Condivido con i lettori di Resistenza una riflessione che nasce dal lavoro di radicamento del Partito in un quartiere di Milano in cui non abbiamo ancora una Sezione, il quartiere Casoretto. È un quartiere della prima periferia con una forte tradizione di lotta, dalla Resistenza alle mobilitazioni degli anni Settanta – giusto per rendere l’idea è il quartiere dove nacque l’esperienza del Leoncavallo e dove furono assassinati Fausto e Iaio nel 1978.
Nel corso del tempo, il progressivo abbandono da parte delle istituzioni, il degrado e l’incuria hanno fatto sentire i loro effetti anche in questo quartiere, al punto che ormai spaccio, bivacchi, rumori molesti e immondizia sono presenti a ogni angolo, le strade sono dismesse e piene di buche, gli alberi che costeggiano le vie sono marci e senza manutenzione.
Nulla di particolare, viene da pensare: sono situazioni ben note a chi vive in periferia!
Per iniziare l’intervento di radicamento del Partito siamo partiti proprio da questa situazione: abbiamo iniziato a raccogliere segnalazioni e “lamentele” da parte dei residenti e abbiamo promosso alcuni piccoli “scioperi alla rovescia” come la simbolica pulizia del parco di Piazza Durante.
Queste iniziative sono state utili soprattutto ad affermare il concetto che per intervenire sulle cose che non vanno non basta lamentarsi, bisogna organizzarsi. E così è stato. Con alcuni residenti che hanno colto l’appello, anziché chiedere alle istituzioni “più polizia”, “più cancelli e recinzioni per il parco” e “più controlli”, abbiamo costituito un primo embrione di comitato popolare.
La prima iniziativa pubblica, non connotata politicamente, è stata fatta nel mese di settembre, un’iniziativa culturale: partendo dai musicisti e compositori che danno il nome alle vie del quartiere, ogni membro del comitato ha scelto un brano da far ascoltare e un compositore di cui raccontare la biografia.
L’iniziativa è stata molto partecipata, ha permesso di raccogliere nuovi contatti interessati al progetto e ha offerto un esempio di cosa vuol dire presidiare un quartiere. Tanti anziani che passano da soli il pomeriggio hanno potuto trascorrere un’oretta al parco in compagnia, stimolati culturalmente; ma soprattutto l’iniziativa è stata un modo per promuovere una piccola (e spontanea) azione di “controllo popolare”: uno spettatore è andato infatti dal gruppo di ubriachi molesti che stava disturbando l’iniziativa a chiedere di abbassare i toni e questo intervento educato ha fatto sì che si spostassero.
Durante l’estate si è abbattuto su Milano un tifone che ha causato molti danni, soprattutto per la mancata manutenzione del verde. Anche piazza Durante è stata colpita dal maltempo. Nello stesso periodo il Comune aveva iniziato ad abbattere alcuni alberi, senza però rispettare le procedure (comunicare un preavviso e indicare i motivi dell’intervento a tutta la cittadinanza). La combinazione delle due cose ha portato il comitato a interrogarsi su un’altra questione: la gestione del verde.
Coinvolgendo attivisti dei comitati ambientalisti di Milano che abitano nel quartiere, è stato avviato un censimento degli alberi ed è stato sollecitato il Consiglio di Municipio. Il tema si è dimostrato molto sentito dai residenti tanto che all’assemblea di presentazione dei risultati del censimento hanno partecipato venticinque persone.
Da qui nasce la mia riflessione. La lotta contro il degrado non può essere incentrata solo sul negativo, non deve essere solo contro. Il degrado ha tante declinazioni: è generato dalla disoccupazione, dalla finta accoglienza degli immigrati, dalla mancanza di servizi e spazi di aggregazione, dalla mancata manutenzione delle aree verdi, da una gestione inadeguata della nettezza urbana, da lavori sbagliati del manto stradale ecc.
Per affrontare i tanti problemi di una periferia non possiamo focalizzarci solo sul contro, perché alla lunga rischiamo di castrare l’azione di un comitato. Da comunisti dobbiamo porci nell’ottica di ampliare la prospettiva all’organizzazione delle masse popolari.
Arrivati a questo punto di sviluppo del nostro lavoro di radicamento nel quartiere Casoretto, ad esempio, è necessario modificare il modo di pensare all’organizzazione delle masse popolari: non solo come strumento di lotta al degrado, ma di cura e governo del territorio.
In questo modo troviamo la chiave per parlare di governo del paese a partire dal governare un piccolo territorio, come può essere un quartiere periferico. Per farlo funzionare come serve alle masse popolari.
GF