Monfalcone. Chi minaccia la città?

Nello scorso numero di Resistenza abbiamo pubblicato la breve corrispondenza di una nostra lettrice di Monfalcone (GO) che annunciava il corteo della comunità bengalese e musulmana contro le chiusure delle moschee che la sindaca Anna Maria Cisint ha imposto con motivazioni di tipo urbanistico e di sicurezza. Ebbene, il 23 dicembre il corteo si è svolto alla presenza di più di 8 mila persone (bengalesi, ma non solo) che hanno sfilato dietro uno striscione con su scritto “Siamo tutti monfalconesi. No alle divisioni” e con centinaia di bandiere italiane e dell’Unione Europea.

La sindaca della Lega – invece di prendere atto del fatto che nella città che amministra un cittadino su tre è musulmano – ha considerato il corteo una provocazione, dichiarando: “Il valore del Natale è stato violato da questa [manifestazione, ndr] che è stata scelta e condotta il 23 dicembre per colpire al cuore le persone che amano il Natale e ciò che rappresenta per noi occidentali e cristiani”.
A proposito di provocazioni. Oltre ai provvedimenti presi in passato, come il divieto alle donne musulmane di fare il bagno in mare vestite e le critiche al ramadan che creerebbe problemi ai bimbi per via del digiuno, il 18 gennaio la polizia locale è entrata “per un controllo” nel centro culturale islamico Darus Salaam – dove si stava tenendo il doposcuola ai bambini – e ha identificato tutti i presenti, bambini compresi…
Una cosa che però non emerge dagli attacchi della sindaca è che la comunità bengalese rappresenta buona parte della forza-lavoro impiegata nelle industrie della città, Fincantieri in primis. Ed è proprio lì che il 19 gennaio è rimasto ferito gravemente un operaio di ventitré anni – bengalese pure lui – dopo che gli è crollata addosso un’impalcatura di metallo.
Insomma, i cittadini musulmani non possono avere un luogo in cui pregare, ma sono liberissimi di farsi ammazzare per costruire le navi da crociera.

La protesta della comunità bengalese, dunque, sta assumendo una valenza ancora maggiore perché mostra chiaramente che la popolazione di Monfalcone non è minacciata dai cittadini stranieri, ma dai manager in giacca e cravatta – come quelli di Fincantieri – che in nome del profitto a ogni costo risparmiano sulla sicurezza, sui contratti e sulla manutenzione, provocando incidenti come quello dei giorni scorsi, per il quale stanno già cercando di incolpare la bora (un fenomeno così inusuale nella regione…).
Ed è minacciata dai leghisti che, insieme agli esponenti di tutti gli altri partiti delle Larghe Intese, sono capaci solo di fare danni alle masse popolari in ogni città, paese o ente che amministrano.
Che a Monfalcone e nel resto del paese siano i lavoratori a decidere del governo dei territori!

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