Sfidando i divieti, a Milano sventolano ancora le bandiere palestinesi

Ministero dell’Interno e Prefettura di Milano sfregiano il giorno della memoria

Non serve il permesso di nessuno per manifestare solidarietà al popolo e alla resistenza palestinese, per ribellarsi al genocidio in corso per mano degli imperialisti e dei sionisti, per denunciare la complicità del governo Meloni.

Alcune riflessioni sulla giornata del 27 gennaio a Milano.

1. Prefettura e Questura di Milano si sono prestate a fare gli zerbini della comunità sionista che opera come una piovra in Italia. È a seguito delle sue pressioni sul ministro dell’Interno Piantedosi che il 27 gennaio, con la scusa del giorno della memoria, il governo italiano ha vietato le manifestazioni in solidarietà al popolo e alla resistenza palestinese.
Non c’era bisogno di un’ulteriore dimostrazione del servilismo di Fdi e Lega verso i sionisti, ma Fdi e Lega hanno voluto darla ugualmente. In buona compagnia del Pd e di tutte le altre “opposizioni” che hanno accettato in silenzio questa ulteriore – e gravissima – violazione dei diritti conquistati con la vittoria della Resistenza sul nazifascismo.

A proposito di “memoria”, il governo Meloni, la Prefettura e la Questura di Milano si sono comportati esattamente come quelle autorità del Ventennio che cercavano di vietare manifestazioni, scioperi e mobilitazioni. A pochi passi da via Padova, dove hanno bloccato il corteo per la Palestina – Piazzale Loreto è monito di dove conduce la politica di oppressione, repressione e militarismo di cui oggi si fanno promotori.
Questo favorisce una domanda. Dov’erano il 27 gennaio e dove sono oggi, quelle forze politiche borghesi di “opposizione” che ammorbano quotidianamente l’opinione pubblica sul “ritorno del fascismo”? Potrebbero avere un ruolo in questa situazione SOLO se si mettessero alla testa della battaglia per rimuovere Prefetto e Questore di Milano per il regime di ordine pubblico criminale, provocatorio e pericoloso che hanno imposto.
A 24 ore da quei fatti, però, nessuno dei loro esponenti ha ancora fatto una dichiarazione in merito.

2. In via Padova si è concretizzata, nella mobilitazione di oltre mille persone, un parte importante della solidarietà al popolo palestinese: quella che non si lascia intimidire e che non è disposta a rispettare divieti. Se la mobilitazione non ci fosse stata, se non fosse stato tentato lo sfondamento dei cordoni di celere e carabinieri, molti degli slogan gridati da molte settimane in quelle piazze avrebbero perso, almeno in parte, significato.
In Palestina è in corso un genocidio e non deve esistere Ministro, Prefetto o Questore che può decidere chi, come e quando scende in piazza per denunciarne i mandanti, gli esecutori e i complici.
Ogni appello alla “responsabilità” è una distorsione della realtà: sarebbe stato irresponsabile non scendere in piazza e non tentare di forzare i cordoni, perché un divieto accettato oggi è un divieto che potenzialmente non viene più revocato. Sarebbe stata la manifestazione di un arbitrio, dall’alto, e della disponibilità di accettarlo e subirlo, dal basso.

3. Il corteo non è partito, la Polizia è riuscita a contenere la manifestazione. Più che ragionamenti sulle questioni “tattiche” sui motivi per cui ciò è avvenuto – che pure è utile sviluppare, anche se non qui – quel parziale successo nel contenimento, per la Questura, la Prefettura e il Ministero dell’Interno ha avuto un prezzo politico. Hanno contenuto, ma è un po’ più chiaro a tutti che non basta fare la voce grossa per impedire le mobilitazioni. Non bastano nemmeno gli scudi e i manganelli. I loro divieti sono stati sfidati oggi e saranno stracciati domani. E sempre più frequentemente: il mondo dei padroni è in fiamme, i criminali che lo governano non avranno pace.

