Nel panorama della resistenza spontanea delle masse popolari nel nostro paese, Ultima Generazione incarna una proposta di protagonismo popolare. Le loro iniziative (azioni di disobbedienza civile non violenta come blocchi stradali, imbrattamenti simbolici di edifici pubblici e monumenti, ecc.) hanno il merito di portare all’attenzione dell’opinione pubblica il tema della catastrofe ambientale causata dalla classe dominante nel nostro paese e a livello mondiale.
La criminalizzazione delle azioni di disobbedienza civile promosse da Ultima Generazione (ulteriormente aggravata dal recente ddl n. 693 contro gli attivisti per il clima) mostra in modo eclatante che la legalità della classe dominante è fatta su misura contro le masse popolari e le loro iniziative. Mostra che questa criminalizzazione si sviluppa con il procedere della crisi e (in quantità e qualità) della resistenza spontanea delle masse popolari.
La classe dominante rende illegali cose che fino a ieri erano legali. Pensiamo al blocco stradale (una forma di protesta che appartiene al patrimonio di lotte della classe operaia e che si è poi generalizzato): depenalizzato nel 1999 è stato reintrodotto come reato – solo per chi bloccava le strade con degli oggetti, pur rimanendo un illecito civile fare blocchi con il proprio corpo – da Matteo Salvini nel 2018 e oggi ulteriormente criminalizzato con il pacchetto sicurezza varato dal governo Meloni (esteso l’illecito amministrativo anche a chi blocca le ferrovie e diventa reato bloccare le strade con il proprio corpo).
La legalità borghese, dunque, cambia sempre e lo fa contro le masse popolari per contenere o reprimere la loro resistenza. Per questo motivo è sbagliato farsi legare le mani dalla legalità borghese perché porta, inevitabilmente, nel vicolo cieco dell’immobilismo e della sottomissione alle autorità e alle LORO leggi.
Le iniziative di Ultima Generazione sono diventate illegali perché hanno via via assunto un valore politico più chiaro.
Se allarghiamo la prospettiva a quanto successo nelle ultime settimane rispetto ai cortei chiamati il 27 gennaio dalla comunità palestinese, sta diventando illegale anche fare cortei e presidi e diventa sempre più difficile anche proiettare film (vedasi i tentativi di censura istituzionale contro le proiezioni del film Il Testimone). Se poi portiamo il ragionamento sul piano degli scioperi, dell’attacco alla libertà di sciopero, il discorso è ancora più chiaro.
In questo contesto, la violazione dei dispositivi repressivi praticata dagli attivisti di Ultima Generazione è ancora più importante come esempio di resistenza attiva e pratica contro il restringimento degli spazi di agibilità e di iniziativa politica e sindacale. In questi termini tutto ciò che è (e diventa) illegale assume un profilo di maggiore legittimità.
Il secondo aspetto che intendiamo valorizzare è il modo in cui Ultima Generazione affronta la repressione: senza nascondersi, ma anzi denunciando pubblicamente gli attacchi che subiscono e rilanciando.
Il caso più recente è quello di Giordano Cavini che ha deciso di violare le misure cautelari che lo avevano colpito per compiere un’azione di protesta tesa a porre l’attenzione sul dramma delle popolazioni colpite dalle alluvioni della Piana Fiorentina nel novembre scorso. Azioni di questo tipo sono particolarmente importanti nell’educare le masse popolari alla lotta al legalitarismo. Di seguito vi proponiamo la lettura dell’intervista che abbiamo realizzato proprio a Giordano.
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Giordano puoi illustrarci brevemente gli obiettivi della campagna che portate avanti come Ultima Generazione?
Attualmente la richiesta di Ultima Generazione è quella di chiedere un fondo solidale, permanente e partecipato, pari a 20 miliardi di euro, a sostegno di tutte le persone che hanno subito, o subiranno, danni dalle catastrofi climatiche.
