Pubblichiamo uno stralcio, adattato alla versione cartacea, dell’intervista a Alessandro Nannini dei Cobas. L’intervista integrale sull’esperienza della lotta dei lavoratori Ataf – trasporto pubblico a Firenze – è stata trasmessa sul podcast Corrispondenze operaie.
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Nel 2013 i lavoratori Ataf sono stati protagonisti di una lotta importante, hanno sfidato le precettazioni e sono stati multati. Ci parli di quell’esperienza?
Nel 2012 Ataf era un’azienda pubblica. Con Renzi al governo della città è iniziato il processo di privatizzazione e l’azienda è stata ceduta a Bus Italia. Già per il passaggio ci furono scioperi e manifestazioni: cercavamo di spingere la cittadinanza a comprendere la gravità della privatizzazione. Ma era il periodo in cui Renzi & Co. sparavano tutti i giorni contro il servizio pubblico, dicevano che le aziende pubbliche erano piene di fannulloni e che i privati avrebbero risolto i problemi. Oggi si vedono i risultati… Fatto sta che in pochi ci ascoltarono, all’inizio.
Dopo un periodo di calma apparente, Bus Italia ha preso l’iniziativa di disdire tutti i contratti e gli accordi esistenti. Abbiamo iniziato una lotta abbastanza dura, abbiamo iniziato a scioperare. A ridosso della data in cui la disdetta avrebbe dovuto entrare in vigore abbiamo fatto sciopero con assemblea nei depositi. Fin dalla mattina abbiamo affermato che non saremmo rientrati in servizio fino al ritiro della disdetta della contrattazione, abbiamo proclamato lo sciopero a oltranza. Senza fasce di garanzia o altro. La sera è arrivata la precettazione.
E sono arrivate le multe…
Si certo. Il Prefetto ha precettato e noi abbiamo convocato una nuova assemblea, partecipatissima perché si doveva decidere se e come andare avanti. A quel punto, comunque, eravamo già un passo oltre la precettazione e tutti avevamo chiaro che la disdetta degli accordi andava respinta a qualunque costo perché altrimenti avremmo perso tutte le conquiste degli anni precedenti, si trattava di ripartire da zero su tutti i fronti.
Quindi si decise di andare avanti, precettazione o meno. I rischi erano chiari: in assemblea sono intervenuti anche gli avvocati che hanno spiegato per filo e per segno quello che sarebbe successo: multe da 500 a 600 euro per ogni giorno di sciopero che violava la precettazione.
Decisione presa, dunque, ma va detto che proprio quella sera l’azienda ha fatto un passo indietro aprendo a un tavolo di trattativa. Che poi in effetti è iniziato.
Nel complesso delle questioni contrattuali e degli accordi, con la trattativa abbiamo perso alcune posizioni. Ma non abbiamo perso tutto, con quella lotta abbiamo evitato la disfatta totale.
Chiaro poi che il risultato ha avuto un prezzo economico per i lavoratori, con le multe.
Come vi siete posti?
Intanto c’è da dire che la Prefettura aveva fatto alcuni errori nella compilazione dei moduli. Abbiamo fatto leva su un cavillo burocratico e un tot di multe sono state annullate subito. Per le altre abbiamo fatto ricorso. E qui è emerso uno dei tanti paradossi della giustizia italiana.
C’erano due giudici di pace che erano proprio convinti che avremmo dovuto essere multati. I ricorsi che sono passati sotto di loro sono stati tutti respinti. Quindi c’erano lavoratori a cui la multa era stata annullata e altri a cui era stata confermata.
Ora non so dire quante sono state confermate e quante annullate, so che alla fine abbiamo fatto una raccolta di sottoscrizioni, cene, iniziative… anche i lavoratori che hanno avuto la multa annullata hanno messo una parte di soldi per sostenere quelli a cui la multa era stata confermata. Insomma, anziché pagare 600 euro, magari un lavoratore ha pagato 200. Che sono tanti, ma sostenibili. E abbiamo contribuito un po’ tutti.
Che bilancio tiri di quella esperienza? Ci sono aspetti che possono essere utili nella situazione di oggi?
Guarda, sono stati giorni emozionanti. Tesi, perché la situazione era tesa, c’era sempre la polizia ai presidi, alle manifestazioni, fuori dal deposito, perché le trattative non erano facili, perché c’erano discussioni, ecc. Giorni duri, ma comunque giorni belli, vitali, di iniziativa, di lotta. Le multe hanno pesato e ce le siamo trascinate dietro per parecchio tempo. E anche ora.
Più di tutto mi pare che c’è paura che oggi non ci sia più quel clima di solidarietà, sia fuori dal deposito che fra lavoratori. Che poi è anche la mia preoccupazione.
C’è stato molto ricambio, oggi ci sono molti colleghi giovani, inesperti, che non sanno niente di organizzazione e di lotta sindacale, che se gli parli di sindacato per loro uno è uguale all’altro.
Quindi penso che la cosa importante sia mettersi con pazienza a formare questi lavoratori giovani.