4. Dopo il momentaneo sensazionalismo – “gli scontri di Milano” sono stati su tutti i giornali e i telegiornali per sei ore – sulle manifestazioni e sulla rottura dei divieti è calato il silenzio. Le autorità repressive non hanno fatto una gran bella figura e la disobbedienza ai divieti rischia di diffondersi.
Probabilmente le autorità repressive stanno preparando un’inchiesta “in grande stile”: denunce, arresti, processi.
Facciano bene i loro calcoli. Disobbedire ai diktat degli assassini sionisti, non rispettare gli ordini dei loro servi italiani, affermare il diritto di manifestare dove, come e quando è giusto farlo sono tutte medaglie al merito. Sono esempi. Sul banco degli imputati devono andarci i responsabili di un regime di ordine pubblico criminale e pericoloso e ogni occasione per portarceli, sia pure in un processo per resistenza a pubblico ufficiale, è ottima, è l’occasione che serve a rinfocolare la resistenza popolare nelle strade, nelle aziende e nelle scuole.

5. Una nota a margine. In via Padova si sono accese discussioni sul come fare fronte alla condotta irresponsabile e criminale dei burattini della comunità sionista che stanno in Prefettura e in Questura.
Alcuni manifestanti ponevano il dubbio che se ci fossero state forzature, Questura e Prefettura avrebbero fatto ritorsioni verso chi dipende dalle norme sui permessi di soggiorno o sul percorso di cittadinanza per vivere e lavorare in Italia. Non sarebbe la prima volta che succede.
Su questa precisa problematica è bene chiarire alcune cose per evitare un’inutile guerra fra poveri.
In Italia la solidarietà con la resistenza palestinese è forte e ha una radicata tradizione.
I solidali italiani sono ben disposti a usare TUTTI gli strumenti a disposizione per preservare i compagni e le compagne, i fratelli e le sorelle, che possono essere ricattati e minacciati. Anche questa è solidarietà: prendersi cura di tutti coloro che combattono dalla stessa parte della barricata.
La lotta è una e si combatte insieme. Si combatte più efficacemente se si riesce a combinare bene le caratteristiche di tutti.

6. Non solo Milano. La mobilitazione di Milano ha avuto particolare risalto perché è quella che ha creato problemi di ordine pubblico a chi voleva vietare le manifestazioni. Ma i divieti sono stati imposti in molte altre città e le mobilitazioni si sono svolte comunque, almeno come presidi.
A dimostrazione che l’obiettivo non fosse SOLO impedire le manifestazioni in solidarietà con il popolo palestinese nella “giornata della memoria”, a Bari e a Palermo, pure se in modo diverso fra loro, le questure hanno provato a ostacolare le attività che il P.Carc conduce nel lavoro “ad ampio raggio” (cioè dove non sono ancora presenti Sezioni del Partito).

https://www.youtube.com/watch?v=XFLOwyzhbyE
Palermo

Concludiamo con una riflessione più generale sul revisionismo storico attraverso cui la classe dominante cerca di creare condizioni favorevoli ai suoi crimini. Ne è un esempio il fatto che il giorno della memoria è stato completamente calibrato dalla classe dominante per ricordare le vittime della Shoa. In queste settimane, ciò è stato usato per criminalizzare la resistenza palestinese e il movimento di solidarietà, fino a vietare le manifestazioni del 27 gennaio. Ma le vittime dei campi di concentramento nazisti non furono affatto solo le popolazioni ebree. Oltre agli ebrei ne furono vittime le popolazioni slave delle regioni occupate nell’Europa orientale e nei Balcani, i prigionieri di guerra, gli oppositori politici, minoranze etniche come rom, sinti e jenisch, gruppi religiosi come testimoni di Geova e pentecostali, omosessuali e portatori di handicap mentali o fisici. Di seguito i dati dello United States Holocaust Memorial Museum

Vittime%Numero (approssimativo)
Ebrei (Jews)42%6 milioni
Polacchi, Ucraini e Bielorussi (Ethnic Poles, Ukranians & Belarusians)22%3,5 / 4 milioni
Prigionieri di guerra sovietici (Soviet POWs)20%3 milioni
Politici (Politicals)10%1,5 / 2 milioni
Jugoslavi (Jugoslavia)3%320 000 / 350 000 (serbi); 20 000 / 25 000 (sloveni)
Rom2%196 000 / 300 000
Disabili (Disabled)1%250 000 / 270 000
Altri (Other)1%5 000 / 15 000 (omosessuali); 1 900 (testimoni di Geova); piccoli gruppi di afro-europei; ecc.

Anche quando parliamo di “memoria”, come di qualunque altra cosa, non è possibile nessuna condivisione né di dati o di fatti, né di valori, con la classe dominante. Essa mente. Mente per intossicare le coscienze delle masse popolari, per giustificare il suo ruolo nel mondo e per nascondere il fatto che la sua esistenza è causa della barbarie verso cui il mondo sprofonda.

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