Ci sono opere talmente coerenti e condensate da incarnare magistralmente il tempo in cui sono scritte e pubblicate. Possiamo dire che vivono indissolubilmente in quella dimensione, ne sono piena espressione e testimonianza. In un certo modo ne rappresentano l’essenza.
Questo è uno dei motivi per cui La nostalgia e la memoria è stato pubblicato nel 1986, raccogliendo poesie in parte già stampate nel 1979 dalle Edizioni Senza Galere, con il titolo Con quest’anima inquieta, e in parte sparse su riviste, volantini e giornali politici.
La nostalgia e la memoria non è semplicemente una raccolta di poesie, ma un testo essenzialmente politico. Più di un saggio, un romanzo o un dossier incarna un tempo, i fatti umani di un’epoca. Proprio per questo quando venne pubblicato per la prima volta fu una formidabile arma politica.
Nel 1986, in Italia infuriava ancora la lotta fra gli apparati statali del potere borghese da una parte e le forze rivoluzionarie che avevano lanciato l’assalto al cielo che ha infiammato gli anni Settanta, dall’altra.
Le forze rivoluzionarie avevano già imboccato la via della sconfitta con la deriva militarista, secondo cui le armi e lo scontro militare – e non la linea politica – sono i fattori decisivi dell’esito della lotta di classe, con la tragica portata politica, umana e sociale che questo ha significato per due generazioni di giovani proletari e per l’intero paese.
Nel 1986, il centro dello scontro verteva fra la linea della dissociazione e del pentimento dalla lotta di classe, promossa dalle autorità e dalle istituzioni borghesi, e la linea magistralmente sintetizzata nel titolo di un libro del 1984 curato dalla compagna Adriana Chiaia, Il proletariato non si è pentito.
La nostalgia e la memoria è stato uno strumento di lotta in questo scontro che le istituzioni e le autorità borghesi hanno cercato più volte di dichiarare concluso, celebrando ogni volta “la vittoria dello Stato”. Ma ogni celebrazione, lungi dall’essere una vittoria, era al contrario la manifestazione e la conferma di un fallimento, del loro fallimento.
Lo Stato ha vinto sulle organizzazioni comuniste combattenti solo per i loro limiti politici, non per la forza delle “istituzioni democratiche”, non perché fossero decaduti i motivi che rendevano necessario l’abbattimento del capitalismo e l’instaurazione del socialismo e nemmeno perché era superata la necessità storica della rivoluzione socialista.
Dunque, nel 1986 Giuseppe Maj Editore pubblica La nostalgia e la memoria come atto politico. Perché il contenuto stesso del libro è un atto politico.
Io non entrerò nel merito delle poesie. Quando ho letto il libro per la prima volta avevo circa vent’anni; vi ho trovato alcune risposte, ma soprattutto mi ha fatto sorgere molte domande. E questo credo sia un enorme pregio per una raccolta di poesie… Adesso, circa vent’anni dopo, ho riletto il libro e sono portato a parlare più delle risposte che ho via via trovato, che prevalgono sulle domande che pure rimangono.
Se mi cimentassi nel merito del contenuto delle poesie – per come le ho percepire e recepite – questa prefazione sarebbe di contenuto, tono e significato diversi. Tuttavia voglio condividere una riflessione, una sola, che riguarda il loro contenuto.
Nell’incessante lotta contro i rivoluzionari definiti “irriducibili” del nostro paese, la classe dominante ha sempre usato la denigrazione, li ha sempre dipinti come individui disumani, crudeli, insensibili, sprezzanti della vita e dei valori che qualificano la comunità umana. Per contro, umanità, sensibilità e profondità sono sempre state enfatizzate nel descrivere gli ex rivoluzionari, i pentiti, i dissociati. E quanto più un pentito collaborava con le autorità e le istituzioni borghesi, quanto più si prostrava nelle richieste di perdono, manifestava di “essersi ravveduto” e giurava sottomissione alla classe dominante, tanto più la classe dominante ne esaltava l’umanità, la sensibilità, la profondità e anche il coraggio.
