Nell’onda di mobilitazioni dei mesi autunnali contro il governo Meloni e la sua legge finanziaria trovano posto anche gli scioperi dei medici, infermieri e veterinari dipendenti dal Servizio sanitario nazionale (Ssn).
I lavoratori hanno scioperato per difendere la sanità pubblica con una mobilitazione ampia e articolata. Era dall’inizio della pandemia da Covid-19 che non accadeva. Le motivazioni della protesta stanno nel fatto che, per l’ennesima volta, la sanità pubblica non è ambito di investimento di risorse e di rilancio, ma al contrario è vista come un serbatoio da cui drenare risorse economiche e forza lavoro per ingrassare la fiorente industria della sanità privata, in particolare quella convenzionata, e per elargire risorse alla speculazione finanziaria, ai grandi evasori, alla guerra e alle grandi opere inutili e dannose. Il tutto alla faccia della retorica degli “eroi del Covid” e delle dichiarazioni farlocche sull’intenzione di mettere in primo piano la tutela della salute pubblica e di potenziare e rilanciare il Ssn.
Nel mese di dicembre 2023 due sono stati gli scioperi: il primo il 5, proclamato dai sindacati Anaao Assomed, Cimo-Fesmed e Nursing Up; il secondo il 18, proclamato da Aaroi-Emac, Fassid, Fvm e Cisl medici.
La sinergia fra i diversi scioperi è stata richiamata dagli stessi promotori. Il comunicato dello sciopero del 18 dicembre, in particolare, faceva esplicito riferimento al legame con le altre mobilitazioni delle settimane precedenti: “La protesta già in atto da mesi continua in modo articolato e coordinato con lo sciopero del 17 novembre di Cgil e Uil, per continuare con la manifestazione nazionale Cisl del 25 novembre e proseguire con lo sciopero Aaroi-Emac, Fassid (Aipac-Aupi-Simet-Sinafo-Snr), Fvm del 18 dicembre. Non solo: le suddette date a loro volta si inseriscono in un calendario di proteste ancora più ampio, che riguarda molte altre rappresentanze sindacali di tutto il Ssn e ancor più esteso a tutto il pubblico impiego”.
Entrambe le piattaforme sostanzialmente erano incentrate sulla contestazione della legge finanziaria che il governo si apprestava a varare, contro lo spostamento di risorse verso il privato convenzionato, contro l’attacco alle pensioni, per un vero rinnovo del contratto di settore e per ribadire la necessità di tornare a sostenere e sviluppare il Ssn, in difesa del diritto alla cura di ogni cittadino.
Non a caso il governo ha sminuito la riuscita delle mobilitazioni, usando il trucchetto delle basse percentuali dovute al fatto che gli scioperi del settore subiscono fortissime restrizioni per l’obbligo di garantire i servizi essenziali. É il tentativo di sviare l’attenzione dalle proprie responsabilità nel disastro della sanità pubblica innescando una sterile polemica sulle percentuali di adesione.
Le rivendicazioni pongono invece l’accento su aspetti che attengono alla visione politica della salute nel nostro paese e che mettono in luce fortemente la stortura di un Ssn i cui destini vengono decisi al Ministero di economia e finanza e non in quello della sanità.
Per la cronaca, gli scioperi hanno ottenuto il primo risultato di far ritirare il taglio delle pensioni per i medici dalla finanziaria, ma i sindacati non sono ancora soddisfatti e annunciano nuovi scioperi per gennaio, questa volta di 48 ore.