Il prossimo 25 febbraio in Sardegna si terranno le elezioni alla presidenza regionale. I candidati che si presenteranno sono
– Paolo Truzzu, per il polo FdI-Lega-FI-PSd’Az, attuale sindaco di Cagliari che ha vinto la lotta interna alla coalizione caratterizzata dagli scandali che hanno coinvolto l’ex presidente Solinas;
– Alessandra Todde, per il polo PD, che vede la coalizione di dieci liste utili a raschiare il fondo del barile da parte del PD, con l’obiettivo di non perdere troppi voti rispetto alla tornata elettorale precedente;
– Renato Soru, che da fuoriuscito del PD incassa il sostegno di Azione (Calenda), +Europa, ma anche del Partito della Rifondazione Comunista (PRC) e Liberu nell’illusione di ottenere una qualche rappresentanza;
– Lucia Chessa, che ha costruito la lista insieme ad una parte dei delusi dell’inciucio elettorale che PRC e Liberu hanno portato avanti con Renato Soru, dopo aver promesso sostegno ad una lista unica e indipendentista a sinistra del PD.
La tornata elettorale del 2024 si svolge in un contesto in cui la classe dominante accresce gli sforzi per intossicare l’opinione pubblica e la coscienza delle masse popolari, aumenta la diversione dalla realtà e dalla lotta di classe, inquina e manipola l’informazione. Tutti tentativi per impedire la mobilitazione, ma soprattutto l’organizzazione, delle masse popolari. Tuttavia “i fatti hanno la testa dura”, la propaganda di regime e le chiacchiere da imbonitori si sciolgono come neve al sole di fronte alla realtà della crisi che incalza. La Sardegna non è da meno. Sono quattro i principali campi della lotta di classe e su cui, a vario titolo, tutti i quattro candidati alla presidenza regionale si sono espressi alla faccia degli interessi dei sardi:
– la lotta per la chiusura e la bonifica dei poligoni militari NATO in Sardegna, altamente inquinanti per le esercitazioni che gli eserciti NATO e alleati conducono per nove mesi l’anno con il beneplacito del Ministero della Difesa italiano e in preparazione delle guerre e genocidi in Palestina, Sahel e centro Africa, Ucraina, ecc. Questa lotta si innesta con la più specifica battaglia contro il tentativo di rendere la Sardegna un futuro deposito di scorie nucleari, progetto per il quale il Ministero della Difesa (che coincidenza…) ha candidato i poligoni militari NATO su suolo sardo;
– la battaglia contro le servitù energetiche e il tentativo delle multinazionali dell’energia di rendere la Sardegna un’enorme piattaforma su cui costruire parchi fotovoltaici ed eolici a fini speculativi, per raccattare quanto più denaro possibile del famigerato PNRR e garantirsi sacche di profitti senza alcuna ricaduta positiva per la popolazione sarda: contro tutto ciò sono nati e cresciuti una dozzina di comitati territoriali;
– la lotta del settore agropastorale in mobilitazione contro il tentativo dell’UE, tramite il “Green Deal” (lo stesso che favorisce le speculazioni energetiche tramite la produzione di energia eolica e fotovoltaica), di ingrassare le tasche delle grandi aziende e multinazionali della green economy a scapito delle piccole aziende e lavoratori autonomi;
– lo smantellamento della sanità pubblica contro il quale sono nati negli anni decine di comitati per la riapertura di ospedali, punti nascita, contro lo smantellamento di reparti ospedalieri e in generale la riduzione dell’assistenza sanitaria pubblica a favore del privato.
Queste sono, per sommi capi, alcune fra le questioni che a livello locale si combinano con l’azione del governo Meloni, che agisce con la complicità di tutti i partiti delle Larghe Intese, a determinare il corso disastroso delle cose a cui le masse popolari del nostro paese devono fare fronte. Meloni e Schlein sono d’accordo su tutte le questioni decisive: guerra in Ucraina, sostegno ai sionisti, sottomissione all’UE, smantellamento dell’apparato produttivo, attacco a pensioni e salari. Intanto, giusto a titolo d’esempio, prosegue lo smantellamento dell’apparato produttivo e “il cimitero” di posti di lavoro, di diritti, tutele e sicurezza: dalla ex Ilva alla ex Alitalia, passando per Stellantis, Portovesme srl, Wartsila, Tim, ex Gkn.
A fronte di ciò, chi votare e per quale motivo?
