Con le elezioni regionali del 24 febbraio in Sardegna inizia una tornata elettorale che, passando dalle regionali in Abruzzo il 10 marzo, si concluderà l’8 e il 9 giugno data in cui si svolgeranno le elezioni europee e a cui saranno accorpate le elezioni regionali del Piemonte (in Basilicata e Umbria la data è in via di definizione) e amministrative in molti comuni fra cui Bergamo e Firenze.
La campagna elettorale è già iniziata e agita la situazione politica, tanto in Italia per le schermaglie entro le Larghe Intese, quanto nel resto d’Europa. Ma anche nel campo delle masse popolari, ne sono un esempio le mobilitazioni degli agricoltori, che dalla Germania stanno dilagando in tutti i paesi Ue.
Le elezioni europee cadono in una situazione di crisi del sistema di potere e delle istituzioni della Comunità internazionale (CI) dei gruppi imperialisti europei, Usa e sionisti. Una situazione caratterizzata
– dallo sviluppo della “terza guerra mondiale a pezzi” e della lotta delle masse popolari di tutto il mondo contro di essa (vedi in particolare la mobilitazione contro le guerre in corso in Ucraina e in Palestina);
– dallo sviluppo della lotta di paesi e popoli (dalla Corea del Nord a Cuba) che vogliono liberarsi dal dominio economico, finanziario, politico e militare della CI e dal nuovo ruolo assunto dalla Repubblica Popolare Cinese e dal Partito Comunista Cinese con la formazione e l’allargamento dei BRICS.
Ogni campagna elettorale, indipendentemente dalla crescita dell’astensionismo, che è ormai una costante, coincide con una fase di particolare interessamento e coinvolgimento delle larghe masse rispetto alla lotta politica.
Man mano che la crisi politica dei regimi politici dei paesi imperialisti si aggrava, ogni campagna elettorale è caratterizzata dalla crescente polarizzazione: da una parte la classe dominante, i suoi interessi, i suoi partiti (polo Meloni-Salvini-Tajani e polo Pd, M5s e accoliti), i suoi portavoce ed esponenti e dall’altra parte le masse popolari, le forze politiche, sindacali e sociali che organizzano le varie forme di resistenza e lotta al degrado economico, sociale e ambientale e alla guerra, le forze anti Larghe Intese.
Sono due campi nettamente – e sempre più – divisi e contrapposti anche nel teatrino della politica borghese, ambito in cui però le masse popolari non hanno punti di riferimento stabili e credibili.
I temi dello scontro in atto
La tornata elettorale del 2024 si svolge in un contesto in cui la classe dominante accresce gli sforzi per intossicare l’opinione pubblica e la coscienza delle masse popolari, aumenta la diversione dalla realtà e dalla lotta di classe, inquina e manipola l’informazione. Tutti tentativi per impedire la mobilitazione, ma soprattutto l’organizzazione, delle masse popolari. Tuttavia “i fatti hanno la testa dura”, la propaganda di regime e le chiacchiere da imbonitori si sciolgono come neve al sole di fronte alla realtà della crisi che incalza.
– La “cricca che comanda in Europa”, la Commissione europea, cerca di correre ai ripari dalle conseguenze dell’aver eseguito senza battere ciglio gli ordini degli imperialisti Usa, in particolare riguardo all’aggressione della Nato alla Federazione Russa, le cui conseguenze – sanzioni, embargo energetico e commerciale – si sono abbattute sull’economia dei paesi della Ue, aggravando una situazione già compromessa in precedenza e ulteriormente complicata dalla pandemia.
L’aumento dei tassi di interesse sta dissanguando l’economia reale. Le rate dei mutui a tasso variabile sono raddoppiate o triplicate, ad esempio. Il prezzo dell’energia è fuori controllo. Il capitale finanziario, le multinazionali e gli speculatori la fanno da padroni. Tutto si combina nell’aumento dell’inflazione che si abbatte sulle condizioni di vita delle masse popolari.
