tutto esaurito.
A fronte di quest’ennesima provocazione contro gli spazi sociali risponde anche il fatto che la “richiesta” del Comune sia stata in grossa misura lasciata nel cassetto e ignorata non solo, giustamente, dagli spazi sociali ma anche, in alcuni casi, dagli stessi uffici comunali che dovevano inoltrarla. Questo è il primo modo di rispondere: la disobbedienza diffusa in quanto la Resistenza antifascista ci insegna che ciò che non è legittimo va disertato anche se si presenta ammantato dalla divisa della legge.
Bene ha fatto la consigliera di quartiere di Potere al Popolo Francesca Fortuzzi a denunciare pubblicamente l’accaduto aprendo così una via che deve essere imboccata da tutte le forze sinceramente democratiche, a partire dagli stessi spazi sociali oggetto di repressione. La via della disobbedienza, della denuncia pubblica e dell’unione in un unico fronte contro la censura è la via maestra per contrastare una china che vuole gli spazi sociali ridotti ad aziende o, in alternativa, il loro abbandono e degrado. A questo proposito rilanciamo, in calce a questo comunicato, la mozione approvata dall’assemblea contro la censura del 27 gennaio scorso organizzata dal Coordinamento paradiso e chiamiamo a sottoscrivere l’appello oltre a tutte le forze che erano presenti, le Case di quartiere e gli altri spazi sociali, gli eletti, gli intellettuali progressisti.
Non sappiamo a che gioco sta giocando la Questura di Bologna. È comunque, da qualunque lato la si voglia prendere, una sua gravissima responsabilità politica di questa Amministrazione comunale il dare spago e fare squadra con le Forze dell’Ordine, così come ha fatto nei mesi scorsi, in combutta con il governo centrale, per gli sgomberi.
Che forse “la città più progressista d’Italia” è sinonimo di bavaglio e manganello in barba all’art. 21 della Costituzione nata dalla Resistenza antifascista? Che l’Amministrazione comunale non ha sede a Palazzo d’Accursio bensì nella Basilica Patriarcale di San Domenico (la sede bolognese della Santa Inquisizione fin dal XIII° secolo)? Che forse le brigate partigiane Stella Rossa e 7a GAP hanno sconfitto le SS e le camicie nere perché in città tornassero i timbri dell’OVRA prima di poter fare attività politica e culturale?
10, 100, 1000 atti di disobbedienza verso le giunte del partito della guerra, dei bavagli e del cemento. Assediamo l’Amministrazione comunale di Bologna fino a cacciare questi novelli domenicani (qui e a livello nazionale) e imporre, fin da subito, con l’organizzazione e il coordinamento operaio e popolare, la libertà di parola. Difendiamo i diritti praticandoli.
Ci vediamo quindi alla proiezione del film Il Testimone che si terrà sabato 9 marzo presso l’ARCI di Pieve Cesato dalle ore 17:00 in Via Castellina 6, a Faenza (RA).
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APPELLO ALLA CITTADINANZA
Nella “città più progressista d’Italia” il sindaco interferisce con le attività culturali di una casa di quartiere, vietando di fatto la proiezione di un film di pura fiction che neppure ha visto. Lo stesso sindaco che non ha speso una parola sul genocidio in atto a Gaza.
Del resto, in città, ogni spazio pubblico o privato che sia, ritenuto scomodo alle politiche della giunta a guida PD, viene ostacolato con difficoltà di ogni genere, subisce pressioni quando non propio attacchi diretti, come accaduto per la chiusura del Sunshine.
Questi atti calpestano i più elementari diritti di espressione sanciti dall’art. 21 della Costituzione nonché mina la possibilità per la cittadinanza di avere spazi di sana aggregazione. È la conseguenza diretta della svolta autoritaria che la guerra della NATO comporta. È, in altri termini, censura di guerra, che si aggiunge alla propaganda mediatica che non ammette critiche in un processo di involuzione delle nostre istituzioni e ne quadro più complessivo di un attacco alle condizioni di vita e di lavoro della popolazione.
A tutto questo noi ci opponiamo e rivendichiamo il diritto di esercitare il diritto di opinione, di associazione e di azione, il diritto di attingere liberamente alle fonti che riteniamo più idonee a farci un’idea per informare la popolazione su quanto sta accadendo. Rivendichiamo il diritto di aggregazione, di manifestazione e di parola.
Questa giunta è asservita a gruppi economici speculativi che mettono le mani sulla città e i cui interessi sono contrari a quelli della gran parte della popolazione.
Pertanto, come forze democratiche, di opposizione e antifasciste costituiamo un tavolo contro la guerra e la censura, e ci appelliamo a tutta la cittadinanza perché sostenga questa battaglia di democrazia e per una mobilitazione che riaffermi diritti costituzionali violentati.