La ricerca di alchimie elettorali per mettere insieme “la sinistra” non hanno portato ad alcuna prospettiva positiva, principalmente perché si sono limitate all’illusione che possa esistere una scorciatoia per avere degli eletti che – nel migliore dei casi – “portano la voce delle masse popolari nelle istituzioni”. Le manovre, gli accordi, gli inciuci in chiave prettamente elettorale non sono solo tempo perso, ma alimentano la sfiducia delle masse popolari anche nei confronti di chi si proclama alternativo e antagonista al sistema. Allo stesso tempo, affidarsi alle promesse elettorali vorrebbe dire dar fede alle chiacchiere di chi vorrebbe “rendere i poligoni militari sostenibili” (A. Todde) oppure di chi ha il progetto di “restituire un ruolo politico alla Sardegna e affermare l’autonomia dallo Stato centrale del popolo sardo”, come afferma Renato Soru in alleanza con Azione di Calenda e +Europa. Citiamo solo due esempi, ma tutti i programmi elettorali sono pieni di buoni propositi e auspici attuabili, a detta dei candidati, “se solo le persone ci facessero governare”.
Ma per chi vuole costruire una reale alternativa al disastroso corso delle cose si tratta, al contrario, di usare le elezioni regionali (e in prospettiva anche le europee e amministrative) per alimentare la mobilitazione, ma soprattutto l’organizzazione, delle masse popolari; si tratta di rafforzare il percorso per la costruzione del fronte anti Larghe Intese – che ancora una volta, in nome di calcoli elettorali e interessi di bassa lega si presenta diviso, litigioso, pervaso da spirito di concorrenza – e fare un passo nella costruzione di un centro autorevole e meritevole della fiducia delle masse popolari. È possibile farlo? È possibile.
Questo è il compito che ci proponiamo noi comunisti per condurre la nostra campagna elettorale e non stare al carro di questo o quel gruppo borghese o di questo o quel politicante. Per farlo, valutiamo ogni candidato alla presidenza del consiglio regionale non sulla base di ciò che finora ha promesso, ma principalmente per il ruolo che ricopre e per ciò che ha fatto. Per questi motivi, la nostra indicazione di voto è quella di votare la lista Sardegna R-esiste con candidata Lucia Chessa presidente, facendo convergere su questa lista
– tutti i voti che altrimenti andrebbero dispersi (PaP, PCI e altre formazioni che non si sono presentate alle elezioni),
– i voti di chi è orientato ad astenersi
– e persino i voti della base di PRC e Liberu i cui vertici si illudono di ottenere almeno un consigliere alleandosi con Renato Soru, mentre lui punta solo a incassare i voti di queste formazioni politiche, ma tutto farà tranne che sostenere quei militanti di A Foras e altre organizzazioni che sono inquisiti nell’operazione Lince per i tagli alle reti dei poligoni militari e le manifestazioni contro l’occupazione militare dell’isola (e che la stessa segretaria di Liberu Giulia Lai difende in tribunale) e tanto meno promuovere e sostenere la mobilitazione popolare contro le speculazioni energetiche e i tagli alla sanità (che ha invece dato prova di sostenere durante il suo mandato di governatore tra il 2004 e il 2009).
Sardegna R-esiste raccoglie una parte degli esponenti della mobilitazione popolare e ciò va sostenuto per dare più forza e prospettiva alle mobilitazioni in corso, nell’ottica di coalizzare il più possibile l’azione degli organismi popolari. Pertanto, non ci limitiamo all’indicazione di voto, ma andiamo oltre. Proponiamo fin da subito ai partiti e organismi del movimento comunista cosciente e organizzato, ai sindacati di base, alle associazioni popolari, alle forze che si definiscono essere contro le Larghe Intese di lavorare assieme per rafforzare la mobilitazione e l’organizzazione dei lavoratori, dei giovani e delle donne delle masse popolari, per valorizzare quanto di positivo emergerà dai risultati elettorali. Per fare fronte comune contro le Larghe Intese e rafforzare la mobilitazione delle masse popolari nella lotta contro il governo Meloni fino a sostituirlo con il Governo di Blocco Popolare.
Senza una simile prospettiva, anche avere qualche eletto in consiglio regionale non servirà a molto: nel migliore dei casi a promuovere qualche interrogazione o mozione, qualche iniziativa isolata e slegata da una più ampia mobilitazione per rivoltare il paese come un calzino e imporre un governo che faccia gli interessi delle masse popolari organizzate.