La “revisione del Patto di stabilità”, accordo imposto dai gruppi imperialisti francesi e tedeschi a fine 2023, al netto delle chiacchiere è una nuova tagliola che aggrava il bilancio dello Stato e impone ai governi una marcia forzata per ridurre il debito pubblico (non ci sono fonti ufficiali che stabiliscano chiaramente quanto sarà il costo per l’Italia si parla di 13 miliardi di euro, ma il M5s afferma che solo il primo anno saranno 30 miliardi, per proseguire con 12 miliardi all’anno). In altri termini è la stura a nuove politiche di lacrime, sangue e privatizzazioni.
– Stanno venendo al pettine tutte le magagne del cosiddetto Green deal, l’insieme di direttive europee che ufficialmente servono ad affrontare l’emergenza ambientale e climatica, ma in sostanza sono un altro modo per allargare gli ambiti di speculazione per i grandi monopoli: dall’agricoltura alle ristrutturazioni immobiliari, dalla “transizione ecologica” alla politica industriale.
Ne è un esempio la battaglia che la Ue sta conducendo in nome della libera concorrenza per abolire quanto rimane di libera concorrenza e favorire il monopolio con la direttiva Bolkestein che taglia le gambe a milioni di piccoli imprenditori, ambulanti, partite Iva. La direttiva impone la liberalizzazione dei servizi nel mercato interno dell’Unione: gli Stati membri dovranno rimettere a bando le concessioni rilasciate negli anni dallo Stato e dagli enti locali, dando la possibilità di aprire un’attività commerciale su area pubblica a tutti i cittadini europei, senza limite di nazionalità, in un qualunque Paese dell’area Ue. Se formalmente questo appare come una picconata alle “lobbies consolidate” (l’esempio ricorrente è quello dei gestori delle spiagge e dei lidi), in sostanza favorisce i grandi gruppi finanziari e speculativi (vedi l’esempio di Red Bull che ha recentemente comprato 120.000 metri quadri di litorale nel golfo di Trieste).
– Dietro il paravento della difesa e dell’ampliamento dei diritti, in tutta la Ue è in atto il progressivo restringimento della libertà d’espressione su vari fronti: i divieti di manifestare in sostegno al popolo palestinese di cui sono stati promotori i governi di Francia e Germania, le spregiudicate campagne di censura sull’informazione (fact checking, protocolli “anti fake news”), le stringenti norme “in difesa della privacy” che vincolano siti e piattaforme web sono tutte manifestazioni di questa tendenza. Che va consolidandosi rispetto alla complicità della Ue nella persecuzione di Julian Assange e all’equiparazione fra nazismo e comunismo della risoluzione approvata dal parlamento europeo nel 2019 che prospetta ulteriori restrizioni alla libertà d’espressione (con misure analoghe a quelle già in vigore contro quello che viene definito “islamismo radicale”), nella violazione degli elementari diritti umani per i detenuti e immigrati (vedi il caso di Ilaria Salis in Ungheria, le condizioni disumane degli immigrati ristretti nei centri di detenzione).
Queste sono, per sommi capi, alcune fra le questioni che a livello europeo si combinano con l’azione del governo Meloni, che agisce con la complicità di tutti i partiti delle Larghe Intese, a determinare il corso disastroso delle cose a cui le masse popolari del nostro paese devono fare fronte. Meloni e Schlein sono d’accordo su tutte le questioni decisive: guerra in ucraina, sostegno ai sionisti, sottomissione all’Ue, smantellamento dell’apparato produttivo, attacco a pensioni e salari, gestione della pandemia… Intanto, giusto a titolo d’esempio, prosegue lo smantellamento dell’apparato produttivo e “il cimitero” di posti di lavoro, di diritti, tutele e sicurezza: dalla ex Ilva alla ex Alitalia, passando per Stellantis, Wartsila, Tim, ex Gkn…
La battaglia politica sulle elezioni europee verte sui temi imposti dal procedere della crisi generale del capitalismo. Dietro le chiacchiere e i discorsi fumosi del politicanti borghesi, le questioni sono molto concrete.