Ecco, leggete La nostalgia e la memoria! Leggete con calma le poesie di Sante Notarnicola! Scritte in carcere, senza pentimenti e dissociazioni, senza il miraggio “del premio” della scarcerazione come lume e ispirazione. Scoprirete l’umanità di chi è rimasto coerente con una scelta di campo, di chi è cosciente di essere parte in causa nella guerra di classe, di chi è consapevole della differenza fra le cose grandi e le cose piccole dell’esistenza umana, dell’importanza di entrambe e del loro legame dialettico.
Ci sono opere talmente coerenti e condensate da incarnare magistralmente il tempo in cui sono scritte e pubblicate e che, in ragione di quanto riescono a rappresentarne l’essenza, possiamo dire che proiettano quel tempo in avanti come ispirazione e insegnamento per il futuro.
Questo è uno dei motivi per cui La nostalgia e la memoria viene ripubblicato oggi.
Pubblicarlo nel 1986 fu un atto politico e anche pubblicarlo oggi lo è. Perché le poesie di Sante Notarnicola parlano ai proletari di tutti i tempi ed è bene che parlino anche a quelli di oggi, in particolare ai giovani proletari, che leggendole si faranno molte domande e troveranno subitaneamente solo alcune risposte.
Se le metti in fila, le poesie di Sante Notarnicola sono un saggio politico rigoroso, sono un romanzo di lotta, di guerra e d’amore, sono un dossier di denuncia, ma rimangono soprattutto poesie che affrontano temi urgenti all’ordine del giorno: resistenza, lotta, relazione fra presente e futuro (anche se il titolo suggerisce il contrario!), gabbie da abbattere, carceri da espugnare, liberazione, un mondo nuovo da far nascere e costruire.
Il movimento rivoluzionario che negli anni Settanta ha infiammato l’assalto al cielo del proletariato del nostro paese è stato sconfitto per limiti politici propri, ma le condizioni che lo hanno generato, le esigenze che lo hanno fatto nascere sono sempre tutte lì. Ecco perché ripubblicare questo libro è un atto politico.
Non è un cedimento alla nostalgia, non è la celebrazione di un passato che non può tornare, ma è una lucida e consapevole scelta di campo. Ed è anche un impegno. Quello di portare il movimento comunista che rinasce a compiere ciò che non è riuscito a compiere nel nostro paese né con le mobilitazioni del Biennio Rosso, né con la Resistenza, nonostante sia stata il punto più alto raggiunto dalla classe operaia italiana nella sua lotta per il potere, né con il movimento comunista degli anni Settanta: fare la rivoluzione socialista.
Leggetele sotto questa luce, le poesie di Sante Notarnicola. È l’unico modo per scoprire quello che le autorità e le istituzioni borghesi, i circoli di intellettuali borghesi, i cultori dell’arte della diversione e dell’intossicazione delle coscienze non possono vedere e non riescono nemmeno a intuire: l’umanità, la coscienza, la profondità, la sensibilità e l’arte – l’arte – di chi lotta per la liberazione del genere umano dalle catene del capitalismo.
Concludo con una “nota a margine”. Le Edizioni Rapporti Sociali hanno in catalogo molte pubblicazioni che disintegrano dalle fondamenta la narrazione borghese – sia la versione reazionaria che quella “democratica” – sul movimento rivoluzionario degli anni Settanta in Italia e offrono invece un’analisi comunista, proletaria, politica e “in ottica di guerra”.
Un testo essenziale l’ho già citato, è Il proletariato non si è pentito. Ad esso va necessariamente aggiunto Cristoforo Colombo di Pippo Assan, un bilancio del tentativo di “ricostruire il partito comunista tramite la propaganda armata” tracciato dalle Brigate Rosse negli anni Settanta e Ottanta.
Pablo Bonuccelli