Nel contesto delle mobilitazioni in solidarietà con il popolo palestinese si è (ri)affacciata la pratica del boicottaggio degli interessi sionisti in Italia. Stante le relazioni fra lo Stato italiano e i sionisti e la sottomissione agli Usa e alla Nato, la “mappatura” di tali interessi è un’intricata matassa che comprende il piano economico e finanziario, quello militare, quello tecnologico e della ricerca scientifica. Molti protocolli, progetti e accordi sono segreti. Tuttavia molti altri sono di dominio pubblico, del tutto o in parte (vedi la collaborazione di atenei italiani con ministeri e università israeliane).
Fra le relazioni note fra il nostro paese e Israele c’è quella con Carrefour, multinazionale francese della Grande Distribuzione, che si è distinta per il sostegno materiale, morale e propagandistico alle forze armate sioniste e ai loro crimini in Palestina.
Giustamente, alcune settimane fa, nel contesto di una più generale campagna di boicottaggio dei sionisti e dei loro complici, sono stati organizzati vari presidi di fronte ai supermercati Carrefour in Italia: a promuoverli Potere al Popolo, Usb e le organizzazioni giovanili e studentesche Cambiare Rotta e Osa.
L’argomento si presta a essere approfondito. Siamo stati sollecitati a farlo anche da alcuni compagni che lavorano nei supermercati Carrefour e che hanno avuto la possibilità di confrontarsi con i loro colleghi. Con colleghi che non sono “comunisti”, ma semplici lavoratori e che in linea di massima condividono sentimenti di solidarietà con il popolo palestinese, ma che tuttavia temono ripercussioni sulle loro condizioni lavorative che, per inciso, sono già “al limite”.
Partiamo da un fatto: non sarebbe corretto sostenere una campagna di boicottaggio sapendo che non produrrà effetti in ragione della scarsa adesione. Di conseguenza, sarebbe sbagliato rassicurare questi lavoratori perché “il boicottaggio rimarrà una questione marginale”. Il boicottaggio è giusto e quindi deve riuscire!
D’altro canto è sbagliato negare i timori dei lavoratori, anche perché è necessario coinvolgerli e mobilitarli, renderli protagonisti della campagna, se si vuole che questa riesca davvero!
Del resto i nemici dei dipendenti Carrefour sono gli stessi del popolo palestinese: sono i sionisti e i capitalisti. Sono quelli che in Italia sfruttano fino all’osso i lavoratori e usano parte dei loro ingenti profitti per sostenere le manovre militari dei sionisti.
Il boicottaggio di Carrefour può, anzi deve, diventare occasione per promuovere l’organizzazione dei lavoratori.
Anche questo rientra nel discorso più generale di quello che i comunisti devono fare per dare uno sbocco pratico e positivo alla mobilitazione in solidarietà con il popolo palestinese, a partire dall’organizzazione della classe operaia del nostro paese.
Le campagne di solidarietà sono giuste e utili, ma affinché “facciano davvero la differenza” occorre che i lavoratori e la classe operaia ne prendano la testa. Solo così una campagna di opinione diventa una campagna di lotta e solo così si trovano soluzioni alle inevitabili contraddizioni che la stessa mobilitazione provoca. Contraddizioni che, se non vengono trattate e risolte dai comunisti, diventano ingrediente della guerra fra poveri promossa dalla classe dominante.