Il parlamento europeo è una scatola vuota e conta come il due di picche (il potere dei gruppi imperialisti europei passa attraverso la Commissione europea, la Banca centrale europea, ecc. ) – infatti, per questo, la battaglia non si riduce affatto a eleggere o meno alcuni parlamentari “amici delle masse popolari” – ma i temi dello scontro politico riguardano pienamente il governo del paese e dei territori e la sovranità nazionale del nostro paese. Entrano a forza anche nella propaganda elettorale delle elezioni amministrative. Le Larghe Intese fanno di tutto per relegare la lotta politica delle elezioni amministrative a questioni secondarie: il decoro urbano, la viabilità, ecc. Ma nessuna città può essere amministrata senza considerare le questioni generali: la disoccupazione, la guerra, il carovita, la devastazione ambientale, la sovranità nazionale, ecc.
Prendiamo l’esempio di Firenze. I partiti delle Larghe Intese fanno carte false per estromettere l’installazione di un comando Nato in città dalla campagna elettorale per le comunali ed eludere l’argomento (“non è pertinenza di un sindaco”). Invece è un tema centrale, riguarda non solo le condizioni di vita delle masse popolari, ma incide direttamente sul corso che il paese sta intraprendendo.
Organizzare la mobilitazione per il No al comando Nato a Firenze, mobilitare i lavoratori e le masse popolari in questa battaglia, è parte determinante per la campagna elettorale per le amministrative ed è parte integrante della lotta contro la terza guerra mondiale a pezzi in cui gli imperialisti Usa e la Nato trascinano il mondo e il nostro paese (e quindi anche i cittadini di Firenze) con la complicità del governo Meloni.
La questione principale
Quanto detto aiuta a mettere a fuoco la questione politica principale di questa fase nello scontro di classe.
La ricerca di alchimie elettorali per mettere insieme “la sinistra” non hanno alcuna prospettiva positiva, se si limitano all’illusione che possa esistere una scorciatoia per avere degli eletti che – nel migliore dei casi – “portano la voce delle masse popolari nelle istituzioni”. Le manovre, gli accordi, gli inciuci in chiave prettamente elettorale non sono solo tempo perso, ma alimentano la sfiducia delle masse popolari anche nei confronti di chi si proclama alternativo e antagonista al sistema.
Si tratta, invece, di usare le prossime elezioni europee e amministrative per alimentare la mobilitazione, ma soprattutto l’organizzazione, delle masse popolari; si tratta di rafforzare il percorso per la costruzione del fronte anti Larghe Intese – che ancora una volta, in nome di calcoli elettorali e interessi di bassa lega si presenta diviso, litigioso, pervaso da spirito di concorrenza – e fare un passo nella costruzione di un centro autorevole e meritevole della fiducia delle masse popolari. È possibile farlo? È possibile.
Questo è il compito che ci proponiamo noi comunisti per condurre la nostra campagna elettorale e non stare al carro di questo o quel gruppo borghese o di questo o quel politicante.
Proponiamo ai partiti e organismi del movimento comunista cosciente e organizzato, ai sindacati di base, alle associazioni popolari di lavorare assieme per rafforzare la mobilitazione e l’organizzazione dei lavoratori, dei giovani e delle donne delle masse popolari.
In primo luogo contrastando tutti i tentativi di alimentare concorrenza e contrapposizione fra diversi settori delle masse popolari e, parimenti, contrastare la propaganda radical chic e l’antifascismo padronale promossi dalla classe dominante. Ovunque c’è una mobilitazione popolare contro il programma comune della borghesia arriva la criminalizzazione e le accuse di contiguità con le organizzazioni neofasciste. È il caso delle proteste degli agricoltori: “rischio di infiltrazioni dell’estrema destra e dei neonazisti”, “sono animate dai Novax”, “sono sostenute dai terrapiattisti”, ecc.
Gli agricoltori tedeschi, francesi, italiani e di ogni altro paese hanno ragione! La loro lotta è giusta e va sostenuta.
Chiunque cerchi di screditarli o di contrapporre la loro mobilitazione a quella di altri settori delle masse popolari fa il gioco della classe dominante. Chiunque si rifiuta di “mettere le mani in pasta” in quella mobilitazione fa davvero il gioco delle organizzazioni di estrema destra, lasciando loro il campo libero.
In primo luogo, quindi, si tratta di lavorare per far corrispondere gli schieramenti di classe agli schieramenti politici ed elettorali e usare la lotta politica borghese per rafforzare il processo per la costruzione del fronte anti Larghe Intese che nella società esiste già.
