Per la seconda volta in neanche tre settimane il ministro delle Infrastrutture Salvini ha chiesto la precettazione davanti a uno sciopero regolarmente indetto, quello del trasporto pubblico locale di venerdì 15 dicembre proclamato da Adl Cobas – Cobas Lavoro Privato, Sgb, Cub Trasporti e Usb appellandosi al “grave pregiudizio” che l’interruzione di un pubblico servizio potrebbe comportare alle persone.
Per soffocare la mobilitazione contro l’approvazione della finanziaria, contro la guerra e il carovita, quindi, Salvini ha imposto una riduzione della durata da 24 a 4 ore come aveva già fatto in vista del 27 novembre, data inizialmente prevista per lo sciopero promosso dalle sigle sindacali di base e come aveva provato a fare per lo sciopero generale del 17 novembre indetto da Cgil e Uil.
Dopo l’ordinanza di Salvini, Usb Lavoro privato ha comunicato che “provvederà” a richiedere al Tar di competenza la sospensiva dell’ordinanza e che in ogni caso disobbedirà alla riduzione oraria imposta dal ministro, confermando lo sciopero nazionale di 24 ore. Oltre a questo sempre Usb ha convocato insieme ad altre forze politiche, movimenti sociali e studenteschi una manifestazione a difesa del diritto di sciopero e contro l’arroganza del ministro che si terrà venerdì 15 dicembre alle ore 17:00. Il corteo partirà da piazza Aldo Moro e si concluderà sotto le finestre del ministero.
La linea affermata da Usb di non rispettare la precettazione e indire una manifestazione contro Meloni, Salvini e i loro attacchi al diritto di sciopero è giusta. Tutti i sindacati di base, a partire da quelli promotori dello sciopero del 15 dicembre, devono fare lo stesso e promuovere la massima partecipazione alla manifestazione di Roma.
Devono fare lo stesso tutti i lavoratori, siano essi iscritti ai sindacati di base, alla triplice o a nessun sindacato, aderire allo sciopero e partecipare alla manifestazione. Scioperare è un diritto di tutti i lavoratori e il modo migliore per difendere questo diritto è scioperare!
In ogni luogo di lavoro ribellarsi alla precettazione
Aderire e sostenere lo sciopero, quindi, si può fare in più modi. Questo perché ribellarsi alla precettazione di Salvini significa innanzitutto promuovere la più ampia partecipazione dei lavoratori appartenenti a ogni azienda e ad ogni categoria. Anche un piccolo gruppo di lavoratori determinati e ben sostenuti dai propri rappresentanti sindacali può organizzarsi, attivandosi e sfruttando le coperture sindacali attraverso:
- lo sciopero delle mansioni, per mancanza di sicurezza e tutele: la strage di Brandizzo del 30 agosto, gli incidenti ferroviari nel cosentino del 28 novembre e a Cosina di Faenza del 10 dicembre, sono esempio dello stato di degrado e insicurezza nel settore dei trasporti;
- lo sciopero dello straordinario e il rifiuto di sopperire alla cronica mancanza di personale (altro che interruzione del pubblico servizio per via dello sciopero, è necessario aumentare mezzi e assunzioni!);
- lo sciopero di rendimento: rallentando i mezzi e i ritmi di lavoro, per ragioni di sicurezza e di rispetto delle norme che sistematicamente i lavoratori sono costretti a violare per poter lavorare;
- lo sciopero a singhiozzo e lo sciopero a scacchiera laddove ci sono le condizioni per bloccare i trasporti con la partecipazione anche soltanto di una parte del personale.
Tante altre sono le forme di lotta che possono essere messe in campo a difesa del diritto di sciopero che va esercitato in ogni forma possibile e su questa strada bisogna mobilitare anche i rappresentanti sindacali delle organizzazioni confederali e i loro iscritti.
Superare la logica della concertazione
La precettazione di Salvini e le riduzioni del margine di lotta e conflitto per i lavoratori e le rappresentanze sindacali non cadono dal cielo, sono lo sviluppo di un attacco ai diritti dei lavoratori che va avanti de decenni. Nel 1990 Cgil, Cisl e Uil sostennero l’introduzione della legge 146/90 (“Norme sull’esercizio del diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali e sulla salvaguardia dei diritti della persona costituzionalmente tutelati. Istituzione della Commissione di garanzia dell’attuazione della legge”) e negli anni hanno sostenuto tutte le integrazioni, sempre più restrittive.
Nel corso del tempo Cgil, Cisl e Uil si sono appellate molte volte al rispetto di questa legge per frenare l’iniziativa dei lavoratori con la scusa che non si potesse “uscire dalle regole e dalla legge”. E hanno fatto spallucce quando la Commissione di garanzia vietava gli scioperi dei sindacati di base.
È quindi nel nome della concertazione imboccata dai sindacati di regime, alla quale anche i sindacati di base, al di là dei proclami si sono via via allineati, che negli anni Cgil, Cisl e Uil hanno permesso che la Commissione di garanzia, ad esempio, vincolasse la stesura dei contratti collettivi nazionali a norme arbitrariamente stabilite e in questa fase ne hanno pagato lo scotto. Ogni volta che Cgil, Cisl e Uil hanno fatto appello al “rispetto della legge e delle regole” non hanno tutelato i lavoratori, ma hanno rafforzato le regole e la legge dei padroni.
Hanno fatto tutto questo nonostante persino le stesse leggi che normano il diritto di sciopero contengono appigli per i lavoratori per rifiutare la precettazione e scioperare. L’articolo 2, comma 7, della Legge 146/90, dice infatti che le disposizioni in tema di preavviso minimo dello sciopero e di indicazione della durata “non si applicano” nei casi di astensione dal lavoro in difesa dell’ordine costituzionale o “di protesta per gravi eventi lesivi dell’incolumità e della sicurezza dei lavoratori”.
In ogni caso lo sciopero e le mobilitazioni dei lavoratori non si organizzano e promuovono sulla base della volontà di un governo, di un ministro e neanche di una legge. Il diritto allo sciopero, anzi, è sempre legittimo e appartiene all’unica vera legge che regola i rapporti nella società capitalista, la lotta di classe. È per questo che si è scioperato anche sotto il re o il fascismo, figurarsi con Salvini o la Meloni. La verità, quindi, è che rispetto a questi attacchi non è più possibile limitarsi a parare i colpi, è necessario passare all’attacco e superare la logica della concertazione.
Cacciare il governo Meloni
Lo scontro sulle precettazioni e le altre limitazioni del diritto di sciopero ha assunto un ruolo centrale. Il braccio di ferro che sta scaturendo può spingere ina avanti tutto il movimento di opposizione, protesta e lotta contro il governo Meloni e far assumere ai sindacati alternativi e di base un importante ruolo di centro promotore della lotta non solo contro il governo Meloni, ma per la sua cacciata.
I sindacati conflittuali, alternativi e di base hanno una grande opportunità di dare un contributo al cambiamento generale della società, sviluppando l’azione anche sul terreno politico e perciò usare gli scioperi e le manifestazioni per confrontarsi e coordinarsi a un livello superiore, per spingere i lavoratori ad organizzarsi e ad attuare direttamente le misure che servono a difesa del diritto di sciopero, del salario, del lavoro e dei diritti.
L’azione cosciente delle organizzazioni operaie e popolari, dei sindacati di base e combattivi, dei movimenti e delle reti sociali può rovesciare il governo Meloni e creare le condizioni per imporre un Governo di emergenza delle masse popolari organizzate. Un Governo che prenda misure immediate e urgenti per far fronte alla crisi imperante e dello stato catastrofico delle cose.