Lo stato d’emergenza devono dichiararlo gli operai

Il 31 dicembre si è svolta a Campi Bisenzio la manifestazione, molto partecipata, indetta dagli operai della ex Gkn.
Originariamente convocata come momento apicale della mobilitazione contro i licenziamenti – che avrebbero dovuto diventare definitivi dall’1 gennaio – si è invece caricata di prospettiva dal momento che le procedure di licenziamento sono state invalidate da un ricorso che la Fiom ha presentato in tribunale per condotta antisindacale di Borgomeo, il padrone.

Il P.Carc ha partecipato alla mobilitazione e ha cercato di farvi confluire i lavoratori delle altre aziende in crisi, altre aziende per cui il 31 dicembre avrebbe in un modo o nell’altro segnato il destino: Tim, ex Ilva e indotto, ex Alitalia, ecc.
Con un comunicato del 9 dicembre, ben prima della sentenza del Tribunale di Firenze che revocava i licenziamenti, la Direzione Nazionale del P.Carc ha contribuito a “mettere con i piedi per terra” quel discorso “sull’ora X” (così il Collettivo di Fabbrica aveva chiamato la manifestazione). Perché se è vero che ogni mobilitazione e ogni vertenza arrivano a un momento in cui si decidono le condizioni per gli sviluppi successivi, è vero anche che nessuna mobilitazione e nessuna vertenza si esaurisce a una data “ora X”, se chi la conduce vuole e riesce a farne un elemento della più generale mobilitazione delle masse popolari.
Sia chiaro, il Collettivo di Fabbrica della ex Gkn ha dimostrato molte volte di avere questa volontà e capacità e proprio per questo il discorso appariva fuorviante. Era forse coerente con la descrizione di un preciso frangente della lotta, ma non era coerente né con l’insieme di quella lotta né con le sue prospettive e potenzialità.
I fatti contribuiscono a chiarire il concetto. I licenziamenti sono stati momentaneamente ritirati, ma gli operai sono senza stipendio e senza cassa integrazione. Borgomeo non ha presentato nessun piano industriale – e nemmeno lo presenterà – e anzi torna alla carica per far sgomberare la fabbrica e licenziare tutti. L’ora X non c’è stata. O, se volete, è solo stata rimandata. Ma non è possibile procedere di ora X in ora X!
E questo non vale solo per gli operai ex Gkn, ma anche per gli operai dell’ex Alitalia, ex Ilva e indotto, Tim, Wartsila, ecc.

Non esiste nessuna ora X, esiste l’ora della riscossa

Nel mondo dei padroni funziona così: c’è la crisi, la situazione è d’emergenza (per i loro profitti), quindi le aziende sono avviate alla morte lenta e chiuse, oppure svendute prima di serrare i battenti.
Proviamo a porla diversamente. C’è la crisi, servono misure d’emergenza per farvi fronte: servono una legge contro le delocalizzazioni, il divieto per legge di procedere a licenziamenti collettivi, l’elaborazione di un piano industriale adeguato (muovendo università, centri di ricerca, esperti e tecnici), l’esproprio per i padroni che millantano piani industriali che non arrivano.
Se il governo non prende queste misure straordinarie, allora sono gli operai a doverle imporre, creando loro un’altra emergenza, quella di ordine pubblico. Che vuol dire cortei, blocchi, occupazioni, manifestazioni e, in più, tutto quello che la creatività della lotta di classe partorisce. Ma vuol dire anche mobilitare tutto e tutti per mettere, in autonomia, quei pezzi di misure straordinarie necessarie che autorità e istituzioni non possono e vogliono mettere.
Ex Gkn, ex Ilva e indotto, Tim, ex Alitalia, Wartsila… siamo a un punto in cui tutte le questioni particolari e specifiche non hanno più un peso decisivo per il futuro dei lavoratori. Non conta se l’azienda era pubblica o privata, se era grande, media o piccola, se è nel Nord, nel Centro o nel Sud; non contano le chiacchiere dei politicanti, le promesse dei baroni dei sindacati di regime e neppure le preghiere dei vescovi. Conta solo che per 100, 1.000, 10 mila o 20 mila operai, nel complesso, scatta il licenziamento e la Naspi non basta più a pagare il mutuo. Posti di lavoro persi, pezzi di apparato produttivo smantellati e un paese intero che sprofonda.
Questo mette i lavoratori, e in particolare quelli delle aziende in crisi, tutti sullo stesso identico piano. Tutti hanno gli stessi problemi, gli stessi nemici e le stesse necessità.
Ecco perché non esiste nessuna ora X ed ecco perché, invece, serve che suoni l’ora della riscossa. Ecco perché lo stato d’emergenza devono dichiararlo i lavoratori, anziché subire quello imposto da padroni e speculatori.

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