Questo, ovviamente, sarebbe però solo un primo traguardo. L’obiettivo principale della campagna è portare le persone a prendere coscienza del loro reale potere e capacità di opporsi a un sistema ingiusto attraverso pratiche di disobbedienza civile di massa. Le azioni di Ultima Generazione necessitano della partecipazione attiva dei cittadini e offrono un modello pratico di ridistribuzione del potere, perché li portano a essere soggetti politici attivi che, autonomamente, decidono le proprie necessità. In questa ottica ampia, non è corretto incasellare la nostra campagna come un’iniziativa di stampo ambientale, ma piuttosto come un movimento collettivo di rivendicazione di maggior giustizia ed equità sociale.
La vostra prassi di lotta è quella della disobbedienza civile, puoi illustrarci cosa c’è dietro questo “concetto” e questa pratica?
Come detto in precedenza, in prima istanza, la disobbedienza civile rappresenta per noi una soluzione pratica e concreta di ridistribuzione del potere. Inoltre, a nostro avviso, si tratta di una pratica necessaria nell’attuale contesto italiano. Le azioni rispettose della legalità e proattive al dialogo, rappresentano un utile strumento esclusivamente all’interno di un sistema politico realmente interessato ai bisogni dei suoi cittadini; oggi, a fronte di un sistema autoreferenziale e vessatorio, si rivelano inevitabilmente fallimentari. Al contempo, le azioni silenziose volte all’interesse collettivo, come il volontariato e l’impegno civico individuale, seppur virtuose, non offrono un reale argine al continuo dilagare della corruzione all’interno del sistema istituzionale ed economico del nostro paese. L’ingiustizia deve necessariamente essere combattuta e ostacolata attraverso pratiche concrete di lotta, da qui la scelta della disobbedienza civile. Le nostre azioni avvengono sempre a volto scoperto e perseguono il principio della non collaborazione con un sistema riconosciuto come ingiusto. La definizione di non violenza, da noi ampiamente decantato, non rappresenta, a mio avviso, una definizione esatta per le nostre pratiche dal momento che è un concetto troppo sfumato, ma è innegabile in ogni nostra azione la totale assenza di minaccia, aggressività e intento di ledere l’incolumità altrui. Alla base di queste scelte vi sono motivi di tipo strategico: il primo è l’inclusività, perché riteniamo che azioni in cui la violenza verso gli altri è ridotta al minimo rappresentino un metodo più comprensibile, condivisibile e adottabile all’interno di una realtà che si vende come libera e democratica; il secondo, è che modalità non violente e l’agire a volto scoperto aumentano la percezione repressiva delle istituzioni e la disparità tra le nostre azioni e la reazione governativa.
Una delle conseguenze delle vostre azioni è chiaramente la repressione a cui resistete praticando una serie di azioni tra cui anche la violazione delle misure restrittive che vi vengono imposte (come tu stesso hai fatto violando l’obbligo di dimora cui sei stato condannato). La vostra è una linea e una prassi molto avanzata: che ragionamento e quali obiettivi ci sono a monte?
Infrangere le leggi e le misure cautelari incorrendo volontariamente nelle relative sanzioni, finanche nella carcerazione, mette lo Stato e la magistratura di fronte a una scelta estrema. Spesso le istituzioni adottano misure repressive al fine di disincentivare le pratiche di lotta, ma condurre fino all’estremo la repressione dei propri cittadini rischia di rivelarsi una scelta impopolare. La stessa magistratura infliggendo pene estremamente severe può incorrere in problemi di incostituzionalità, dal momento che le nostre azioni rischiano di subire pene maggiori di quelle riscontrate in condotte criminose ben più violente e di maggior rilievo secondo il codice penale. Questo modello d’azione sottolinea ulteriormente la posizione vessatoria del sistema verso i suoi cittadini che di fatto sono inermi e produce, di conseguenza, l’avvicinamento e il sostegno a Ultima Generazione di altri movimenti, associazioni e cittadini preoccupati dalle leggi draconiane e dalla deriva autoritaria del governo.
Gli avvocati che vi difendono sono mossi principalmente da una motivazione professionale o anche da una condivisione delle iniziative per cui siete perseguiti e degli obiettivi che vi ponete?
Esiste una rete di avvocati a livello territoriale o nazionale? Se sì come si è formata e che ruolo avete avuto voi, come attivisti, nello spingere affinché si costituisse?
