Mi chiamo Lino Parra e sono un comunista, ex operaio della manutenzione Rete Ferroviaria Italiana. Oggi vi scrivo perché venerdì 1° marzo, al Tribunale di Lanciano, si terrà la seconda udienza del mio processo. Il mio crimine? Aver “offeso l’onore e il prestigio” della polizia, a quanto sta scritto negli atti processuali. Un poliziotto, venuto a identificarmi mentre volantinavo ai cancelli della SEVEL di Atessa, sostiene che avrei detto al megafono: “Voi della Polizia siete la morte degli operai! Perché non andate a indagare su chi ha ammazzato Luana D’Orazio a Prato? Voi siete contro gli operai”.
Quel giorno ad Atessa denunciavo a gran voce la moria dei morti sul lavoro e invitavo gli operai ad organizzarsi: questo è il mio reale crimine, quello per cui oggi mi ritrovo a processo. La “giustizia dei padroni” si serve di cavilli e lana caprina per dare addosso a chi si ribella e si organizza contro un ordine sociale ingiusto, tutela così gli interessi di chi ogni giorno ci ammazza nei cantieri, specula sulle nostre spalle, ci toglie dignità e diritti, avvelena e mette a ferro e a fuoco la terra su cui viviamo.
Non credo di esagerare nel dire che i morti sul lavoro sono stati “assassinati dai padroni e dalla legge del profitto” e che l’omicidio di Luana lo mostra con chiarezza. Il padrone aveva manomesso la macchina che l’ha assassinata per produrre di più in meno tempo. Aveva disattivato per questo i sistemi di sicurezza. Quante volte sarà successo prima che Luana perdesse la vita? Quante volte succederà ancora? Quando sono stati travolti dal treno i miei colleghi a Brandizzo ho sentito la rabbia salirmi in corpo mentre osservavo il coro degli avvoltoi e coccodrilli di turno (dai vertici del governo fino ai dirigenti sindacali) che provava ad addossare tutta la responsabilità alla SIGIFER mentre già pensavano a come trarre profitto anche da questa tragedia. Ma ve le ricordate le risate degli imprenditori intercettati che a poche ore dal terremoto dell’Aquila già pregustavano l’ennesima speculazione?. Bugie e menzogne per nascondere la verità di un sistema marcio fino al midollo, fatto di appalti e subappalti al ribasso, turni massacranti, tempi di lavoro assurdi, stipendi da fame, riduzione massiccia del personale, esternalizzazione delle attività e scarsa professionalità delle ditte alle quali vengono assegnati i lavori. La strage nel cantiere Esselunga a Firenze, del 16 febbraio scorso, ne è l’ennesima dimostrazione! La lista di lavoratori assassinati e finanche di ragazzi sacrificati sull’altare dell’alternanza scuola-lavoro è così lunga che a scriverla tutta non mi basterebbe l’inchiostro e questa lista mostra chiaramente che chi governa questo paese si arricchisce sulla nostra pelle… e se ci scappa il morto poco importa!
Il presidente della Regione Toscana, Eugenio Giani, sui morti di Firenze ha detto: “Difficile trovare le parole, è veramente una cosa drammatica“. Certo, difficile trovare le parole per uno che parla di sicurezza e poi fa l’esatto contrario, firmando ad esempio, come ha fatto, l’autorizzazione all’installazione del rigassificatore nel porto di Piombino.
A proposito del mio processo e di ciò per cui vengo accusato, alcuni mi hanno detto che sarebbe stato tutto più semplice se avessi controllato le parole durante il volantinaggio, se avessi usato un linguaggio “più moderato”, ma la verità è che se anche io affermassi di non aver mai pronunciato le frasi che mi addebitano, questo non garantirebbe affatto la mia assoluzione. La verità è che il problema non si pone nei termini di quello che sarebbe più comodo per me. La questione la pongo nell’unico modo in cui può essere affrontato un processo che ha l’obiettivo di punire chi va a parlare di sicurezza agli operai, chi porta la linea dell’organizzazione, della mobilitazione e della riscossa!
Questo processo è politico e politica è la mobilitazione che bisogna continuare a sviluppare!
Politica è anche la soluzione, perché oggi dire la verità davanti ai cancelli di una fabbrica è diventato reato e la verità è che viviamo in una società in cui la produttività e il profitto vengono prima della sicurezza e della vita dei lavoratori e anche i Tribunali si adeguano a tale “legge”!
I padroni che anche a fronte di vere e proprie stragi, evidenti e repentine come quella di Viareggio o della Thyssen, o silenziose e prolungate come quelle dei morti per amianto o da inquinamento da Pfas, restano impuniti o se la cavano con poco (la titolare della ditta dove è stata uccisa Luana ha patteggiato la pena a un anno e sei mesi!), testimoniano chiaramente di questa giustizia a doppio binario.
La sicurezza nelle fabbriche non ce la regalerà nessuno, dobbiamo imporla noi, costruendo adeguati rapporti di forza: con l’organizzazione degli operai e il loro ruolo attivo. Bisogna organizzarsi in fabbrica, sui posti di lavoro, dobbiamo costringere i sindacati a proclamare subito lo sciopero (quello vero e non la pagliacciata di sole due ore!) e il blocco della produzione, dobbiamo incrociare le braccia e pretendere sicurezza, salari adeguati e dignità. Non c’è un altro modo per rivendicare giustizia per Muhamed Toukabri, Mohamed El Farhane, Taoufik Haidar, Luigi Coclite e Bouzekri Rahimi e per tutti gli uomini, donne e giovani assassinati per ingrassare i padroni e i loro governi.
Approfitto di questa mia lettera per fare appello alla solidarietà di voi tutti. Faccio appello a una solidarietà concreta fatta di prese di posizione pubbliche, di iniziative e anche di sostegno economico: costringere un proletario a macinare chilometri e sborsare soldi in benzina e alloggio per potersi difendere in un’aula di tribunale in Abruzzo è anche questo uno strumento per affossarmi. Certo finora sono più fortunato degli attivisti di Ultima Generazione, cui va la mia piena solidarietà, raggiunti da sanzioni pecuniarie stratosferiche – volute dal ministro degli appalti e subappalti Salvini – solo per aver imbrattato di vernice lavabile i muri o appiccicato delle foto alla teca di qualche dipinto
Approfitto di questa lettera per portare la mia solidarietà anche ai due delegati sindacali e compagni licenziati per la loro attività sindacale e politica sul posto di lavoro: Simone Casella della Worsp di Pisa e Delio Fantasia della Stellantis di Cassino.
Il 1° marzo porterò la mia solidarietà anche alla compagna Francesca Felice attivista e delegata sindacale dello Slai-Cobas della Sevel di Atessa, licenziata proprio in questi giorni.
Concludo questa mia lettera invitando tutti e tutte al presidio del 1° marzo davanti al Tribunale di Lanciano. Sarà questa l’occasione per gridare basta omicidi sul lavoro! Basta sfruttamento! Strappiamo i bavagli della censura e rispediamo al mittente la repressione!
La solidarietà è un’arma, usiamola!
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