L’esempio del Comitato di lotta deposito Ticinese
“Libertà di espressione, libertà di associazione, libertà di sciopero. Secondo noi questi sono sacrosanti diritti e non solo belle parole, ma vanno difesi e praticati quotidianamente. Specialmente in questo momento storico dove stridono terribilmente con la realtà.
Nuvole nere si stanno addensando all’orizzonte. Il nostro settore lavorativo è entrato in una tempesta perfetta. Tanti sono i colleghi (anche “anziani”) che stanno abbandonando la nave sempre più alla deriva. Noi vogliamo invertire la rotta. Cari colleghi, portiamo tutta la nostra intelligenza e la nostra passione, perché ne avremo bisogno. Insieme siamo tutto. Da soli non siamo niente e lo avete visto”
Comitato di lotta deposito Ticinese ATM Milano
Salari, difesa dei diritti, sicurezza per tutti i lavoratori e per gli utenti. Questi i motivi che hanno portato i lavoratori del Trasporto Pubblico Locale (TPL) ad aderire allo sciopero nazionale dello scorso 24 gennaio proclamato dai sindacati di base Cobas Lavoro Privato, Cub Trasporti, Usb, Adl, Sgb, Associazioni lavoratori Cobas e Orsa.
Quello di mercoledì è stato il terzo sciopero di categoria indetto negli ultimi quattro mesi e se contiamo quelli che si sono susseguiti a livello territoriale e di azienda, la lista aumenta.
Ad alimentare la partecipazione dei lavoratori però ha avuto un ruolo centrale anche la necessità di difendere il diritto di sciopero, ormai da mesi sotto attacco da parte del ministro Salvini, che è intervenuto prima chiedendo la riduzione delle fermate a 4 ore, così da rendere lo sciopero inefficace, poi precettando i lavoratori.
Un attacco repressivo vero e proprio a cui però sindacati e lavoratori non hanno creduto, ma anzi, hanno risposto scioperando e rilanciando anche la lotta contro una repressione che si allarga sempre di più.
Milano 30/40% mezzi di superficie, la sera chiuse le linee 1 e 2 della metropolitana; Roma nel pomeriggio bloccate tutte le linee metropolitane e il collegamento con Viterbo, per Atac i bus fermi sono stati complessivamente il 30%; Bologna 80%; Ferrara 50%; Trento 40%; Torino 68%; Livorno e Piombino 80%; Trieste 70%; Gorizia 50%; Monfalcone 80%; a Napoli la Cumana e la Circumflegrea ferme mentre la linea 1 della metro e la funicolare a singhiozzo; Pesaro e Urbino 30%; Modena 50%; STP Bari e Lecce 70%; Bolzano 50%; Padova linee urbane ed extraurbane 60%; a Firenze nel pomeriggio punte del 70%; Genova con traffico urbano fermo al 35% ed extraurbano al 25%; Brescia oltre il 70%; Palermo circa il 90%
Ma se questo sciopero è stato possibile (i numeri lo dimostrano) e se i sindacati di base lo hanno proclamato in maniera unitaria a livello nazionale è perché hanno raccolto la rabbia dei lavoratori.
Perché sono stati spinti dalla combattività dei loro iscritti e da quella dei lavoratori che hanno aderito allo sciopero generale in cinque tappe di Cgil e Uil di novembre e dicembre. Sono stati spinti dalla voglia di riprendere in mano il proprio destino dimostrata dai lavoratori che hanno cominciato ad incontrarsi, al di là della tessera sindacale, per discutere dei problemi del proprio posto di lavoro, per rompere col disfattismo e con il meccanismo della delega, per tornare protagonisti della lotta per la conquista di migliori condizioni di lavoro e contro le precettazioni come hanno fatto i lavoratori di ATM di Milano durante gli scioperi selvaggi del 2003.
È con questo obiettivo che lo scorso 20 dicembre, su iniziativa di un gruppo di lavoratori è nato, all’interno di uno dei depositi ATM di Milano, il Comitato di lotta deposito Ticinese.
Che altri 10, 100, 1000 comitati di lotta nei depositi nascano in tutto il paese, si rafforzino e si coordinino tra di loro.
Che all’indomani dello sciopero nazionale del TPL i lavoratori si organizzino e chiamino a sostenere la loro vertenza lavoratori di altre categorie, come quelli della TIM, dell’ex ILVA, della Gkn, della sanità..
È l’unità e il coordinamento tra le organizzazioni di lavoratori a dare maggior forza alle reciproche lotte ed è anche l’ingrediente fondamentale per preparare il terreno a cacciare il governo Meloni complice di multinazionali, fondi speculativi e padroni che continuano a smantellare l’apparato produttivo del paese e a tagliare quel che resta dei servizi pubblici.