I legali che seguono Ultima Generazione per la maggior parte appartengono alla rete “Giuristi democratici”. Essa è preesistente alla creazione di Ultima Generazione e l’interesse nel collaborare è reciproco: gli stessi avvocati che per primi si sono interessati alla nostra campagna lavorano attivamente nell’espandere la rete legale in nostro supporto. Da parte di Ultima Generazione c’è una continua attenzione nel condividere le modalità d’azione con loro al fine di coltivare la fiducia reciproca. I nostri avvocati appoggiano il valore delle nostre richieste; riconoscono un principio di proporzionalità tra il nostro agire e il pericolo, identificato nel collasso climatico che cerchiamo di prevenire; considerano inoltre le nostre azioni come un atto dovuto di difesa della legalità costituzionale, visto che l’articolo 9 della Costituzione tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni.
Quali sono i dispositivi di legge maggiormente utilizzati contro di voi? Fogli di via, decreti penali di condanna, multe? E come fate fronte all’accumulo di denunce e condanne?
I fogli di via prima e ora l’adozione di misure cautelari sono i provvedimenti più utilizzati e abusati al fine di limitare la libertà personale dei cittadini che aderiscono alla campagna di Ultima Generazione. La nostra risposta sta nel sottolineare a livello mediatico l’uso sproporzionato di questi provvedimenti e nel disobbedire attivamente a tali disposizioni poiché strumentali. Nel tempo sono arrivati vari decreti di condanna a seguito dei fogli di via e in tal caso subentra l’impugnazione da parte dei nostri legali e la necessità per la magistratura, se intenzionata a procedere, di istruire dei processi lunghi e dispendiosi per violazioni di esigua entità. A questi strumenti si combina l’utilizzo di sanzioni amministrative di tipo pecuniario e in questo caso come linea di principio evitiamo di pagare per non finanziare e agevolare la repressione istituzionale. Complessivamente molte denunce penali e sanzioni amministrative da noi ricevute non giungono mai a esito effettivo perché le prime sono spesso inerenti a fatti di lieve entità e quindi difficilmente punibili in sede di processo, mentre le seconde, quando non pagate direttamente, richiedono iter procedurali lunghi che spesso non garantiscono il recupero delle spese investite a livello monetario. Infine nella nostra strategia di disobbedienza civile è contemplato il rischio della carcerazione: essa rappresenta la forma estrema di repressione del nostro governo contro cittadini pacifici e non violenti; il ricorso a tali misure non è gradito alla magistratura e la stessa politica rischia di incorrere nel malcontento popolare.
Quanto pesa la repressione economica e come ci fate fronte? Esiste una forma di solidarietà anche da parte dei vostri legali? Per esempio, vi difendono in forma gratuita?
La repressione economica viene affrontata attraverso varie strategie integrabili fra loro.
Innanzitutto i nostri legali sono abilitati al gratuito patrocinio, riceviamo supporto economico attraverso donazioni e crowdfunding e all’interno del movimento si sta sviluppando una rete di solidarietà e supporto in cui chi ne ha la disponibilità offre spazi abitativi a coloro che si trovano in stato di bisogno. Non è piacevole incorrere in sanzioni economiche e decurtamento degli stipendi, ma a muoverci c’è la consapevolezza che se non agiamo presto perderemo comunque molto, se non tutto, di ciò che abbiamo.
7. Per quanto riguarda il rapporto con le masse popolari, invece, che tipo di rispondenza trovate rispetto ai vostri obiettivi e alle vostre prassi? Le chiamate a sostenervi attivamente anche dal punto di vista economico?
Ultima Generazione, essendo una rete di cittadini, si sente ed è parte integrante della collettività. Effettuiamo regolarmente online, e nelle principali città italiane anche in presenza, incontri pubblici, aperti a tutti, in cui discutere assieme delle nostre pratiche, dei motivi che ci spingono ad agire e di come è possibile supportarci. Riscontriamo una crescente partecipazione attiva e aumentano le persone disposte a fare azioni con noi, anche se ancora non raggiungiamo numeri elevati. Molte di più sono poi le persone che ci supportano attraverso le campagne di crowdfunding o mettendo a disposizione il loro tempo nella gestione organizzativa e logistica. Raggiungiamo attraverso le nostre azioni polarizzanti un numero di persone enorme e questo nonostante le difficoltà e la descrizione distorta dei principali mass media.