In secondo luogo abbandonando i “tatticismi” attorno alla stesura dei programmi. I programmi sono importanti come bussola, come orientamento generale, ma per navigare bisogna remare, cioè portare la battaglia sul terreno dell’organizzazione delle masse popolari e della loro mobilitazione pratica per iniziare ad attuare fin da subito, senza aspettare le elezioni e i risultati, le misure urgenti che servono per fare fronte agli effetti della crisi, nei limiti di quanto le condizioni concrete consentono di fare. Questo significa condurre una campagna elettorale che oltre ad agitare “programmi di rottura” si qualifica attraverso “iniziative di rottura” anche piccole, ma che siano un segnale di un effettivo cambiamento. È sbagliata, riduttiva, superata e inefficace l’illusione di raccogliere consensi sulla base delle promesse e degli impegni:
– perché le masse popolari vengono da decenni di promesse non mantenute, impegni disattesi e voltagabbana;
– perché le campagne che si limitano all’opinione lasciano il tempo che trovano in un contesto in cui il nemico è all’attacco su tutti i fronti;
– perché quanto c’è di interesse e di partecipazione alla lotta politica fra le masse popolari deve essere valorizzato e incanalato ai fini della mobilitazione e dell’organizzazione, della lotta di classe. Limitarsi al suo surrogato elettorale significa alimentare sottomissione al teatrino della politica borghese, che alimenta sfiducia e rassegnazione invece di porsi come costruttori di un nuovo sistema di governo del paese e contendere alla classe dominante l’orientamento delle masse popolari.
In terzo luogo ponendo degli obiettivi di prospettiva. I risultati elettorali che bisogna preparare e di cui c’è da discutere non riguardano il numero di voti raccolti, ma le posizioni che le masse popolari organizzate conquistano nella lotta politica in corso anche grazie all’irruzione nel teatrino della politica borghese.
In questo senso, le principali posizioni che possono essere conquistate con la campagna elettorale per le europee non si limitano affatto a ottenere qualche eletto “che porta la voce delle lotte e del dissenso nel parlamento europeo”, riguardano invece l’avanzamento della mobilitazione per la sovranità nazionale, contro la sottomissione dell’Italia agli imperialisti Usa, sionisti e Ue, per sottrarre il paese a chi lo sta trascinando, in qualità di complice dei macellai imperialisti e sionisti, nella spirale della terza guerra mondale a pezzi.
A sinistra continua a risuonare il mantra di costruire un progetto a sinistra del Pd.
Sulla carta il proposito non è di difficile realizzazione, poiché il Pd da anni non è un partito di sinistra, al massimo è di destra più moderata rispetto alla cricca che sostiene il governo Meloni, anche se condivide con poche eccezioni il programma del governo Meloni.
Nella pratica il proposito si dimostra più difficoltoso. Motivo principale è che la sinistra borghese (cioè quelle organizzazioni di sinistra dello schieramento borghese che critica le brutture del sistema capitalista, ma non ritiene possibile farla finita con il capitalismo e costruire la nuova società socialista), che si cimenta in questa impresa coltiva mille rapporti di dipendenza con il Pd, Nelle amministrazioni locali nelle commissioni, nei circoli culturali, intellettuali e accademici, ecc. Se questa tela avviluppa gli esponenti più in vista della sinistra borghese, essa però non riesce a contenere l’esigenza di un centro politico alternativo e antagonista al Pd.
L’esigenza emerge da ogni angolo e ce ne sono molte manifestazioni. La lettera che il mondo accademico, intellettuale e della cultura ha inviato a Mattarella dopo il suo discorso di fine anno (“Non in nostro nome”) è una di esse. Il convegno “Fine dell’austerità e nuovo intervento pubblico: un’ipotesi di governo” che si è svolto il 26 gennaio a Roma nell’aula Marconi del Cnr è un’altra. Anche la lettera in cui Tomaso Montanari lancia una lista civica per le amministrative di Firenze, ma con lo sguardo rivolto alla politica nazionale, è una di esse.
Iniziative molto diverse fra loro, accomunate tutte dall’esigenza di un’alternativa. Che non è partitica o “solo politica”, è prima di tutto la strada per un governo del paese alternativo alle Larghe Intese. Di esempi a riguardo se ne possono fare molti altri [vedi “Osare lottare, osare vincere” sul n. 1/2024 di Resistenza ]. La questione è che le elaborazioni, le soluzioni e le prospettive positive oggi ci sono già, la questione non è cercare consenso su di esse, ma darsi gli strumenti per iniziare ad attuarle.
Che fare per le elezioni europee?
Siamo consapevoli che nel variegato fronte anti Larghe Intese del nostro paese, nonostante prevalgano concezioni elettoraliste e l’influenza della sinistra borghese la faccia da padrona, esistono aree, aggregati e tendenze che hanno le capacità e la volontà per anteporre le questioni politiche ai tatticismi elettorali. Sono deboli e sparse anche in ragione delle difficoltà e delle resistenze a fare un bilancio serio dell’esperienza delle elezioni politiche del 2022, in cui proprio elettoralismo e spirito di concorrenza hanno impedito di raggiungere risultati ambiziosi, ma possibili. Quella mancata discussione non va considerata chiusa e va invece rianimata perché non è mettendo i limiti e gli errori di allora sotto il tappeto che si affrontano efficacemente i problemi di oggi.
La campagna elettorale è già iniziata sia nel senso che i principali temi e argomenti sono tutti sul piatto, palesi, ma anche nel senso che le Larghe Intese hanno già iniziato a tramare e a manovrare, nel campo del fronte anti Larghe Intese ci sono invece brusii e macchinazioni per cercare di trovare “la quadra al meno peggio” (che porta sempre al peggio). Una lista pacifista capeggiata da Santoro? Una lista identitaria senza grandi possibilità di superare lo scoglio della raccolta firme? Un’ammucchiata nella speranza di strappare qualche eletto? La battaglia sulle candidature?
Seguiamo con attenzione tutti gli sviluppi, senza settarismi e con l’obiettivo di fare la nostra parte affinché in ogni ambiente prevalga la sinistra, che oggi si distingue e si caratterizza in quanti si fanno promotori della costruzione della più ampia unità di azione del movimento di resistenza popolare e della solidarietà di classe, come via concreta per costruire il fronte anti Larghe Intese anche sul terreno elettorale. Chi intende prescindere dal fare i conti con la mobilitazione delle masse popolari si sta preparando a raccogliere un’altra delusione, un’altra batosta.
Chi intende usare le elezioni per alimentare la mobilitazione e l’organizzazione delle masse popolari trova invece un terreno fertile. È quello che ci interessa coltivare. Per questo stiamo cercando tutte le possibili interlocuzioni con la parte più lungimirante e sana del fronte anti Larghe Intese per alimentare la costruzione del fronte comune. Che non è una lista e non è un programma di promesse, ma una presa di responsabilità, la presa in carico del processo grazie al quale le masse popolari organizzate imparano a diventare – e iniziano a diventare – la nuova classe dirigente del paese.
La proposta che avanziamo per usare le elezioni europee
1. Coalizzare tutte le forze contrarie alle politiche antipopolari, di guerra, di sottomissione alla Nato e alla Ue del governo Meloni e dei partiti delle Larghe Intese: non darsi come obiettivo principale quello di eleggere qualche euro-parlamentare che nel migliore dei casi “parla a vuoto” nel parlamento europeo, ma darsi come obiettivo principale quello di fare passi avanti nella costruzione del più ampio fronte anti Larghe Intese per rafforzare la mobilitazione delle masse popolari nella lotta contro il governo Meloni e per imporre il Governo di Blocco Popolare;
2. alimentare l’organizzazione e la mobilitazione dei lavoratori autonomi che vengono sempre più vessati dalle imposizioni dell’Ue;
3. propaganda del Governo di Blocco Popolare che è anche la lotta per la sovranità nazionale, contro l’Ue, contro le altre istituzioni del sistema imperialista mondiale (Fmi, Banca Mondiale, ecc.) e contro il loro braccio armato (Nato).
La sottomissione delle masse popolari ai gruppi imperialisti dei propri paesi conduce alla guerra tra masse popolari. Solo masse popolari sovrane nel proprio paese sono in grado di stabilire un rapporto di collaborazione e di solidarietà con le masse popolari di altri paesi.