Che tipo relazioni e possibili convergenze individui tra la vostra lotta (e la vostra campagna) e le tante lotte che si sviluppano sui nostri territori a partire da quella contro la guerra, contro la militarizzazione dei territori e quella dei lavoratori? In queste settimane è salita alla ribalta la protesta degli agricoltori e in alcuni paesi europei, come per esempio in Francia, alcuni gruppi di attivisti per l’ambiente, come “Les Soulèvements de la Terre”, sostengono e partecipano a queste lotte. Cosa ne pensi? Vedi possibili punti di convergenza? Ultima Generazione come dovrebbe intervenire per alimentarli?
Essendo Ultima Generazione una campagna di giustizia sociale, più che un movimento di tipo ambientalista, le convergenze sono molteplici. Il nostro obiettivo di fondo è scardinare l’attuale modello economico capitalista e cambiare il sistema politico rappresentativo. In quest’ottica si integrano e accomunano le istanze della classe operaia e dei movimenti ambientali e pacifisti. Però Ultima Generazione ha sempre puntato, fino a oggi, su una richiesta specifica di interesse nazionale e questo ha reso difficile aggregarsi concretamente a supporto di cause locali. C’è stata recentemente un’apertura all’intersezionalità degli obiettivi con la forte presa di posizione da parte della nostra campagna contro il genocidio palestinese e l’escalation bellica, oltre che con la collaborazione con il collettivo di fabbrica Gkn. Personalmente spero, il processo di riflessione è ancora aperto, che questo sia un primo passo per integrare all’interno della nostra lotta, oltre a una richiesta nazionale, altre istanze di carattere locale.
Al momento la richiesta di un fondo riparazione contro le catastrofi climatiche può risultare una valida proposta aggregativa per la categoria lavorativa degli agricoltori, ma non presenta collegamenti chiari e diretti con molte altre classi popolari.
La convergenza a mio parere è possibile, non solo su un piano ideologico ma anche di pratiche, ricordiamo come gli agricoltori abbiano scelto di bloccare le strade, cosa che mette in atto anche Ultima Generazione. L’obiettivo è quello di avvicinarsi principalmente ai piccoli contadini e pastori, mostrando loro come la richiesta di un fondo riparazione può essere investito nel sostegno e conversione delle loro attività in chiave sostenibile. La gestione agricola a conduzione familiare e di interesse locale è la più riadattabile e dovrebbe fungere da punto di riferimento e linea guida; avvicinarsi a essa renderà necessario il graduale smantellamento della grande industria agricola, fondata su pratiche non rigenerative, e del suo apparato di grande distribuzione e vendita all’ingrosso, storicamente causa dell’impoverimento del piccolo produttore.
Chiudo con un ultima domanda che può sembrare una provocazione, ma in realtà serve a sviluppare il ragionamento sulle prospettive della vostra lotta. Pensi che sia possibile raggiungere risultati significativi nella difesa dell’ambiente e contro la devastazione climatica rimanendo in questo sistema di relazioni sociali ed economiche e a fronte del fatto che ogni singolo incontro con le istituzioni, ogni singola promessa si conclude in una bolla di sapone?
Come già accennato precedentemente la risposta è chiaramente no. Sarà necessario ridistribuire ricchezza e potere rappresentativo ai cittadini se vogliamo creare un sistema più equo; si renderà necessario trasformare il nostro sistema economico, abbattendo quello capitalista, per costruire una società più sostenibile.
Entrambi questi obiettivi devono viaggiare di pari passo. Da qui nasce di fondo, per me, la convergenza tra movimenti ambientali e sociali. Stiamo conducendo tutti una battaglia contro il medesimo sistema: abbatterlo è il requisito necessario per costruire un mondo nuovo. A noi il dovere e la responsabilità di immaginarlo assieme.